Archivio Attivo Arte Contemporanea
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STEFANO BIANCHI CARINI - fotografie
“ISOLARIO OVVERO VIAGGIO IN UTOPIA”
una rassegna virtuale e un blog




Quella di Stefano Bianchi Carini “fotografo” costituisce per lui e, in senso traslato, anche per l'osservatore, una esperienza di “viaggio” fisico e mentale, lungo un percorso “Serendipico” che si snoda fra paesaggio naturale e spazio antropico senza soluzione di continuità.
Tutta la sua ponderosa produzione che, quando lo conobbi trent’anni or sono, contava già cinquantamila scatti, a tutt’oggi lascio immaginare quanto si sia accresciuta... un quasi labirinto di immagini fotografiche, contemporaneamente, testimonianza del reale e proiezione intellettuale, che costituisce un vero viaggio in Utopia, alla ricerca del luogo immaginato e desiderato.
La sua produzione di immagini, come avevo già avuto occasione di osservare allora, soprattutto in merito alla sua tecnica di ripresa: “È costantemente permeata da una misura armonica e vettoriale, individuabile in lui secondo direzioni opposte, correlando intuizione e percezione di un personale in-essere, facendo del colloquio con l'altro da sé, sempre e comunque, una riflessione sul proprio esistere. Verso l’interno intimista e verso l’esterno, più sensoriale ma pur sempre meditativa. Di qui la scelta, non solo dei soggetti ma anche dell’inquadratura e della tecnica fotografica. La consuetudine, nell’uso della macchina, mostra come Stefano Bianchi privilegi una esposizione, caratterizzata dalla massima chiusura del diaframma e dall’impostazione di tempi lunghi, alla ricerca di una maggiore definizione e profondità di campo. Se inoltre osserviamo come scelga prevalentemente, o di preferenza, carte ad alto contrasto e pellicole fotografiche di bassa sensibilità, nel voler inseguire un sempre più accentuato nitore chiaroscurale dei segni e delle ombre, ne emerge un comun denominatore, una necessità fondamentale che assurge a carattere espressivo.
La sospensione temporale e la cristallizzazione spaziale quasi ossessionano Stefano Bianchi che le ricerca in sé o le rappresenta nelle fotografie. Per tramite di un inconscio, quanto meditato processo di metaforizzazione per immagini, ogni evento osservato o vissuto matura si fissa nell’ ‘istante’ del fotogramma”.
Così avveniva in tempi in cui la fotografia digitale non era ancora nata e il processo chimico di impressionamento di carte e pellicole era parte integrante del “fotografare”, ma se molto di tutto ciò ai “nativi digitali” pare caratteristica antica di un vero “territorio dell’altrove”, nulla è cambiato, o meglio, tutto si è evoluto nella dimensione meditativa e di memoria generando, ad ogni scatto, una “sincronicità” fra eventi, in realtà reciprocamente distanti, sintomo ed effetto di una simultaneità vissuta al limite dell’immaginazione.
Stefano Bianchi, come lui stesso afferma, allora recava sempre con sé almeno una piccola macchina fotografica, facendone propria protesi organica e in onore del simpatico voyeurismo da lui dichiarato. Oggi potremmo ancora definirlo “portatore di fotocamera”, anche se ora sostituita frequentemente da un telefonino evoluto. La sua visione del mondo, permeata costantemente da un senso rarefatto di vuoto esistenziale, marca la vacuità, affermando-negando ogni volta e ancora all’infinito, un paradossale coincidere di presenza-assenza. Ogni scatto, ogni serie di scatti, quasi sequenza filmica, sono per lui “ricordi di viaggio”. Un viaggio indirizzato costantemente verso un “altrove” fatto di terre lontane e utopie casalinghe, volutamente e reciprocamente fungibili nell’invenzione del racconto.
Per lui ogni luogo, porzione di un paesaggio reale o immaginato che sia, è un’isola nel mare del tempo e, lungi dall’essere sempre identico a se stesso, come il sole che lo anima di luci ed ombre, muta ad ogni istante. Pur effimero nella sua identità fisica, nella visione e nella memoria di chi osserva porge la propria identità temporale e, con un espediente, possiamo trovare pacificazione alla nostra ansia esistenziale nel cogliere l’attimo fuggente, ritraendolo in una “istantanea”, anche se in quel frangente non abbiamo a disposizione un apparecchio fotografico, e non ci resta che memorizzarlo. Nel perpetuarlo, espandendolo o focalizzandolo così, anche solo mentalmente nell’ampiezza dell’angolo visivo di un obiettivo fotografico, come il Piccolo Principe di Antoine Saint-Exupéry, esercitiamo una affabulazione potente illuminata da un sole “intramontabile”. Il Piccolo Principe spostava la propria seggiola per godere di più tramonti, in breve successione temporale, grazie alla dimensione quasi nulla del suo pianeta. Un luogo minimo, questo, percorribile in un tempo altrettanto contratto si manifesta alla fine come una soglia verso l’ “altrove”, che ci introduce nell’universo di quei non luoghi di cui l’Utopia di Tommaso Moro costituisce il paradigma più noto. Come nell’isola dell’Utopia di Tommaso Moro il “non luogo” dell’esistenza coincide col confine che separa le acque interne, soggetto, da quelle esterne, oggetto; due estensioni contrapposte ma coincidenti nella condizione di alterità, ambedue pure visioni, vettori esistenziali atti a concederci illusione di corporeità. Lo sguardo “naviga” il mondo, ma sono i paesaggi dell’anima che lo popolano di sensazioni; se così non fosse, chiusi gli occhi, con la luce si spegnerebbe l’esistenza e i sogni naufragherebbero nel buio totale.
In “Utopia” nulla è come sembra mentre si riflette idealmente nel proprio opposto, occorre fermarsi al margine, sul confine fra invenzione e realtà per coglierne il senso...
Se da un lato, nell’accezione corrente, “utopico” significa tanto inesistente quanto irrealizzabile, paradossalmente ha sempre suscitato interesse più che concreto e una quantità invero sterminata di autori ne ha sviluppato il genere letterario, né mancano esempi anteriori allo stesso Tommaso Moro. L’utopia è caratterizzata dal ricorso alla finzione, utilizzando un artificio letterario per descrivere una società ideale in una geografia immaginaria, spesso inserita nella cornice di un racconto di viaggio, talvolta mascherato da cronaca e talaltra dichiaratamente di fantasia, anche se, va detto spezzando una lancia in favore della loro concretezza intellettuale, molte utopie, stilate fra il XVI e il XVII secolo, si inseriscono in una critica dell’ordine sociale allora esistente e in una volontà di riformarlo in profondità. Il paradigma narrativo della finzione è stato per certo un espediente che ha permesso agli autori di questi pamphlet di prendere le distanze dal loro presente per metterlo meglio in prospettiva ma, soprattutto, mettersi al riparo da censure o ritorsioni.

Michele Caldarelli - ottobre 2024

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A corredo e completamento della rassegna fotografica virtuale, nel blog che l’accompagna, tratta da
fonti letterarie, viene strutturata una antologia commentata e in progress sui luoghi dell’utopia e i viaggi immaginari.

Cliccando sulle miniature verrete reindirizzati alle fonti in rete

Armeno Cristoforo (XVI sec.) “Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo dalla Persiana nell'Italiana lingua trapportato da Christoforo Armeno” 1557.
Il racconto ispirò Horace Walpole che coniò in Inglese il termine serendipity, utilizzandolo per la prima volta in una lettera indirizzata all'amico Horace Mann nel 1754. Serendipity costitusce un neologismo che, nel campo scientifico come in quello delle esplorazioni geografiche, sottolinea la casualità di una scoperta inattesa. (Serendip è l'antico nome di Ceylon, attuale Sri–Lanka)

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Abbott Edwin (1838 - 1926) “Flatland - a romance of many dimensions” - 1882
Un curioso racconto pubblicato anonimo da Edwin A. Abbott nel 1882 con l’intento (anche se per metà il racconto risulta una elegante satira di costume) di indicare una via che conducesse all’intuizione di dimensioni fisiche ulteriori alle tre euclidee, ben superando la didattica fine a se stessa. Flatland, come spiega il nome, è un mondo bidimensionale abitato da poligoni organizzati socialmente secondo una gerarchia strettamente dettata dalla regolarità e dal numero dei lati posseduti da ogni individuo. Il protagonista dell’avventura è, nella fattispecie, un quadrato facente parte, per la propria configurazione (si gioca qui con l’assonanza inglese di square e squire ) alla classe dei gentiluomini. Costui vive, nella seconda parte del libro, l’avvenimento centrale di tutto il racconto: poco prima dell'anno 2000 dell’era flatlandiese, la sua vita viene sconvolta da una apparizione che dà il via alle sue esperienze extradimensionali; una sfera appartenente al mondo tridimensionale gli si manifesta attraversando fisicamente il piatto mondo da lui abitato, dando inizio alla parte più significativa dell'artifizio narrativo di Abbott.

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Aristofane commedie “Le nuvole - Nubibaggiania” 414 a.C.
Situata fra il cielo abitato dagli dei e la Terra abitata dagli uomini, questa città è circondata da mura di cotto, come Babilonia. Il suo popolo vive dei tributi degli uomini e degli dei, senza faticare; è un popolo costituito da tutti gli uccelli antichi signori del mondo e da uomini eletti che, mangiando una radice magica diventano alati.
Aristofane commedie “L’assemblea delle donne” 393 a.C.
Un luogo dove tutto il potere è alle donne e si pratica il comunismo dei beni di consumo e delle persone, un luogo dove se un uomo vuole fare all’amore con una donna giovane deve prima soddisfarne una anziana.

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Adam Paul (1862 - 1920) “Lettres de Malaisie; roman” - 1898

L’autore non designa il paese del nulla come Thomas More, né una società futuribile ma individua la sua utopia negli interstizi geografici scegliendo un’isola in un arcipelago al largo della costa della Malesia. Nel racconto, un diplomatico spagnolo viene inviato a indagare su una rivolta nelle Filippine e scopre una colonia fondata nel 1843 secondo i principi comunisti: niente proprietà privata, niente commercio, niente denaro. “L’Oligarchia”, dei cittadini eletti per un anno, è revocabile. Lettres de Malaisie presenta una società scientificamente, tecnicamente e socialmente avanzata: libera sessualità delle donne, bassa mortalità, ecc. Tuttavia, questa utopia è ambigua perché la libertà sessuale si accompagna a un'orgia settimanale obbligatoria, l’uguaglianza proclamata ha finito per creare un’élite.


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Alexander James Bradun (1831-1914) “The Lunarian Professor and His Remarkable Revelations Concerning the Earth, the Moon and Mars; Together with an Account of the Cruise of the Sally Ann” - 1909.
In questa invenzione di carattere onirico, l’autore racconta di un insettoide lunare che usa un dispositivo antigravità per viaggiare. Questi lo informa sulla vita altruistica a tre sessi sulla Luna, sulla futura storia della Terra, derivata da modelli matematici, sulla terraformazione di Marte, i cui canali sono stati costruiti per distribuire l’acqua su tutto il pianeta e altro ancora.

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Andreä Johann Valentin, 1586-1654 “Reipublicae Christianopolitanae descriptio” - 1619
L’autore è stato un teologo tedesco, che sosteneva di essere l’autore di un antico testo noto come Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz una delle tre opere fondanti del Rosacrocianesimo. Il fulcro di questo movimento era la necessità di istruzione e l’incoraggiamento delle scienze come chiave per la prosperità nazionale. Ma come molti movimenti rinascimentali vagamente religiosi di quel periodo, le idee scientifiche promosse erano spesso venate di ermetismo, occultismo e concetti neoplatonici. “Christianopolis”, nella sua descrizione, era una città di 400 abitanti (in comunità di beni) ubicata nella zona antartica su un’isola ricca di campi di grano, pascoli, boschi e vigne oltre che animali. I suoi abitanti invero lavoravano molto poco mentre dovevano passare moltissimo tempo a pregare Dio.

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Arrivabene Lodovico, ca. 1530-ca. 1597 “Il Magno Vitei” - 1597
Dal frontispizio: «In questo libro, oltre al piacere, che porge la narratione delle alte cauallerie del glorioso Vitei primo re della China, & del valoroso Iolao, si ha nella persona di Ezonlom, uno ritratto di ottimo prencipe, & di capitano perfetto. Appresso si acquista notitia di molti paesi, di varij costumi di popoli, di animali, sì da terra, & sì da acqua, di alberi, di frutti, & di simiglianti cose moltissime. Vi si trattano ancora innumerabili quistioni quasi di tutte le scienze più nobili, fatti di arme nauali, da terra, assedij, & assalti de varij luoghi, molte giostre, razze di caualli, & i loro maneggi. Funerali, trionfi, ragionamenti di soggetti, diuersi, auenimenti marauigliosi; & altre cose non punto discare a’ lettori intendenti».

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Bacon Francis, 1561-1626 “New Atlantis” - 1660
La “Nuova Atlantide” è una città situata su un’isola nel nord del Pacifico, governata da una tecnocrazia perfetta, la cui direzione è affidata all'accademia delle scienze denominata “Casa di Salomone”. La popolazione è costituita da una collettività di scienziati molto casti, finanziati dallo stato.

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Bangs John Kendrick, 1862-1922 “Alice in Blunderland, an iridescent dream” - 1907
Alice in Blunderland, An Iridescent Dream è un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1907 da Doubleday, Page & Co. di New York, con illustrazioni di Albert Levering.
Si tratta di una parodia politica dei due libri di Alice di Lewis Carroll, Alice’s Adventures in Wonderland (1865) e Through the Looking-Glass (1871).
Si pone come critico nei confronti del collettivismo e di questioni economiche quali la tassazione, l’avidità aziendale e la corruzione. Invece di entrare nel Paese delle Meraviglie, Alice si ritrova in “Blunderland”, un luogo descritto come “Municipal Ownership Country”.

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Barlow James Williams, 1826-1913 “The immortals’ great quest” - 1909
Scrittore di fantascienza irlandese costui è noto per aver scritto il romanzo Storia di un mondo di immortali senza Dio (1891) sotto lo pseudonimo di Antares Skorpios. L’opera fu ripubblicata nel 1909 come The Immortals’ Great Quest. L'autore presenta in forma di nota il resoconto del suo protagonista del suo viaggio su Venere, abitatoin 52 tomi da una vasta popolazione che vi risiede in uno stato di felice socialismo non cristiano per molte migliaia di anni.

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Barnes Joshua, 1654-1712 “Gerania; a new discovery of a little sort of people, anciently discoursed of, called pygmies. With a lively description of their stature, habit, manners, buildings, knowledge, and government; being very delightful and profitable” - 1675
Barnes nacque a Londra, Istruito al Christ’s Hospital e all’Emmanuel College di Cambridge, ebbe la carica di Regius Professor di greco, una lingua che scrisse e parlò con facilità.
Scrisse Gerania; una nuova scoperta di un piccolo genere di persone, di cui si parlava anticamente, chiamate Pigmei (1675), un racconto stravagante, a cui Swift ‘s Voyage to Lilliput potrebbe dover qualcosa. L’opera è ambientata in India, dove una razza di pigmei vive all’interno di un’utopia comunitaria aperta e affabile con gli estranei.

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Beauharnais Fanny comtesse de, 1737-1813 “Le somnambule: oeuvres posthumes en prose et en vers, ou l’on trouve l’histoire générale d'une isle très-singulière, découverte aux grandes Indes en 1784” - 1786
Fanny de Beauharnais (1737-1813), alias Marie Anne Françoise Mouchard de Chaban, fu moglie dello zio del generale Alessandro di Beauharnais primo marito della famosa Joséphine.
Prima della Rivoluzione fu vicina a molti letterati (Réstif de la Bretonne, Louis-Sébastien Mercier, Olympe de Gouges ). Tra i libri da lei pubblicati c’è “Il sonnambulo”, opera postuma, dove troviamo la storia generale di un’isola molto singolare scoperta nelle Grandi Indie.

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Bell George William,  ( 1840? - 1907 ) “Mr. Oseba’s last discovery” - 1904
Dall’introduzione dell’autore: «... Essendo un individualista, un democratico dei democratici, sostengo che l’unità della società sia il suo fattore fondamentale e, mentre in quelle terre lontane, ho visto un vago riconoscimento di questa verità, ho anche visto una fusione della democrazia nel socialismo, che non è riuscita a soddisfare le mie definizioni. [...] Avevo sentito e letto che questa colonia era “sommersa dal socialismo” e “abbandonata alla falsità degli estremi”, così ho studiato la letteratura, mi sono mescolato alla gente, ho partecipato alle sedute parlamentari e ho preso appunti.[...] Ho scoperto che ciò che i disinformati chiamavano con disprezzo “Socialismo” consisteva principalmente in una serie di misure cooperative che sembravano promettere non un “socialismo senza nervi”, ma la più solida democrazia che la civiltà avesse mai prodotto.


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Bellamy Edward, 1850-1898 “Equality”1898
Il protagonista scopre che nel mondo dell’anno 2000 la scrittura a mano è stata soppiantata dai dischi fonografici e i gioielli non sono più usati come status simbol poiché ormai privi di valore. Vede un dispositivo molto simile alla televisione, chiamato elettroscopio e scopre che la comunicazione è semplificata, tutti ormai usano una lingua universale oltre alla propria. Per viaggiare non utilizzano solo automobili, ma anche mezzi aerei privati. Tutti praticano il vegetarianesimo e il mangiare carne è visto con ripugnanza.

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Benson Robert Hugh, 1871-1914 “Lord of the world” 1908
Il padrone del mondo (Lord of the World), è il titolo di un romanzo di fantascienza distopico e narra di un mondo attorno all’anno 2000, governato in pace da tre grandi potenze a carattere liberale, socialista e massonico, in cui i cattolici, ai margini della società, vengono infine sottoposti a persecuzione. L’autore contrappone un mondo evoluto dal punto di vista tecnologico e intellettuale, dominato dai principi dell’umanitarismo e il mondo della Chiesa in declino, caratterizzato dalla fede. (fonte wikipedia)

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Berington Simon, 1680-1755 “The adventures of Signor Gaudentio di Lucca Being the substance of his examination before the fathers of the Inquisition, at Bologna, in Italy. Giving an account of an unknown country in the midst of the desarts of Africa. Copied from the original manuscript in St. Mark’s library, at Venice. With critical notes by the learned Signor Rhedi. Translated from the Italian” - 1800
Uno dei primi romanzi sul tema del “Mondo perduto”, questo libro pubblicato in forma anonima e come una traduzione dall’italiano, si propone con intenti didattici e ipotizza come la razza che lo popola possa essere quella degli antichi egizi. Il protagonista trascorre gran parte della sua vita nel Mondo perduto di Mezzorania, nel profondo dell’Africa sconosciuta, e dominato dalla grande Città di Phor, la cui forma circolare è caratterizzata dalle strade principali che si irradiano dal Tempio centrale del Sole. Una reminiscenza della città ideale di Tommaso Campanella, Mezzorania è governata da principi illuminati.

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Boccaccio Giovanni, (1313 - 1375) “Il paese di Bengodi” (in Decameron) - 1348-1351
Bengodi è una contrada del paese di Berlinzone, un luogo immaginario descritto nella III novella dell’ottava giornata del Decamerone: “Calandrino e l’elitropia”.
La descrizione viene fatta da Maso del Saggio che, insieme a Bruno e Buffalmacco, perpetrano una burla ai danni del credulone Calandrino. Un paese dove si trova in abbondanza l’elitropia, pietra che rende invisibili: «Maso rispose che le più si trovavano in Berlinzone, terra de’ Baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce e avevasi un’oca a denaio e un papero giunta; ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d’acqua.»

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Bretonne Nicolas-Edme Réstif de la (1734 - 1806) “La comune dei venti associati” - 1781
Una comune pensata “contro la malasorte e la corruzione del mondo” costituita da: un negoziante di stoffe, un merciaio, un mercante di chincaglierie, uno di coltelli, una modista, una sarta, un negoziante di biancheria, un vinaio, un panettiere, un macellaio, un calzolaio, un sarto, un chirurgo, un medico, un procuratore, un avvocato,un usciere, un cappellaio, un noleggiatore di carrozze, un orafo gioielliere... venti famiglie. Bretonne fu uno scrittore e giornalista francese, autore di romanzi libertini, saggi filosofici e resoconti di cronaca, e dal cui nome deriva il termine retifismo.
Bretonne viene ricordato anche per l’utopia di tipo socialista: “La Découverte australe...” - 1781 in cui descrive un popolo di ermafroditi eredi simbolici dell’uomo indiviso del Simposio di Platone. Fu uno dei rappresentanti più esemplari del secondo Illuminismo della fine del secolo, e un seguace delle posizioni edonistiche di Julien Offray de La Mettrie.

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Fénelon François de Salignac de La Mothe, 1651-1715 “Salente” e “Betique” (in “Les aventures de Télémaque” 1699?)
“Le avventure di Telemaco” fu scritto e pubblicato principalmente per la corte reale, in particolare per il duca di Borgogna che era il figlio del delfino di cui Fénelon era appunto tutore. Questo romanzo, espressione di morale e politica, caratterizzato dalla presenza di molteplici elementi epici, provocò inizialmente un forte senso di vergogna a corte nei confronti di Fénelon, solo per poi essere riconosciuto come il romanzo che decretò la sua fama. Il successo dell’opera è giustificato per una buona ragione: Fénelon racconta le avventure di Telemaco accompagnato da Mentore (guidato a sua volta da Minerva), con il pretesto di trasmettere un insegnamento morale e politico che all’epoca durante il regno di Luigi XIV, fu visto come una satira. Vi è quindi una critica implicita all’assolutismo di Luigi XIV e una chiara presa di posizione a favore del diritto naturale, in opposizione della legge divina. Da questo punto di vista, il lavoro di Fénelon ha avuto una profonda influenza nel porre le basi di un particolare pensiero filosofico del XVIII secolo, quello dell’Illuminismo. Pertanto, Montesquieu lo definì come il “libro divino di questo secolo” e ne fu ispirato, adottando lo stesso processo di distacco nella sua opera “Lettere persiane”.


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Foigny Gabriel de, (1630 ca. - 1692) “Voyage de la terre australe par Mr. Sadeur. Avec ses avantures dans la découverte de ce pays jusques icy inconnu & les particularités du sejour qu’il y fit pendant trente-cinq ans & son retour. Contenant les coutumes et les moeurs des Australiens, leurs religions, leurs exercices, leurs études, leurs guerres, les animaux particuliers de ce pays & toutes les raretés curieuses qui s'y trouvent” - 1695
Un romanzo utopico scritta da Gabriel de Foigny contenente la descrizione della Terra australe fino ad allora sconosciuta e dei suoi usi e costumi da parte del protagonista, Mr. Sadeur, partendo dagli avvenimenti che qui lo condussero e proseguendo con le particolarità del suo soggiorno che vi fece per oltre trentacinque anni, concludendo poi col suo ritorno. Come la Histoire des Sevarambes di Denis Vairasse, questa storia fa riferimento al mito dei Territori del Sud. Durante il suo viaggio scoprì questa isola popolata da esseri ermafroditi; conforme allo stereotipo del genere utopico descrive urbanistica geometrica, assenza di proprietà privata e società improntata sull’egualitarismo e fedele ad una religione deista non imposta. A differenza di altre utopie, questo racconto ritrae una società ideale che deve la sua vitalità solo alla natura specifica dei suoi abitanti: hanno entrambi i sessi, non si vestono e vivono in assoluta razionalità, senza desideri o passioni violente.
Dato il contenuto particolare dello scritto, per sfuggire alle critiche, Foigny si identifica come il traduttore e non l'autore dell'opera...


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Albert Robida, (1848 - 1926) “Voyages très extraordinaires de Saturnin Farandoul - Le roi des singes” - 1879
Robida figlio di un falegname, abbandona gli studi per dedicarsi alla caricatura ed esercita la professione presso varie riviste. Nel 1880 fonda la sua propria rivista ‟La Caricature” che dirigerà per 12 anni. Illustra anche opere di divulgazione e classici della letteratura: da Villon a Shakespeare, le “Mille e una notte” e una divertita storia delle case chiuse. La fama gli arriva con la pubblicazione della sua trilogia di romanzi d’anticipazione/fantascienza: “Le Vingtième Siècle” (1884). Robida, in questi, propone invenzioni utili nella vita quotidiana ed immagina gli sviluppi sociali che ne derivano. Sulle orme di Jules Verne, Robida si dedica anche alla letteratura ambientata in esotici e lontani paesi del Pacifico. Fra questi ‟Le roi des singes” in cui il bambino Saturnino, solo nell’oceano a causa del naufragio di un veliero, approda su un’isola abitata da grandi scimmie che lo accolgono, lo allevano come loro e lo istruiscono. In età adulta abbandona l’isola e va per mare dove viene catturato da Lombrico, il capitano del veliero Bella Leocadia…


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Vairasse (Veiras) Denis, (1630-ca. 1696) “Histoire des Sevarambes: peuples qui habitent une partie du troisiéme continent, communément appellé la Terre Australe: contenant une relation du gouvernement, des Moeurs, de la religion, & du langage de cette nation, inconnuë jusques à present aux peuples de l'Europe” - 1675
Vairasse, nato in una famiglia ugonotta, fuggito dalla Francia anche per evitare le persecuzioni religiose, in Inghilterra divenne notevolmente famoso per “The History of the Sevarites or Sevarambes”, pubblicato in prima edizione a Londra nel 1675, e poi in francese (ad Amsterdam, per evitare la censura) nel 1678. Il romanzo fu poi rimaneggiato ed accresciuto dall’autore in edizioni successive, sia in inglese che in francese.
Si tratta di una presunta veridica relazione di viaggio di un certo capitano Siden nella Terra Australe, un paese immaginario comprendente l’Australia ed altri territori fino alla Terra del Fuoco. L’opera fu considerata vera da molti e perfino recensita nel 1679 dal “Journal de sçavans” (più tardi chiamato Journal des savants) il primo giornale scientifico pubblicato in Europa.
Il paese dei Sevarambi fu in realtà immaginato da Variasse come un continente utopico, utilizzato per attuare delle critiche filosofico-politiche alle religioni rivelate. Immaginò un governo e una società imperniati sul pensiero libertino e il razionalismo proto-illuminista inglese. Quest’opera, fu considerata in ambito illuminista come romanzo filosofico e fu tradotto in diverse lingue, anche in italiano nel 1728.


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e infine, ma non per concludere...
eccovi una straordinaria raccolta,
in 52 tomi, di resoconti reali di viaggio 

Jean-François de la Harpe, (1739 - 1803) “Compendio della storia generale de’ viaggi”
L’opera, tradotta in italiano, è stata stampata in 52 tomi dal 1781 al 1790 e pubblicata da Vincenzio Formaleoni, arricchita di aggiunte, correzioni ed osservazioni originali del Formaleoni stesso, sulla scorta dei suoi studi di geografo e cartografo e delle ricerche da lui effettuate tra i manoscritti della Biblioteca Marciana.

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