Archivio Attivo Arte Contemporanea
http://www.caldarelli.it
Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

Nani Tedeschi
Un Acquario Latino
indice | biografia | testi | opere | homepage del sito | storia della galleria

Ausonio
La Mosella, vv. 82-149
(traduzione di Luigi Picchi)

Tu mihi flumineis habitatrix Nais in oris
squamigeri gregis ede choros liquidoque sub alveo
dissere caeruleo fluitantes amne catervas.
Squameus herbosas capito inter lucet harenas
viscere praetenero, fartim congestus aristis,
nec duraturus post bina trihoria mensis;
purpureisque salar stellatus tergora guttis,
et nullo spinae nociturus acumine rhedo,
effugiensque oculos celeri levis umbra natatu.
Tuque per obliqui fauces vexate Saravi,
qua bis terna fremunt scopulosis ostia pilis,
cum defluxisti famae maioris in amnem,
liberior laxos exerces, barbe, natatus:
tu melior peiore aevo, tibi contigit omni
spirantum ex numero non inlaudata senectus.
Nec te puniceo rutilantem viscere, salmo,
transierim, latae cuius vaga verbera caudae
gurgite de medio summas referuntur in undas,
occultus placido cum proditur aequore pulsus.
Tu loricato squamosus pectore, frontem
lubricus et dubiae facturus fercula cenae,
tempora longarum fers incorrupte morarum,
praesignis maculis capitis, cui prodiga nutat
alvus opimatoque fluens abdomine venter.
Quaeque per Illyricum, per stagna binominis Histri,
spumarum indiciis caperis, mustela, natantum
in nostrum subvecta fretum, ne lata Mosellae
flumina tam celebri defraudarentur alumno.
Quis te naturae pinxit color! Atra superne
puncta notant tergum, qua lutea circuit iris,
lubrica caeruleus perducit tergora fucus :
corporis ad medium fartim pinguescis, at illinc
usque sub extremam squalet cutis arida caudam.
Nec te, delicias mensarum, perca, silebo,
amnigenos inter pisces dignande marinis,
solus puniceis facilis contendere mullis:
nam neque gustus iners, solidoque in corpore partes
segmentis coeunt, sed dissociantur aristis.
Hic etiam Latio risus praenomine, cultor
stagnorum, querulis vis infestissima ranis,
lucius, obscuras ulva caenoque lacunas
obsidet. Hic nullos mensarum lectus ad usus
fervet fumosis olido nidore popinis.
Quis non et virides, vulgi solacia, tincas
norit et alburnos, praedam puerilibus hamis,
stridentesque focis, obsonia plebis, alausas,
teque inter species geminas neutrumque et utrumque,
qui nec dum salmo nec iam salar, ambiguusque
amborum medio, sario, intercepte sub aevo?
Tu quoque flumineas inter memorande cohortes,
gobio, non geminis maior sine pollice palmis,
praepinguis, teres, ovipara congestior alvo,
propexique iubas imitatus, gobio, barbi.
Nunc, pecus aequoreum, celebrabere, magne silure,
quem velut Actaeo perductum tergora olivo
amnicolam delphina reor: sic per freta magnum
laberis et longi vix corporis agmina solvis
aut brevibus defensa vadis aut fluminis ulvis.
At cum tranquillos moliris in amne meatus,
te virides ripae, te caerulea turba natantum,
te liquidae mirantur aquae: diffunditur alveo
aestus et extremi procurrunt margine fluctus.
Talis Atlantiaco quondam balaena profundo
cum vento motuve suo telluris ad oras
pellitur, exclusum fundit mare, magnaque surgunt
aequora vicinique timent decrescere montes.
Hic tamen, hic nostrae mitis balaena Mosellae
exitio procul est magnusque honor additus amni.
 

E tu, Naiade, signora delle rive del fiume, elencami
le varie tribù di questo popolo coperto di squame ed enumerami
le torme di pesci che formicolano nel limpido alveo di questo
fiume ceruleo! Tra le erbe del fondo sabbioso luccica il capitone
con le sue belle squame, di carne tenera piena di lische fitte
e che bisogna aspettare più di sei ore per servirlo in tavola.
Poi c’è la trota dal dorso maculato di rosso e la lasca con le sue
spine innocue e timida agli sguardi, guizzante ombra dal nuoto
agile. E tu, o barbo, sballottato dalle correnti del Saar serpeggiante,
in quel punto dove le sue sei bocche rimbombano tra i pilastri
di un ponte dopo essere entrato in un fiume più illustre,
ti senti più libero di nuotare. Invecchiando sei più buono
da gustare e puoi veramente dire che la tua vecchiaia,
unico tra i viventi, è un privilegio. E come tacere te, salmone?
La tua carne ha uno splendore purpureo e la tua larga coda
fa ben sentire i suoi colpi dal fondo alla superficie, quando
il tuo battito impercettibile increspa le calme acque. Il petto
corazzato di squame, la fronte liscia, in tavola sei una bella
tentazione e anche tu sai sopportare il ritardo di una lunga
attesa. Le tue macchie sulla testa e il tuo fianco largo ti
rendono inconfondibile. Tu, lampreda, tradita dalla schiuma,
già famosa in Illiria e nel Danubio dal duplice nome, sei
arrivata persino nel nostro fiume perché nemmeno la grande
Mosella non sia priva di un ospite tanto illustre. Di che colore
ti ha dipinto la natura! Il tuo dorso, orlato da un semicerchio
arancione, è punteggiato di nero e la tua pelle liscia è azzurrina.
Sei grassa fino a metà del tuo corpo, poi fino alla punta estrema
della coda sei coperta di pelle secca. Nemmeno di te tacerò,
pesce persico, gioia delle mense, tu, paragonabile, tra tutti
i pesci d’acqua dolce, a quelli di mare, sei l’unico capace
di competere con le triglie purpuree. Hai un buon sapore
e nel tuo corpo solido tutte le parti sono unite a segmenti,
separate, tuttavia da lische. E ora tocca al luccio, chiamato
per scherzo con un soprannome  “l’abitante degli stagni”,
implacabile nemico delle lagnose rane, abile a nascondersi
nelle cavità piene di fango e mucillaggine. Questo pesce,
non ambito dalle mense, a causa delle proprie esalazioni
va bene per le bettole tetre di fumi. Chi non conosce
le verdi tinche, le preferite dal popolino, e gli alburni,
prede degli ami dei ragazzini e quel cibo da plebe che
sono le alose (come sfrigolano sui focolari!)? E chi
non conosce te, trota salmonata, che ambigua ti muovi
tra due specie, un po’ trota un po’ salmone e che sei
catturata in un’età intermedia tra quella dei due pesci?
Anche tu, ghiozzo, sarai ricordato in questa rassegna, tu
non più grande delle due palme esclusi i pollici, sei
proprio grasso, tondo e ancor più lo sei quando sei
gravido di uova e i tuoi barbigli sembrano quelli
che penzolano dalla bocca del barbo. E adesso tocca
a te, storione, un vero macho, creatura del mare (è
come se l’olio ateniese t’avesse unto il dorso), mi
sembri un delfino di fiume, tanto è maestoso il tuo
scivolare tra le onde e tale è lo sforzo con cui spingi
il tuo lungo corpo quando piccoli bassifondi o erbe
fluviali ti nascondono. Ma se avanzi tra le acque
calme, allora sei la star delle rive verdeggianti e
dell’azzurra stirpe dei pesci di queste limpide acque.
Capita talora che nel vasto e oscuro Atlantico,
un cetaceo, sospinto dal vento o dalla sua stessa
forza verso la costa, faccia straripare le acque
del mare e, sollevando grossi cavalloni, intimidisca
i monti limitrofi che si sentono meno alti. La mite
balena della nostra Mosella non solo è innocua,
ma è un altro vanto del fiume.
 

indice | biografia | testi | opere | homepage del sito | storia della galleria


Il Copyright © relativo ai testi e alle immagini appartiene ai relativi autori per informazioni scrivete a
miccal@caldarelli.it