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Giampiero Reverberi
VIAGGI E ARREMBAGGI
racconti insoliti di navigazione fra le nuvole
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Che si parli di evasione dal quotidiano o di immersione nell'impegno professionale, il viaggio, nella sua accezione simbolica, è ormai per tutti mutato in surrogato della vera e unica avventura che realmente si possa sperimentare. Una avventura chiamata vita, che apparentemente ricomincia al farsi del mattino, ogni giorno, al ritmo del cuore, abbandonando i confini della notte, stemperando il sogno nella lucidità diurna. La meta è soprattutto luogo mentale e, ossimoro enigmatico, sta nel configurarsi del corpo, nel suo divenire rapportandosi al progetto della mente.
La follia frenetica e inconsulta del turista ad oltranza come l'impegno workaholic manageriale rivelano un esploratore-narciso che ogni tanto non torna, divenuto prigioniero di trasferimenti intermodali, tradito dalla sua stessa pianificazione di trasferimento, accurata quanto incurante dell'imprevisto. Eppure, il soggetto paradigmatico di queste considerazioni, rincorre sempre l'avventura, sia essa intesa come progetto diversivo quanto impegno di carriera. Svestita dell'etimologia che la categorizza come accidentale, risulta così una realtà necessitante, memoria di una volontà di scoperta che, con i luoghi e i viaggi reali, ha un rapporto marginale, di proiezione simbolica quanto con uno spot pubblicitario e, non è un caso se qualche storico della filibusta ha individuato nel pirata il prototipo manageriale contemporaneo.
Fra andata e ritorno, la meta del “viaggio avventuroso” è caratterizzata da una localizzazione imprecisabile, come luogo mentale; viaggio e meta si identificano fondendosi in una traslata alchimia psicofisica. Una sindrome di corporeità, perniciosamente mutata in culto della stessa, ci fa credere di poter sfuggire al ”peso” che ci affanna, sintomo del destino mortale, viaggiando magari in volo sfidando anche la forza di gravità. Ma, come si usa dire, bisognerebbe prendere il toro per le corna e, novelli eroi teseici, entrare nel labirinto del corpo poiché il vero “altrove” imperscrutabile che il mito insegna si colloca proprio là nel “palazzo delle viscere”. Gli aruspici ben ne conoscevano il carattere e, dalle circonvoluzioni o dalla struttura morfologica delle interiora sacrificali, predicevano il futuro ai postulanti. Conosciamo la qualità analogica di ogni magia divinatoria ma ciò non toglie valore al concetto centrale: il destino, che l'eroe ha da dipanare come il filo d'Arianna, sta nel configurasi del corpo, nel rapportarsi della mente al proprio contenitore del quale la materia bruta è matrice costituente.
In realtà si tratta di un eterno conflitto, irrisolvibile, come spiega ed enigmaticamente illustra per immagini figurate l'alchimia; gli estremi si confondono e il cacciatore può diventare preda.
Dal momento della nascita ognuno di noi si trova nel labirinto della propria condizione d'esistenza all'interno della quale il movimento costituisce per tutti progetto di sopravvivenza. Detto ciò si può intravedere meglio, vorrei ribadire il concetto, come il viaggio avventuroso, vissuto soggettivamente o come racconto, per interposta persona in ambito letterario o cinematografico, costituisca surrogato della vera e unica avventura data dalla vita. Ogni avventura di viaggio funge da esorcismo edulcorante dell'esistenza, temibilmente e irrevocabilmente volta alla morte; vi si sostituisce l'idea portante ed evocatrice del labirinto, sperimentando un viaggio-passaggio di ispirazione escatologica.
Laddove, eroi teseici, si vorrà penetrare il mistero e scendere fino in fondo al labirinto “signum contradictionis” come protagonisti dell'"arte di domandarci” starà la possibilità del capovolgimento dell'abisso. Si sa quanto sia difficoltoso il mantenimento delle giuste distanze dalla mente e dal corpo, come nella navigazione fra Scilla e Cariddi, e il fiorire delle religioni come della psicoterapia selvaggia ne sono sintomo e guida, talvolta e purtroppo plagianti. Detto ciò sarà bene per molti intraprendere una buona navigazione verso le “isole felici” attraverso la pratica dell'arte, mimesi eccellente ed espressione fondamentale della vita e della natura.
La danza, il canto e il teatro o ancora la pittura e la scultura possono farci riscoprire, sotto nuova veste, i valori delle antiche ritualità coreutiche o dell'esperienza alchemica, presunto pellegrinaggio, sicuramente vissuta unicamente fra le pareti domestiche anche dall'inquieto alchimista Nicolas Flamel; l'altrove del corpo è sempre qui e ovunque dentro di noi e l'avventura ricomincia ogni giorno al ritmo del cuore e del respiro.
Di viaggi e arrembaggi si popola dunque instancabilmente l'esperienza di tutti i giorni, facendo si che nella storia della navigazione e della pirateria si possa riflettere, e paradossalmente sublimare, l'essenza del quotidiano, facendoci divertire e sorridere delle mirabolanti avventure dei corsari, realtà storicamente complementari ai viaggi di esplorazione e non di rado contaminanti degli stessi, come testimoniano le imprese di conquista ed espansione territoriale di ogni tempo.
Le stesse nuvole, eternamente mutevoli, ne accompagnano e ne nutrono la trasformazione, il concatenarsi degli eventi, mentre, nelle pagine a seguire, testimoniano l'espressione artistica di Giampiero Reverberi, dando continuità all'esperienza di Come le Nuvole, un'avventura interdisciplinare avviata nel 2013 con un convegno in argomento.

Michele Caldarelli

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