Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

Nani Tedeschi
Pinocchio... una Storia nella Storia
Omaggio a Carlo Collodi

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da Segno, disegno e voluttà
di: Sandro Parmiggiani 

[...] Nella rivisitazione di un'opera della letteratura, Tedeschi realizza tavole che possono sì essere concepite e utilizzate come illustrazione, ma che sono, soprattutto, la prova di come un testo possa fornire suggestioni che, arricchire dalla visione interiore, dalla memoria, e dall'imprescindibile retaggio generico della storia dell'arte, il fardello virtuoso che ogni artista vero deve, per tutta la vita, portarsi sulle spalle, vanno a sfociare in immagini - come quelle che Nani ha realizzato rileggendo Le avventure di Pinocchio di Collodi - in cui disegno e collage si integrano e si accoppiano del tutto naturalmente. Pensiamo, per dire solo di alcune tavole, a quelle iniziali in cui Tedeschi si cimenta con la ricostruzione possibile del volto e del corpo di Pinocchio, in tante variazioni sul tema, o a quelle in cui il collage prende il sopravvento e guida, chiama un certo colore che l'artista va ad accostargli. Come già era avvenuto in alcune tavole del Don Chisciotte, quando Tedeschi aveva evocato i volti di Joseph Conrad per dire Cervantes, di Anna Magnani per raccontare e sembianze dell'ostessa e di Sandra Milo per alludere a Dulcinea, nel Pinocchio Nani prende a prestito i volti di Emilio Vedova per raccontare un possibile Mangiafuoco e di Andy Warhol per descrivere il pescatore. L'arte può prendersi queste libertà, anche perché, dietro a queste intuizioni dell'artista, ci sono piste di lettura che ci vengono spalancate: anche qui, come si diceva delle caratteristiche del disegno di Tedeschi, che alterna finito a non-finito, in fondo lui ci invita, ci sfida a immaginare un nostro Pinocchio, e con lui tutte le vicende e i personaggi inventati da Collodi, Del resto, come già aveva intuito uno dei più acuti indagatori dell'universo collodiano, Renato Bertacchini, c'è qualcosa di profondo e di affine che lega Don Chisciotte e Pinocchio, protagonisti comuni in quello che lui definisce "uno stupendo ideogramma occidentale". E Giovanni jervis, nella prefazione al Pinocchio pubblicato nella NUE di Einaudi nel 1968, dice che "Pinocchio è al tempo stesso libertà e conformismo (...). Egli non è fatto per vivere in questo mondo, dove la moralità è un universo di scambi, e non è fatto neppure per vivere nell'universo delle domestiche magie del suo libro, dove il mondo degli adulti gli si ripropone continuamente, senza che egli riesca mai a comprenderlo" e conclude che comunque Pinocchio lascia al lettore "lo stimolo alla libertà". Non è affatto casuale che Nani Tedeschi sia stato affascinato da questi eroi così poco eroici, almeno nel senso tradizionale del termine: c'è, in lui, nel suo atteggiamento di fronte alla vita e alle "cose del mondo", qualcosa di affine ai personaggi creati da Cervantes e da Collodi. Con i suoi disegni, Nani ha cristallizzato in un'immagine una sua visione, una sua lettura critica, ma essa resta aperta e viva, mai esaurisce la sua esistenza su quella carta o su quella tavola di legno, è sempre un campo aperto alla libertà. È, l'opera di Nani, uno stimolo per andare oltre, come la stradina bianca che conduce alla sua casa, che sbocca in un prato e che ci chiama a inoltrarci su quell'erba, ad accostarci a quelle piante, nell'attesa del battito d'ali d'un airone o del galoppo lieve d'un ippogrifo.

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