Archivio Attivo Arte Contemporanea
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L'Isola delle Sirene
mostra tematica
Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como - dal 2 al 22 febbraio 2002

 

Creature marine fra le stelle
di: Luigi Viazzo

Se le sirene rappresentano, grazie all'episodio che vide come protagonista Ulisse nell'Odissea, le creature per eccellenza della mitologia "marina", altri "mammiferi" popolarono la volta celeste nell'immaginario degli antichi Greci.
Da citare anzitutto il Capricorno dalla caratteristica coda "sireniforme".
Per approfondire questo mito vedi però http://www.caldarelli.it/harmonices.htm
Un altro mammifero celeste è identificato nella costellazione della Balena, un gruppo di stelle poste a cavallo dell'equatore celeste visibili nei mesi autunnali e invernali.
Gli antichi greci vedevano in questo asterismo Ceto, il mostro marino apparso nel celebre mito di Andromeda, la bella principessa incatenata alla roccia (a sua volta rappresentata in una costellazione del cielo autunnale) in sacrificio al dio del mare Nettuno. Ceto, richiamato dal tridente di Poseidone, aveva iniziato a distruggere le coste dell'Etiopia, un'opera destinata a concludersi soltanto dopo il sacrificio della giovane.Mentre Andromeda ed i suoi genitori attendevano inermi che il mostro marino, oramai emerso dalle acque in tutta la sua terrificante sagoma, compisse la sua terribile missione, intervenne l'eroe Perseo (anch'egli ha una sua identità celeste nei cieli d'autunno). Col miraggio di poter impalmare la bella principessa, Perseo ebbe la meglio sul mostro. Secondo una leggenda, l'eroe confuse il mostro, attirandolo verso la sua ombra. Così quando Ceto si lanciò contro la sua immagine, riflessa sull'acqua del mare, Perseo gli piombò addosso dall'alto e, col falcetto magico donatogli dalla Dea Atena, lo uccise squarciando il suo corpo ricoperto da durissime scaglie.Secondo un'altra variante dell'epica battaglia, l'eroe attaccò improvvisamente Ceto, cogliendolo alla sprovvista, mentre la sua attenzione era oramai rivolta alla sua preda sacrificale che, in lacrime, attendeva sullo scoglio la sua triste fine.Piombando come un fulmine sul dorso del mostro, Perseo conficcò la sua spada sulla spalla destra del cetaceo. Il mostro, sorpreso da quest'improvviso attacco, si girò verso l'eroe, cercando di inghiottirlo fra le sue enormi fauci. Il "promesso sposo", non si lasciò però spaventare dalla reazione del cetaceo e proseguì nella sua opera continuando a far penetrare la spada nel suo corpo. Così trapassò le costole del mostro fino a raggiungere la sua coda. Con un ultimo conato di vita Ceto sputò un fiotto di sangue dalla bocca e poi cadde senza vita nelle acque del mare. Perseo, allora, portò la carcassa del mostro a riva, dove, tra ali festanti di folla, lo pose sulla spiaggia. Qui il pubblico che aveva assistito al terribile duello, spellò il mostro, esponendo al sole ed al ricordo dei posteri le ossa di Ceto. Una folla ora in delirio, e che invece, poco prima, aveva vinto le ultime titubanze di Cassiopea e Cefeo e li aveva in pratica obbligati a sacrificare la figlia. I due reali, infatti, erano ovviamente titubanti riguardo al corso da dare ai voleri dell'oracolo di Ammon, che aveva prescritto il sacrificio di Andromeda. Ma i sudditi della terra d'Etiopia, visto il perdurante pericolo per le loro proprietà e la loro vita, convinsero i due genitori ad incatenare la bella principessa.Secondo un'ultima variante del mito, Perseo avrebbe sconfitto il mostro, semplicemente mostrandogli la testa di Medusa la Gorgone che lo avrebbe pietrificato.Varie sono state le rappresentazioni del mostro marino: un drago-pesce, un serpente di mare coperto di scaglie avvinte in enormi spire, una semplice balena, ma anche una creatura ibrida per metà marina e per metà terrestre con le zampe anteriori protese in avanti.Secondo un altro mito ellenico rappresentava l'animale inviato sempre da Nettuno a devastare le terre di Laomedonte, re di Troia che dopo aver chiesto l'aiuto del dio del mare, per erigere le mura della città, non lo aveva ricompensato. Fu allora obbligato a dare in pasto al mostro marino la figlia Esione che fu, poi, salvata da Ercole. Quando, poi, non mantenne la propria parola anche con l'autore delle dodici fatiche, quest'ultimo lo uccise.Nella mitologia greca, poi, Ceto era anche il nome della mitica figlia di Ponto (il Mare) e di Gea (la Terra). Andata in sposa all fratello Forco, fu madre di tutta una genia di terribili creature, tra i quali vari mostri marini, le Gorgoni, Echidna (creatura per metà donna e metà serpente), ed il drago che custodiva il giardino delle Esperidi (vedi costellazione del Drago, celebre per i suoi pomi d'oro e, secondo una variante della leggenda, delle stesse Esperidi. I Romani chiamarono questo gruppo di astri, la "balena", seguito da vari aggettivi "nereide" "fiera", "nettunia", "acquatica" e "ricoperta di squame".Questi riferimenti latini ad una balena, più che ad un vero e proprio mostro marino, potrebbero avere delle connessioni con un episodio narrato in un racconto. Sembra, infatti, che una terribile tempesta marina avesse un giorno "sbattuto" sulle coste del Lazio un enorme cetaceo, lungo ben dodici metri, e con vertebra di quasi due metri di diametro.Passando al Medio Oriente va ricordato che anche laggiù questa costellazione ha connotazioni marine e richiama l'Epica della Creazione babilonese, dove il Dio del cielo Marduk volava su un cavallo bianco per uccidere il mostro marino Tiamat, che rappresentava il caos primordiale. Per gli Ebrei era la balena che aveva inghiottito il profeta Giona.Un altro cetaceo popola invece le notti estive e autunnali dell'emisfero boreale: il Delfino, un minuscolo gruppo di cinque astri disposti in una caratteristica forma romboidale che suggerì agli antichi greci la forma del simpatico cetaceo amico dell'uomo. Secondo i cantori della penisola ellenica il delfino rappresentava il salvatore del celebre musico Arione; questi, durante il viaggio che doveva riportarlo alla natia isola di Lesbo dopo un soggiorno in Sicilia, fu catturato da un gruppo di pirati che avevano assaltato la nave su cui viaggiava. Circondato dai malviventi che volevano ucciderlo per impadronirsi delle sue ricchezze, Arione chiese di poter per l'ultima volta intonare una canzone con la sua amata lira. I pirati acconsentirono, ma la musica attirò un branco di delfini dei quali uno si avvicinò alla nave tanto che fu sufficiente al musico saltagli in groppa e fuggire verso la terraferma. Apollo, il dio della musica e della poesia, volle portare in cielo il delfino che aveva aiutato il musico che tanto ammirava, e decise di porlo proprio vicino alla costellazione che rappresentava lo strumento di Arione, la Lira (vedi ancora http://www.caldarelli.it/harmonices.htm). Un altro mito proveniente dalla Grecia narra che questo cetaceo fu il messaggio d'amore del dio del mare, Poseidone, quando questi decise di corteggiare la bella ninfa nereide Anfitrite; pare infatti che il primo approccio di Nettuno non avesse avuto molto successo per i rozzi modi con i quali l'aveva avvicinata. Il dio del mare si affidò dunque al delfino il quale, con il suo fare accattivante, convinse la bella Anfitrite a seguirlo nell'immenso palazzo che Poseidone aveva costruito sul fondo marino al largo delle coste della Eubea. Un altro racconto identifica l'asterismo come il cetaceo che accompagnò il dio Bacco nel suo viaggio verso Naxos. È stato più volte citato il Dio del mare, Poseidone (Posidone), il romano Nettuno che fa bella mostra di sé da numerose fontane della Penisola.
Nel mito greco sia Urano quando morì che Gea, la Dea-Terra, fecero la profezia secondo la quale Saturno sarebbe stato deposto da uno dei suoi figli. Questi fu Giove, che guidò i suoi fratelli contro il loro padre Saturno, che sconfisse e allontanò per sempre.
Conclusa la battaglia, Giove coi suoi fratelli Nettuno e Plutone (Poseidone e Ade per i Greci) si accordò per decidere chi di loro dovesse governare il cielo, il mare e gli inferi. Nettuno scelse il regno del mare.
Nettuno è un'antica divinità pelagica, le cui origini si trovano fra gli antichi Greci; i cavalli erano sacri al dio che generò il cavallo alato Pegaso (costellazione dei cieli autunnali boreali). Aveva bianchi destrieri, che talvolta scorgiamo sulle spumeggianti creste delle onde.
Se il Dio del mare sfuggiva agi occhi degli umani fra le onde, non fu da meno la sua controparte celeste che fece dannare a lungo gli astronomi prima di essere scoperta.
Le perturbazioni riscontrate nell'orbita di Urano fecero sospettare agli astronomi la presenza di un altro pianeta la cui orbita fosse esterna a quella di Urano. Il primo a suggerire fu il reverendo T.J. Hussey, rettore all'università di Hayes, in una lettera che inviò all'astronomo reale George Bidell Airy il 17 novembre 1834. Hussey si era accorto di come la posizione di Urano fosse diversa rispetto a quella prevista. Così scattò la caccia all'ottavo pianeta che era già stato osservato (anche se non riconosciuto), in precedenza, da due celebri astronomi: Galileo Galilei e ed il francese Jospeph Lalande. L'astronomo fiorentino lo avrebbe osservato nel dicembre del 1612. Lo giudicò però una stella. Questo è emerso dalle ricerche effettuate dagli studiosi Drake e Kawal su appunti inediti di Galileo. E' invece documentata l'osservazione del francese Lalande che puntò il suo telescopio verso l'ottavo pianeta fra l'8 ed il 10 maggio del 1795. Anch'egli però lo scambiò per una stella.
Dopo la lettera di Hussey, iniziarono le ricerche del nuovo pianeta.
La prima posizione di Nettuno fu calcolata, nel 1845, da John Couch Adams che chiese di essere ricevuto da Airy. Questi però non lo ricevette e così la ricerca non prese il via.
Sempre nel 1845, si era messo sulle tracce del nuovo pianeta il francese Urbain Jean Joseph Le Verrier, i cui calcoli furono molto simili a quelli di Adams. La memoria di Le Verrier giunse ad Airy nel dicembre 1845. Il 9 luglio 1846 l'astronomo reale britannico diede l'incarico a James Challis di intraprendere la ricerca del nuovo pianeta, sulla base dei calcoli di Adams. La ricerca, effettuata con un telescopio di 30 centimetri, non ebbe successo, anche perché pare che l'incaricato avesse mostrato poco interesse nell'effettuarla.
La prima identificazione dell'ottavo pianeta avvenne, invece, il 23 settembre del 1846, da parte degli astronomi Johann Gottfried Galle e Heinrich Ludwig D'Arrest, dall'osservatorio di Berlino. I due astronomi utilizzarono, invece, i calcoli di Le Verrier. Proclamata la scoperta, si accese una piccola disputa fra gli scienziati inglesi quelli francesi. Challis, ricontrollando i proprie appunti, si rese conto di aver osservato Nettuno due volte prima che venisse scoperto dai due astronomi transalpini. La seconda osservazione era datata 2 agosto 1846, un mese e mezzo dunque prima della scoperta. In entrambe le occasioni, però, non lo aveva identificato. Il 3 ottobre del 1846 John Frederick William Herschel (figlio dello scopritore di Urano) annunciò pubblicamente l'esattezza dei calcoli di Adams. E oggi Adams viene considerato "scopritore matematico", al pari di Le Verrier, del pianeta Nettuno. Quest'ultimo nome fu dato all'ottavo pianeta, solo dopo che ne furono scartati altri due: Giano (suggerito da Galle), Oceano (suggerito da Challis). Il primo a suggerire Nettuno era stato, invece, Le Verrier.
Nettuno, al pari di Giove, Saturno e Urano, ha un proprio sistema di anelli: il primo a suggerirne la presenza fu l'astronomo dilettante inglese William Lassel nel 1846. La presenza del sistema di anelli non fu però confermata dalle osservazioni telescopiche successive. Lassel però scoprì, sempre nel 1846, Tritone, il primo satellite del pianeta. Il secondo Nereide, fu invece scoperto nel 1949 dall'astronomo olandese Gerard Kuiper nel 1949.
La presenza di un sistema di anelli attorno al pianeta, dedicato al dio greco del mare, fu definitivamente confermata dal passaggio, nel 1989, della sonda Voyager 2 nei pressi del pianeta.

Luigi Viazzo

Referenze bibliografiche del materiale utilizzato per il presente testo.

G. Cornelius - Leggere le Stelle - De Agostini 1998 (traduz. in italiano a cura di Luigi Viazzo)
L. Viazzo - I miti dello spazio siderale - Demetra 1998
L. Viazzo - Atlante della storia dell'Astronomia - Demetra 1999
L. Parravicini - L. Viazzo - I misteri dell'Universo - De Vecchi 2000
L'Astrofilo Lariano, trimestrale del Gruppo Astrofili Lariani di Como.

 

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