Quella di Stefano
Bianchi Carini “fotografo” costituisce per lui e, in senso traslato,
anche per l'osservatore, una esperienza di “viaggio” fisico e
mentale, lungo un percorso “Serendipico” che si snoda fra paesaggio naturale e
spazio antropico senza soluzione di continuità. Tutta la sua
ponderosa produzione che, quando lo conobbi trent’anni or sono,
contava già cinquantamila scatti, a tutt’oggi lascio immaginare
quanto si sia accresciuta... un quasi labirinto di immagini
fotografiche, contemporaneamente, testimonianza del reale e
proiezione intellettuale, che costituisce un vero viaggio in Utopia,
alla ricerca del luogo immaginato e desiderato. La sua produzione di
immagini, come avevo già avuto occasione di osservare allora,
soprattutto in merito alla sua tecnica di ripresa: “È
costantemente permeata da una misura armonica e vettoriale,
individuabile in lui secondo direzioni opposte, correlando intuizione
e percezione di un personale in-essere, facendo del colloquio con
l'altro da sé, sempre e comunque, una riflessione sul proprio
esistere. Verso l’interno intimista e verso l’esterno, più
sensoriale ma pur sempre meditativa. Di qui la scelta, non solo dei
soggetti ma anche dell’inquadratura e della tecnica fotografica. La
consuetudine, nell’uso della macchina, mostra come Stefano Bianchi
privilegi una esposizione, caratterizzata dalla massima chiusura del
diaframma e dall’impostazione di tempi lunghi, alla ricerca di una
maggiore definizione e profondità di campo. Se inoltre osserviamo
come scelga prevalentemente, o di preferenza, carte ad alto contrasto
e pellicole fotografiche di bassa sensibilità, nel voler inseguire
un sempre più accentuato nitore chiaroscurale dei segni e delle
ombre, ne emerge un comun denominatore, una necessità fondamentale
che assurge a carattere espressivo.
La sospensione temporale e
la cristallizzazione spaziale quasi ossessionano Stefano Bianchi che
le ricerca in sé o le rappresenta nelle fotografie. Per tramite di
un inconscio, quanto meditato processo di metaforizzazione per
immagini, ogni evento osservato o vissuto matura si fissa nell’
‘istante’ del fotogramma”. Così avveniva in
tempi in cui la fotografia digitale non era ancora nata e il processo
chimico di impressionamento di carte e pellicole era parte integrante
del “fotografare”, ma se molto di tutto ciò ai “nativi
digitali” pare caratteristica antica di un vero “territorio
dell’altrove”, nulla è cambiato, o meglio, tutto si è evoluto
nella dimensione meditativa e di memoria generando, ad ogni scatto,
una “sincronicità” fra eventi, in realtà reciprocamente
distanti, sintomo ed effetto di una simultaneità vissuta al limite
dell’immaginazione. Stefano Bianchi,
come lui stesso afferma, allora recava sempre con sé almeno una
piccola macchina fotografica, facendone propria protesi organica e in
onore del simpatico voyeurismo da lui dichiarato. Oggi potremmo
ancora definirlo “portatore di fotocamera”, anche se ora
sostituita frequentemente da un telefonino evoluto. La sua visione
del mondo, permeata costantemente da un senso rarefatto di vuoto
esistenziale, marca la vacuità, affermando-negando ogni volta e
ancora all’infinito, un paradossale coincidere di presenza-assenza.
Ogni scatto, ogni serie di scatti, quasi sequenza filmica, sono per
lui “ricordi di viaggio”. Un viaggio indirizzato costantemente
verso un “altrove” fatto di terre lontane e utopie casalinghe,
volutamente e reciprocamente fungibili nell’invenzione del
racconto. Per lui ogni luogo,
porzione di un paesaggio reale o immaginato che sia, è un’isola
nel mare del tempo e, lungi dall’essere sempre identico a se
stesso, come il sole che lo anima di luci ed ombre, muta ad ogni
istante. Pur effimero nella sua identità fisica, nella visione e
nella memoria di chi osserva porge la propria identità temporale e,
con un espediente, possiamo trovare pacificazione alla nostra ansia
esistenziale nel cogliere l’attimo fuggente, ritraendolo in una
“istantanea”, anche se in quel frangente non abbiamo a
disposizione un apparecchio fotografico, e non ci resta che
memorizzarlo. Nel perpetuarlo, espandendolo o focalizzandolo così,
anche solo mentalmente nell’ampiezza dell’angolo visivo di un
obiettivo fotografico, come il Piccolo Principe di Antoine
Saint-Exupéry, esercitiamo una affabulazione potente illuminata da
un sole “intramontabile”. Il Piccolo Principe spostava la propria
seggiola per godere di più tramonti, in breve successione temporale,
grazie alla dimensione quasi nulla del suo pianeta. Un luogo minimo,
questo, percorribile in un tempo altrettanto contratto si manifesta
alla fine come una soglia verso l’ “altrove”, che ci introduce
nell’universo di quei non luoghi di cui l’Utopia di Tommaso Moro
costituisce il paradigma più noto. Come nell’isola
dell’Utopia di Tommaso Moro il “non luogo” dell’esistenza
coincide col confine che separa le acque interne, soggetto, da quelle
esterne, oggetto; due estensioni contrapposte ma coincidenti nella
condizione di alterità, ambedue pure visioni, vettori esistenziali
atti a concederci illusione di corporeità. Lo sguardo “naviga”
il mondo, ma sono i paesaggi dell’anima che lo popolano di
sensazioni; se così non fosse, chiusi gli occhi, con la luce si
spegnerebbe l’esistenza e i sogni naufragherebbero nel buio totale. In “Utopia”
nulla è come sembra mentre si riflette idealmente nel proprio
opposto, occorre fermarsi al margine, sul confine fra invenzione e
realtà per coglierne il senso... Se da un lato,
nell’accezione corrente, “utopico” significa tanto inesistente
quanto irrealizzabile, paradossalmente ha sempre suscitato interesse
più che concreto e una quantità invero sterminata di autori ne ha
sviluppato il genere letterario, né mancano esempi anteriori allo
stesso Tommaso Moro. L’utopia è caratterizzata dal ricorso alla
finzione, utilizzando un artificio letterario per descrivere una
società ideale in una geografia immaginaria, spesso inserita nella
cornice di un racconto di viaggio, talvolta mascherato da cronaca e
talaltra dichiaratamente di fantasia, anche se, va detto spezzando
una lancia in favore della loro concretezza intellettuale, molte
utopie, stilate fra il XVI e il XVII secolo, si inseriscono in una
critica dell’ordine sociale allora esistente e in una volontà di
riformarlo in profondità. Il paradigma narrativo della finzione è
stato per certo un espediente che ha permesso agli autori di questi
pamphlet di prendere le distanze dal loro presente per metterlo
meglio in prospettiva ma, soprattutto, mettersi al riparo da censure
o ritorsioni. Michele Caldarelli - ottobre 2024 Cliccare sulle miniature per aprire le schede descrittive e ingrandire le immagini
A corredo e
completamento della rassegna fotografica virtuale, nel blog che
l’accompagna, tratta da fonti letterarie,
viene strutturata una antologia commentata e in progress sui luoghi
dell’utopia e i viaggi immaginari.
Cliccando sulle miniature verrete reindirizzati alle fonti in rete
Armeno Cristoforo
(XVI sec.) “Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di
Serendippo dalla Persiana nell'Italiana lingua trapportato da
Christoforo Armeno” 1557. Il racconto ispirò
Horace Walpole che coniò in Inglese il termine serendipity,
utilizzandolo per la prima volta in una lettera indirizzata all'amico
Horace Mann nel 1754. Serendipity costitusce un neologismo che, nel
campo scientifico come in quello delle esplorazioni geografiche,
sottolinea la casualità di una scoperta inattesa. (Serendip è
l'antico nome di Ceylon, attuale Sri–Lanka) 
Abbott Edwin (1838 -
1926) “Flatland - a romance of many dimensions” - 1882 Un curioso racconto
pubblicato anonimo da Edwin A. Abbott nel 1882 con l’intento (anche
se per metà il racconto risulta una elegante satira di costume) di
indicare una via che conducesse all’intuizione di dimensioni
fisiche ulteriori alle tre euclidee, ben superando la didattica fine
a se stessa. Flatland, come spiega il nome, è un mondo
bidimensionale abitato da poligoni organizzati socialmente secondo
una gerarchia strettamente dettata dalla regolarità e dal numero dei
lati posseduti da ogni individuo. Il protagonista dell’avventura è,
nella fattispecie, un quadrato facente parte, per la propria
configurazione (si gioca qui con l’assonanza inglese di square e
squire ) alla classe dei gentiluomini. Costui vive, nella seconda
parte del libro, l’avvenimento centrale di tutto il racconto: poco
prima dell'anno 2000 dell’era flatlandiese, la sua vita viene
sconvolta da una apparizione che dà il via alle sue esperienze
extradimensionali; una sfera appartenente al mondo tridimensionale
gli si manifesta attraversando fisicamente il piatto mondo da lui
abitato, dando inizio alla parte più significativa dell'artifizio
narrativo di Abbott.

Aristofane commedie
“Le nuvole - Nubibaggiania” 414 a.C. Situata fra il cielo
abitato dagli dei e la Terra abitata dagli uomini, questa città è
circondata da mura di cotto, come Babilonia. Il suo popolo vive dei
tributi degli uomini e degli dei, senza faticare; è un popolo
costituito da tutti gli uccelli antichi signori del mondo e da uomini
eletti che, mangiando una radice magica diventano alati. Aristofane commedie
“L’assemblea delle donne” 393 a.C. Un luogo dove tutto
il potere è alle donne e si pratica il comunismo dei beni di consumo
e delle persone, un luogo dove se un uomo vuole fare all’amore con
una donna giovane deve prima soddisfarne una anziana. 
Adam Paul (1862 -
1920) “Lettres de Malaisie; roman” - 1898
L’autore non
designa il paese del nulla come Thomas More, né una società
futuribile ma individua la sua utopia negli interstizi geografici
scegliendo un’isola in un arcipelago al largo della costa della
Malesia. Nel racconto, un diplomatico spagnolo viene inviato a
indagare su una rivolta nelle Filippine e scopre una colonia fondata
nel 1843 secondo i principi comunisti: niente proprietà privata,
niente commercio, niente denaro. “L’Oligarchia”, dei cittadini
eletti per un anno, è revocabile. Lettres de Malaisie presenta una
società scientificamente, tecnicamente e socialmente avanzata:
libera sessualità delle donne, bassa mortalità, ecc. Tuttavia,
questa utopia è ambigua perché la libertà sessuale si accompagna a
un'orgia settimanale obbligatoria, l’uguaglianza proclamata ha
finito per creare un’élite.

Alexander James
Bradun (1831-1914) “The Lunarian Professor and His Remarkable
Revelations Concerning the Earth, the Moon and Mars; Together with an
Account of the Cruise of the Sally Ann” - 1909. In questa invenzione
di carattere onirico, l’autore racconta di un insettoide lunare che
usa un dispositivo antigravità per viaggiare. Questi lo informa
sulla vita altruistica a tre sessi sulla Luna, sulla futura storia
della Terra, derivata da modelli matematici, sulla terraformazione di
Marte, i cui canali sono stati costruiti per distribuire l’acqua su
tutto il pianeta e altro ancora. 
Andreä Johann
Valentin, 1586-1654 “Reipublicae Christianopolitanae descriptio”
- 1619 L’autore è stato
un teologo tedesco, che sosteneva di essere l’autore di un antico
testo noto come Chymische Hochzeit Christiani Rosencreutz una delle
tre opere fondanti del Rosacrocianesimo. Il fulcro di questo
movimento era la necessità di istruzione e l’incoraggiamento delle
scienze come chiave per la prosperità nazionale. Ma come molti
movimenti rinascimentali vagamente religiosi di quel periodo, le idee
scientifiche promosse erano spesso venate di ermetismo, occultismo e
concetti neoplatonici. “Christianopolis”, nella sua descrizione,
era una città di 400 abitanti (in comunità di beni) ubicata nella
zona antartica su un’isola ricca di campi di grano, pascoli, boschi
e vigne oltre che animali. I suoi abitanti invero lavoravano molto
poco mentre dovevano passare moltissimo tempo a pregare Dio.

Arrivabene
Lodovico, ca. 1530-ca. 1597 “Il Magno Vitei” - 1597 Dal frontispizio:
«In questo libro, oltre al piacere, che porge la narratione delle
alte cauallerie del glorioso Vitei primo re della China, & del
valoroso Iolao, si ha nella persona di Ezonlom, uno ritratto di
ottimo prencipe, & di capitano perfetto. Appresso si acquista
notitia di molti paesi, di varij costumi di popoli, di animali, sì
da terra, & sì da acqua, di alberi, di frutti, & di
simiglianti cose moltissime. Vi si trattano ancora innumerabili
quistioni quasi di tutte le scienze più nobili, fatti di arme
nauali, da terra, assedij, & assalti de varij luoghi, molte
giostre, razze di caualli, & i loro maneggi. Funerali, trionfi,
ragionamenti di soggetti, diuersi, auenimenti marauigliosi; &
altre cose non punto discare a’ lettori intendenti». 
Bacon Francis,
1561-1626 “New Atlantis” - 1660 La “Nuova
Atlantide” è una città situata su un’isola nel nord del
Pacifico, governata da una tecnocrazia perfetta, la cui direzione è
affidata all'accademia delle scienze denominata “Casa di Salomone”.
La popolazione è costituita da una collettività di scienziati molto
casti, finanziati dallo stato.

Bangs John
Kendrick, 1862-1922 “Alice in Blunderland, an iridescent dream” -
1907 Alice in
Blunderland, An Iridescent Dream è un romanzo pubblicato per la
prima volta nel 1907 da Doubleday, Page & Co. di New York, con
illustrazioni di Albert Levering. Si tratta di una
parodia politica dei due libri di Alice di Lewis Carroll, Alice’s
Adventures in Wonderland (1865) e Through the Looking-Glass (1871). Si pone come critico
nei confronti del collettivismo e di questioni economiche quali la
tassazione, l’avidità aziendale e la corruzione. Invece di entrare
nel Paese delle Meraviglie, Alice si ritrova in “Blunderland”, un
luogo descritto come “Municipal Ownership Country”.

Barlow James
Williams, 1826-1913 “The immortals’ great quest” - 1909 Scrittore di
fantascienza irlandese costui è noto per aver scritto il romanzo
Storia di un mondo di immortali senza Dio (1891) sotto lo pseudonimo
di Antares Skorpios. L’opera fu ripubblicata nel 1909 come The
Immortals’ Great Quest. L'autore presenta in forma di nota il
resoconto del suo protagonista del suo viaggio su Venere, abitatoin 52 tomi da
una vasta popolazione che vi risiede in uno stato di felice
socialismo non cristiano per molte migliaia di anni. 
Barnes Joshua,
1654-1712 “Gerania; a new discovery of a little sort of people,
anciently discoursed of, called pygmies. With a lively description of
their stature, habit, manners, buildings, knowledge, and government;
being very delightful and profitable” - 1675 Barnes nacque a
Londra, Istruito al Christ’s Hospital e all’Emmanuel College di
Cambridge, ebbe la carica di Regius Professor di greco, una lingua
che scrisse e parlò con facilità. Scrisse Gerania; una
nuova scoperta di un piccolo genere di persone, di cui si parlava
anticamente, chiamate Pigmei (1675), un racconto stravagante, a cui
Swift ‘s Voyage to Lilliput potrebbe dover qualcosa. L’opera è
ambientata in India, dove una razza di pigmei vive all’interno di
un’utopia comunitaria aperta e affabile con gli estranei.

Beauharnais Fanny
comtesse de, 1737-1813 “Le somnambule: oeuvres posthumes en prose
et en vers, ou l’on trouve l’histoire générale d'une isle
très-singulière, découverte aux grandes Indes en 1784” - 1786 Fanny de Beauharnais
(1737-1813), alias Marie Anne Françoise Mouchard de Chaban, fu
moglie dello zio del generale Alessandro di
Beauharnais primo marito della famosa Joséphine. Prima della
Rivoluzione fu vicina a molti letterati (Réstif de la Bretonne,
Louis-Sébastien Mercier, Olympe de Gouges ). Tra i libri da lei
pubblicati c’è “Il sonnambulo”, opera postuma, dove troviamo
la storia generale di un’isola molto singolare scoperta nelle
Grandi Indie. 
Bell George William, ( 1840? - 1907 ) “Mr.
Oseba’s last discovery” - 1904 Dall’introduzione
dell’autore: «... Essendo un individualista, un
democratico dei democratici, sostengo che l’unità della società
sia il suo fattore fondamentale e, mentre in quelle terre lontane, ho
visto un vago riconoscimento di questa verità, ho anche visto una
fusione della democrazia nel socialismo, che non è riuscita a
soddisfare le mie definizioni. [...] Avevo sentito e letto che questa
colonia era “sommersa dal socialismo” e “abbandonata alla
falsità degli estremi”, così ho studiato la letteratura, mi sono
mescolato alla gente, ho partecipato alle sedute parlamentari e ho
preso appunti.[...] Ho scoperto che ciò che i disinformati
chiamavano con disprezzo “Socialismo” consisteva principalmente
in una serie di misure cooperative che sembravano promettere non un
“socialismo senza nervi”, ma la più solida democrazia che la
civiltà avesse mai prodotto.

Bellamy Edward,
1850-1898 “Equality”1898 Il protagonista
scopre che nel mondo dell’anno 2000 la scrittura a mano è stata
soppiantata dai dischi fonografici e i gioielli non sono più usati
come status simbol poiché ormai privi di valore. Vede un dispositivo
molto simile alla televisione, chiamato elettroscopio e scopre che la
comunicazione è semplificata, tutti ormai usano una lingua
universale oltre alla propria. Per viaggiare non utilizzano solo
automobili, ma anche mezzi aerei privati. Tutti praticano il
vegetarianesimo e il mangiare carne è visto con ripugnanza. 
Benson Robert Hugh,
1871-1914 “Lord of the world” 1908 Il padrone del mondo
(Lord of the World), è il titolo di un romanzo di fantascienza
distopico e narra di un mondo attorno all’anno 2000, governato in
pace da tre grandi potenze a carattere liberale, socialista e
massonico, in cui i cattolici, ai margini della società, vengono
infine sottoposti a persecuzione. L’autore contrappone un mondo
evoluto dal punto di vista tecnologico e intellettuale, dominato dai
principi dell’umanitarismo e il mondo della Chiesa in declino,
caratterizzato dalla fede. (fonte wikipedia) 
Berington Simon,
1680-1755 “The adventures of Signor Gaudentio di Lucca Being the
substance of his examination before the fathers of the Inquisition,
at Bologna, in Italy. Giving an account of an unknown country in the
midst of the desarts of Africa. Copied from the original manuscript
in St. Mark’s library, at Venice. With critical notes by the
learned Signor Rhedi. Translated from the Italian” - 1800 Uno dei primi
romanzi sul tema del “Mondo perduto”, questo libro pubblicato in
forma anonima e come una traduzione dall’italiano, si propone con
intenti didattici e ipotizza come la razza che lo popola possa essere
quella degli antichi egizi. Il protagonista trascorre gran parte
della sua vita nel Mondo perduto di Mezzorania, nel profondo
dell’Africa sconosciuta, e dominato dalla grande Città di Phor, la
cui forma circolare è caratterizzata dalle strade principali che si
irradiano dal Tempio centrale del Sole. Una reminiscenza della città
ideale di Tommaso Campanella, Mezzorania è governata da principi
illuminati. 
Boccaccio Giovanni, (1313 - 1375) “Il paese di Bengodi” (in Decameron) - 1348-1351 Bengodi è una
contrada del paese di Berlinzone, un luogo immaginario descritto
nella III novella dell’ottava giornata del Decamerone: “Calandrino
e l’elitropia”. La descrizione viene
fatta da Maso del Saggio che, insieme a Bruno e Buffalmacco,
perpetrano una burla ai danni del credulone Calandrino. Un paese dove
si trova in abbondanza l’elitropia, pietra che rende invisibili:
«Maso rispose che le più si trovavano in Berlinzone, terra de’
Baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si
legano le vigne con le salsicce e avevasi un’oca a denaio e un
papero giunta; ed eravi una montagna tutta di formaggio parmigiano
grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevan
che far maccheroni e raviuoli e cuocergli in brodo di capponi, e poi
gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva; e
ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai
si bevve, senza avervi entro gocciola d’acqua.»

Bretonne
Nicolas-Edme Réstif de la (1734 - 1806) “La comune dei venti
associati” - 1781 Una comune pensata
“contro la malasorte e la corruzione del mondo” costituita da: un
negoziante di stoffe, un merciaio, un mercante di chincaglierie, uno
di coltelli, una modista, una sarta, un negoziante di biancheria, un
vinaio, un panettiere, un macellaio, un calzolaio, un sarto, un
chirurgo, un medico, un procuratore, un avvocato,un usciere, un
cappellaio, un noleggiatore di carrozze, un orafo gioielliere...
venti famiglie. Bretonne fu uno scrittore e giornalista francese,
autore di romanzi libertini, saggi filosofici e resoconti di cronaca,
e dal cui nome deriva il termine retifismo. Bretonne viene
ricordato anche per l’utopia di tipo socialista: “La Découverte
australe...” - 1781 in cui descrive un popolo di ermafroditi eredi
simbolici dell’uomo indiviso del Simposio di Platone. Fu uno dei
rappresentanti più esemplari del secondo Illuminismo della fine del
secolo, e un seguace delle posizioni edonistiche di Julien Offray de
La Mettrie.

Fénelon François
de Salignac de La Mothe, 1651-1715 “Salente” e “Betique” (in
“Les aventures de Télémaque” 1699?) “Le avventure di
Telemaco” fu scritto e pubblicato principalmente per la corte
reale, in particolare per il duca di Borgogna che era il figlio del
delfino di cui Fénelon era appunto tutore. Questo romanzo,
espressione di morale e politica, caratterizzato dalla presenza di
molteplici elementi epici, provocò inizialmente un forte senso di
vergogna a corte nei confronti di Fénelon, solo per poi essere
riconosciuto come il romanzo che decretò la sua fama. Il successo
dell’opera è giustificato per una buona ragione: Fénelon racconta
le avventure di Telemaco accompagnato da Mentore (guidato a sua volta
da Minerva), con il pretesto di trasmettere un insegnamento morale e
politico che all’epoca durante il regno di Luigi XIV, fu visto come
una satira. Vi è quindi una critica implicita all’assolutismo di
Luigi XIV e una chiara presa di posizione a favore del diritto
naturale, in opposizione della legge divina. Da questo punto di
vista, il lavoro di Fénelon ha avuto una profonda influenza nel
porre le basi di un particolare pensiero filosofico del XVIII secolo,
quello dell’Illuminismo. Pertanto, Montesquieu lo definì come il
“libro divino di questo secolo” e ne fu ispirato, adottando lo
stesso processo di distacco nella sua opera “Lettere persiane”.

Foigny Gabriel de, (1630 ca. - 1692) “Voyage de la terre australe par Mr. Sadeur. Avec
ses avantures dans la découverte de ce pays jusques icy inconnu &
les particularités du sejour qu’il y fit pendant trente-cinq ans &
son retour. Contenant les coutumes et les moeurs des Australiens,
leurs religions, leurs exercices, leurs études, leurs guerres, les
animaux particuliers de ce pays & toutes les raretés curieuses
qui s'y trouvent” - 1695 Un romanzo utopico
scritta da Gabriel de Foigny contenente la descrizione della Terra
australe fino ad allora sconosciuta e dei suoi usi e costumi da parte
del protagonista, Mr. Sadeur, partendo dagli avvenimenti che qui lo
condussero e proseguendo con le particolarità del suo soggiorno che
vi fece per oltre trentacinque anni, concludendo poi col suo ritorno.
Come la Histoire des Sevarambes di Denis Vairasse, questa storia fa
riferimento al mito dei Territori del Sud. Durante il suo viaggio
scoprì questa isola popolata da esseri ermafroditi; conforme allo
stereotipo del genere utopico descrive urbanistica geometrica,
assenza di proprietà privata e società improntata
sull’egualitarismo e fedele ad una religione deista non imposta. A
differenza di altre utopie, questo racconto ritrae una società
ideale che deve la sua vitalità solo alla natura specifica dei suoi
abitanti: hanno entrambi i sessi, non si vestono e vivono in assoluta
razionalità, senza desideri o passioni violente. Dato il contenuto
particolare dello scritto, per sfuggire alle critiche, Foigny si
identifica come il traduttore e non l'autore dell'opera...

Albert Robida, (1848
- 1926) “Voyages très extraordinaires de Saturnin Farandoul - Le
roi des singes” - 1879 Robida figlio di un
falegname, abbandona gli studi per dedicarsi alla caricatura ed
esercita la professione presso varie riviste. Nel 1880 fonda la sua
propria rivista ‟La Caricature” che dirigerà per 12 anni.
Illustra anche opere di divulgazione e classici della letteratura: da
Villon a Shakespeare, le “Mille e una notte” e una divertita
storia delle case chiuse. La fama gli arriva con la pubblicazione
della sua trilogia di romanzi d’anticipazione/fantascienza: “Le
Vingtième Siècle” (1884). Robida, in questi, propone invenzioni
utili nella vita quotidiana ed immagina gli sviluppi sociali che ne
derivano. Sulle orme di Jules Verne, Robida si dedica anche alla
letteratura ambientata in esotici e lontani paesi del Pacifico. Fra
questi ‟Le roi des singes” in cui il bambino Saturnino, solo
nell’oceano a causa del naufragio di un veliero, approda su
un’isola abitata da grandi scimmie che lo accolgono, lo allevano
come loro e lo istruiscono. In età adulta abbandona l’isola e va
per mare dove viene catturato da Lombrico, il capitano del veliero
Bella Leocadia…

Vairasse (Veiras)
Denis, (1630-ca. 1696) “Histoire des Sevarambes: peuples qui
habitent une partie du troisiéme continent, communément appellé la
Terre Australe: contenant une relation du gouvernement, des Moeurs,
de la religion, & du langage de cette nation, inconnuë jusques à
present aux peuples de l'Europe” - 1675 Vairasse, nato in
una famiglia ugonotta, fuggito dalla Francia anche per evitare le
persecuzioni religiose, in Inghilterra divenne notevolmente famoso
per “The History of the Sevarites or Sevarambes”, pubblicato in
prima edizione a Londra nel 1675, e poi in francese (ad Amsterdam,
per evitare la censura) nel 1678. Il romanzo fu poi rimaneggiato ed
accresciuto dall’autore in edizioni successive, sia in inglese che
in francese. Si tratta di una
presunta veridica relazione di viaggio di un certo capitano Siden
nella Terra Australe, un paese immaginario comprendente l’Australia
ed altri territori fino alla Terra del Fuoco. L’opera fu
considerata vera da molti e perfino recensita nel 1679 dal “Journal
de sçavans” (più tardi chiamato Journal des savants) il primo
giornale scientifico pubblicato in Europa.
Il paese dei
Sevarambi fu in realtà immaginato da Variasse come un continente
utopico, utilizzato per attuare delle critiche filosofico-politiche
alle religioni rivelate. Immaginò un governo e una società
imperniati sul pensiero libertino e il razionalismo proto-illuminista
inglese. Quest’opera, fu considerata in ambito illuminista come
romanzo filosofico e fu tradotto in diverse lingue, anche in italiano
nel 1728.

e infine, ma non per concludere... eccovi una straordinaria raccolta, in 52 tomi, di resoconti reali di viaggio
Jean-François
de la Harpe, (1739 - 1803) “Compendio della storia generale de’
viaggi” L’opera, tradotta
in italiano, è stata stampata in 52 tomi dal 1781 al 1790 e
pubblicata da Vincenzio Formaleoni, arricchita di aggiunte,
correzioni ed osservazioni originali del Formaleoni stesso, sulla
scorta dei suoi studi di geografo e cartografo e delle ricerche da
lui effettuate tra i manoscritti della Biblioteca Marciana.

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