Archivio Attivo Arte Contemporanea
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L'Isola delle Sirene
mostra tematica
Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como - dal 2 al 22 febbraio 2002

 

Sirene
di: Michele Caldarelli

Le Sirene nuotano fra le pagine dei dizionari nel pelago della etimologia incerta, descritte, secondo la mitologia greco-romana, in forma di mostri dalla doppia natura, per metà donna e metà uccello o pesce, il cui canto affascinava i naviganti e provocava i naufragi. Definizioni ulteriori le indicano come donne allettatrici o incantevoli... attraenti.

La citazione letteraria più nota, quella di Omero nell'Odissea (XII 39 - 200), non la descrive fisicamente limitandosi allo specifico dell'incantamento canoro mentre, nel Fisiologo (il più antico bestiario che si conosca, composto fra il II e il IV secolo d.C.) la sirena compare fino all'ombelico in forma umana e, di lì in giù, d'oca. L'iconografia che vuole questo essere per metà pesce si diffonde e si radica nella tradizione a partire dall'VIII secolo con un altro bestiario, il Liber Monstrorum, benché testimonianze più antiche, alcuni reperti archeologici e accenni letterari, suffraghino la probabile coesistenza delle due versioni. Va detto che ala e pinna, in greco, sono tradotte dal medesimo vocabolo, pterüghion mentre in latino, pennis e pinnis differiscono per una sola vocale; si può ipotizzare perciò una confusione linguistica anche se più credibilmente sia teorizzabile una sovrapposizione simbolica del remigare aereo col movimento natatorio.
Ninfe, demoni o mostri, le sirene in modo del tutto ambiguo, come il loro aspetto, veicolano la fascinazione: ora della corporeità, ora della conoscenza intellettuale... Nel Fisiologo le sirene "...simili a muse cantano armoniosamente con le loro voci e i naviganti che passano di là quando odono il loro canto si gettano nel mare e periscono... ingannano i cuori dei semplici" incarnano tutta la negatività del vivere mondano. Nel Bestiario moralizzato di Gubbio (XII sec.) le sirene sono di tre tipi "...alcune hanno la voce come di suono di un'arpa o di una viola e altre cantano come un flauto o una tromba e altre come una vergine, così che i naviganti per la dolcezza del canto e la loro melodia si addormentano e sprofondano in mare...". Brunetto Latini nel Tesoro (XIII sec.) paragona le sirene a delle prostitute che traggono in trappola i viandanti riducendoli in povertà. Le sirene dell'Odissea per contro così cantano: "Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei,/ ferma la nave, la nostra voce a sentire./ Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera,/ se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce;/ poi pieno di gioia riparte, e conoscendo più cose./ Noi tutto sappiamo, quanto nell'ampia terra di Troia/ Argivi e Teucri patirono per volere dei numi;/ tutto sappiamo quello che avviene sulla terra nutrice". Verosimilmente come sottolineava Cicerone nel Dei confini del bene e del male ciò con cui le sirene potevano imprigionare un uomo come Ulisse era la conoscenza; esse rappresentavano le tre potenze dell'anima: memoria, intelligenza e volontà.

Comun denominatore a tutte le sirene, comunque, è la fascinazione sia essa condotta per tramite della parola e del canto o sia dell'avvenenza fisica, causa di perdizione e soggetto di riferimento per gli exempla medioevali ma non solo, poiché attraverso la favolistica letteraria e la tradizione popolare le sirene sono arrivate alle porte del XX secolo. Diversi film sono stati girati sull'argomento e si va da Splash - Una sirena a Manhattan alla riedizione disneyana della Sirenetta di Andersen. Numerosi sono stati anche i presunti reali avvistamenti di sirene, avvenuti fino al secolo scorso, epoca in cui il viaggiare per mare era ancora avventuroso e nella imagerie fantastica non era stato ancora soppiantato dalla navigazione interstellare. Nelle cronache di viaggio riportate sulla carta stampata se ne trova notizia con una certa dovizia descrittiva: sull'Aberdeen Cronicle del 20 aprile 1814 troviamo descritto addirittura, in compagnia di un esemplare femmina, un maschio di sirena con capelli corti e odulati di color grigioverde, piccoli occhi, naso schiacciato, bocca larga e braccia lunghe... sulla Shipping Gazette del 4 giugno 1857 si da notizia dell'avvistamento di una sirena dalla carnagione bruna e dal volto avvenente... e via dicendo. Ma cosa veramente curiosa è che di questi e altri avvistamenti, ho trovato informazione nel mare di Internet assieme a dotte disquisizioni sulla corporatura e la riproduzione delle sirene e dei tritoni, loro degni compagni di nuotate ipermediali.
Forse è nel mare della comunicazione che da sempre vivono le sirene, da quello della cultura greca individuabile nel bacino di scambio culturale mediterraneo, a quello della cultura dell'ottocento da ricercarsi lungo le rotte atlantiche, a quello attuale, appunto, che si perde nell'infinito della cybernautica, oppure, e facciamo un balzo a ritroso, nella imagerie artistica e letteraria. Incontriamo così nel secolo scorso, ad esempio, la Lorelei di Clemens Brentano (1801) poi ripresa da Heinrich Heine (1824), la Undine di La Motte-Fouqué pubblicato nel 1811 in Germania che si rifà alla leggenda francese di Melusina; navigando ulteriormente avanti e indietro nel tempo, ecco le immagini di Ulisse Aldrovandi o di Rubens, di Paul Delvaux e di Bocklin, di Klinger e Magritte...

...e non va dimenticato, da ultimo ma non per importanza, l'ampio uso della rappresentazione della sirena praticato dai trattati di alchimia. L'elemento mercurio, sostanza base per l'opera di trasmutazione alchemica, per la sua doppia natura, veniva opportunamente rappresentato da una sirena spesso munita di coda bifida.
Una rappresentazione simbolica che, si trova in forma di impresa disegnata o di bassorilievo anche come emblema gentilizio e, mutatis mutandis, nella decorazione di edifici di culto cristiano a rappresentare le insidie delle tentazioni della vita mondana.

Michele Caldarelli

Si ringraziano per la collaborazione e
per la gentile concessione di alcune immagini qui pubblicate:

La Biblioteca Comunale di Como e
Il Civico Museo Archeologico Paolo Giovio di Como

 

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