Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'arte "Il Salotto" Via Carloni 5/c - 22100 Como Italia telefono 031/303670
mostra numero 732 – dal 3 aprile al 25 maggio 2004

 

Amilcare Rambelli

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Tra i pochi artisti italiani che, intorno al ‘60, si sono proposti, pur lungo strade diverse. l’esigenza di dedicarsi ad una scultura che sappia tradurre con il mezzo plastico non le convenzioni di un antropocentrismo di maniera, ma il multiforme essere delle cose, tra questi artisti un posto rilevante occupa certo ( anche per gli sviluppi che ha saputo dare alla sua ricerca, fino alle ultimissime opere) Amilcare Rambelli, che già al suo primo apparire ufficiale (nel 1962. in una "personale" non dimenticata) mostrò di riuscire a trattare la materia con singolare originalità: cioè senza comprimerla entro schemi fatti, ma anche senza cedere alle tentazioini dell’accentuazione espressionistica o dell’indugio edonistico: due pericoli, questi ultimi, che, si badi, erano allora - in un clima di epigonismo informale, quando alla rivolta "autre" si ripetevano con stanchezza e povertà solo gli esiti più marginali - non poco minacciosi. Fin dalle prime terrecotte, invece, Rambelli si segnalò per una plastica scabra, essenziale, condotta con energia, ma anche sempre "controllata": non però controllata per un intervento determinante dell’Autore, ma per l’affiorare di una misura naturale, consustanziale alla materia, dalla quale lo Scultore riusciva a farla emergere. Una misura, quindi, che non ha nulla a spartire" con astratti concetti di equilibrio e armonia: che, anzi, può coesistere con i fenomeni meno pacati: con il fendersi lento e l’allarmante slabbrarsi delle superfici, come ròse da un male inarrestabile, - nelle prime opere -, e poi con l’aggrovigliarsi turgido di sostanze organiche e con il loro spaccarsi, per cui, anche quando ciò viene proposto è l’uscire faticoso di fibre palpitanti da un tessuto rigido ed opaco, quando la crudezza degli strappi legittima il parlare di "piaghe", anche allora la sensazione è quella di assistere ad un evento naturale. L’unico segreto di questa "naturalezza" - che dà alle opere di Rambelli il loro tono fondamentale - che non è di desolazione e di morte come invece ad esempio in un Burri (lo ha giustamente ricordato Crispolti), ma che neppure, mi sembra, può essere inteso (come hanno fatto Kaisserlian e Crispolti) come un "esplosivo inno alla vita" - è insomma la capacità di registrare lo "spazio dell’immagine" (per usare la sigla di una mostra fortunata) di qui l’assenza di violenti scardinamenti, come di accomodanti elegie. Ed è soprattutto tale concezione dello spazio che unisce a quella degli anni passati l’ultima attività dell’artista. I protagonisti dei suoi lavori non sono più solo tessuti organici nè materiali colti in germinazioni elementari. Ad essi si sono aggiunti - non tuttavia sostituiti - espliciti richiami ad una tematica nuova: quella della macchina; e, in genere, si è assistito ad un passaggio dall’imprecisato al determinato, dal semplice al complesso. Un passaggio che ha coinvolto la struttura stessa delle sue creazioni, ora non più concluse in un unico nucleo - in cui erano precedentemente costretti e il lento divenire della materia e lo stesso contrastato opporsi di figure-, ma largamente dislocate nello spazio: uno spazio che però non è diventato scenografico, ma che continua a conservare, appunto, pur nell’esplicita volontà di "racconto" il suo carattere di "naturalità", essendo ancora determinato dalle cose e non sovrapposto ad esse (e, in questo senso, è esemplare, per la stessa vastità dell’impegno, la grande scultura preparata per il Padiglione Pozzi nella 44° Fiera di Milano). A questa più recente evoluzione, Rambelli è quindi giunto non per una rinuncia ai criteri fondamentali cui almeno dal ‘61 si ispira il suo lavoro, ma per uno sviluppo conseguente della sua ricerca, che lo ha portato all’insoddisfazione per un rapporto con la realtà sì indubbiamente diretto e "vero", ma anche ristretto dal suo stesso confinarsi ad un livello primario e quindi di necessità riduttivo. Il che è avvenuto - con particolare tempestività.

Luciano Caramel 1967

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