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Abbagli Cosmici

Un Vulcano di idee

Grande interesse e dibattiti suscitò in passato la presunta esistenza di Vulcano, un pianeta che avrebbe presentato un'orbita compresa fra Mercurio e il Sole.
La denominazione di questo ipotetico pianeta era sicuramente appropriato per un corpo celeste a stretto contatto con i bagliori solari. Vulcano era il nome romano della divinità greca Efesto, figlio della coppia reale dell'Olimpo - Giove e Giunone - nonché fabbro degli dei per i quali forgiava le armi nella sua fucina dove si registravano temperature altissime.
Il "caso Vulcano" rappresentò fra la metà dell'ottocento e l'inizio del XX secolo un vero e proprio giallo a sfondo cosmologico.
Il matematico francese Urbain-Jean-Joseph Le Verrier iniziò a studiare le particolarità presentate dell'orbita di Mercurio. L'annuncio ufficiale dell'esistenza di questo piccolo pianeta fu dato nel 1859.
Le Verrier era sicuramente molto esperto in materia di perturbazioni orbitali. Era infatti passato alla storia per aver scoperto nel 1843 con il calcolo matematico l'esistenza del pianeta Nettuno studiando proprio le perturbazioni orbitali di Urano che, a sua volta, era stato individuato nel 1781 dopo che gli astronomi erano stati insospettiti dalle "stranezze" individuate nel moto celeste di Saturno, il più lontano fra i pianeti dell'"era antica".
La presunta distanza media dal Sole di Vulcano sarebbe stata di 14 milioni di chilometri - contro i 58 milioni circa di Mercurio - mentre il suo diametro sarebbe stato di 800 chilometri - che nel caso di Mercurio è poco meno di 5000 km.
Dopo la scoperta matematica prese il via la caccia visuale di Vulcano. Alcuni astronomi e astrofili affermarono di averlo osservato ma nessuna prova convincente seguì alle loro affermazioni.
Oggi sappiamo che le perturbazioni orbitali di Mercurio sono da ricollegare alla curvatura dello spazio provocata dal Sole con la sua enorme massa, pari a 2x10 elevato a 27 e che è pari al 99% della massa totale del Sistema Solare. Questo fenomeno causa le irregolarità nell'orbita di Mercurio che presenta un periodo di rivoluzione introno al Sole di 88 giorni, mentre ruota su sé stesso in 58 giorni e mezzo.

Quando la montagna partorisce il topolino

Plutone (o Ade per i Greci) era, per gli antichi Romani, il dio degli Inferi, il regno dei morti, che immaginavano situato in vaste zone sotterranee. Il regno di Plutone era circondato da un grande fiume, l'Acheronte, attraverso il quale venivano traghettate le anime dei defunti dal terribile Caronte.
Plutone rappresenta sicuramente il pianeta più misterioso del nostro Sistema Solare per tutta una serie di motivi. Già i suoi dati della sua "carta d'identità" fanno sorgere numerose domande. Il suo periodo di rivoluzione intorno al Sole è di 247.7 anni, cioè 90.465 giorni, mentre la sua distanza media dal Sole è di 5.900 milioni di chilometri, pari a 39.44 unità astronomiche (UA). L'unità astronomica è la distanza media della Terra dal Sole, ovvero 149 milioni e 597 mila chilometri. La sua distanza massima è invece di 7.375 milioni di Km (49.19 UA), mentre la minima risulta di 4.425 milioni di Km (29.58 UA). A quella distanza il diametro apparente del Sole è di soli 49". Plutone, non ha potuto essere visitato, nel corso degli anni '80 dalle sonde Voyager 1 e 2, che ci hanno svelato i segreti del Sistema Solare esterno. Poiché il "dio" degli inferi non "partecipò" al grande allineamento dei pianeti esterni, è così rimasto avvolto nel suo alone di mistero anche se le immagini che ci ha inviato il telescopio spaziale Hubble hanno rivelato, inoltre, che possiede due calotte polari ed una zona equatoriale ricoperta di ghiaccio - la temperatura superficiale del pianeta si aggira intorno ai -230° - sul quale si notano macchie scure che potrebbero denotare la presenza di idrocarburi gelati, probabilmente metano; inoltre, dalle "istantanee" di Hubble sembra emergere la presenza di valli e crateri. Plutone presenta inoltre veri e propri cicli stagionali. Il "calore" che si sviluppa al perielio - punto della sua orbita più vicino al Sole - fa sublimare il ghiaccio della superficie, dando vita ad una tenue atmosfera nebbiosa che, quando Plutone si allontana in direzione dell'afelio - che è invece il punto dell'orbita più distante dalla nostra "stella del giorno", si disperde nello spazio o si "deposita" sulla superficie.
Il mancato allineamento di Plutone con gli altri pianeti esterni - che ha impedito l'incontro ravvicinato con le sonde Voyager - non è però casuale, poiché questo corpo celeste occupa un'orbita cosiddetta risonante con Nettuno che mantiene i due corpi celesti sempre molto distanti l'uno dall'altro. Questa situazione, tra l'altro, salvaguarda il pianeta da una sua possibile "espulsione" dal Sistema Solare, provocata dalla potente spinta che proverrebbe da Nettuno stesso che è grande quasi venti volte Plutone stesso e fa sì inoltre che l'orbita di Plutone intersechi quella di Nettuno. In certi periodi sarà quindi Nettuno il pianeta più esterno del Sistema Solare. Un altro dato interessante Plutone riguarda la forte eccentricità della sua orbita, pari a 17°.2 rispetto all'eclittica - il piano sul quale orbitano tutti i corpi del Sistema Solare - e ciò rende ancora più difficile raggiungerlo.
Ma anche la storia della sua scoperta presenta numerosi aspetti misteriosi.
La prima ricerca accertata di un pianeta "transnettuniano" fu effettuata nel 1877 da David Peck Todd, astronomo dell'Osservatorio Navale degli Stati Uniti, che aveva notato alcune perturbazioni nell'orbita di Nettuno. Sulla base dei suoi calcoli, Todd dedusse la probabile presenza di un pianeta di circa 80.000 km di diametro lontano 52 UA dal Sole.
Todd iniziò così una campagna osservativa con un telescopio riflettore di 66 centimetri dell'osservatorio e compì 30 osservazioni, fra il 3 novembre 1877 ed il 5 marzo 1878, senza però raggiungere il risultato sperato.
Altri astronomi si impegnarono in questa ricerca tra cui il francese Camille Flammarion - autore di uno dei più conosciuti libri di astronomia della storia - e lo statunitense Percival Lovell, il quale iniziò le ricerche fotografiche fra il 1905 e il 1907. La massa del pianeta, a suo parere, avrebbe dovuto essere sette volte quella terrestre, il periodo di rivoluzione pari a 282 anni e l'orbita fortemente eccentrica rispetto all'eclittica. Anche le sue ricerche furono, però, vane. Nel 1929 cominciarono le osservazione di Clyde Tombaugh, scelto dall'astronomo Slipher, che aveva preso il posto dello scomparso Lovell. Tombaugh, con un rifrattore di 33 centimetri, iniziò a scattare pose fotografiche ogni due ore, per notare l'eventuale presenza di un oggetto fra le stelle fisse. La sua costanza venne premiata e così l'anno successivo il nuovo pianeta apparve e venne riconosciuto (questa volta) su due lastre impressionate il 23 ed il 29 gennaio del 1930, nella costellazione zodiacale dei Gemelli, nei pressi della stella d (delta). Il pianeta venne chiamato Plutone anche perché P ed L erano le iniziali del nome e del cognome di Percivall Lovell, la cui opera Tombaugh volle, generosamente, ricordare.
Caronte, il suo satellite fu invece scoperto nel 1978 e ribattezzato con il nome del traghettatore infernale. Il telescopio spaziale Hubble ci ha mostrato come la sua superficie sia ricoperta di ghiaccio in una percentuale inferiore rispetto a Plutone. La differente riflessione della luce da parte di Caronte ha condotto gli astronomi a questa conclusione.
Plutone e Caronte danno vita ad una sorta di sistema molto particolare, quasi un sistema doppio.
Il suo diametro di Plutone è di 2.300 chilometri - 1.000 km in meno rispetto alla Luna - mentre quello di Caronte è di 1.120. I due corpi, tra l'altro, hanno un periodo di rotazione sincrono, ossia uguale, di 6 giorni, 9 ore e 17 minuti, quindi si rivolgono sempre la stessa "faccia".
I due corpi, inoltre, sono separati da soli 17.000 chilometri. La distanza media fra Terra e Luna è ad esempio di 376.294 chilometri.
Ma la stessa definizione di Plutone come pianeta ha recentemente suscitato dibattiti e polemiche.
Troppe sembrerebbero le particolarità di questo corpo ghiacciato.
Già la sua natura rocciosa, pur trovandosi nel Sistema Solare esterno "dominato" dai pianeti gassosi, fa sorgere più di un dubbio sull'identità di Plutone. Taluni studiosi hanno quindi fatto rientrare questo corpo celeste nella categoria delle comete fredde o planetoidi ghiacciati presenti nella "vicina" fascia di Kuiper (vedi oltre). Tuttavia, nonostante le sue dimensione da "nano ghiacciato", Plutone sembra troppo grande e presentare una conformazione troppo sferica per essere classificato come una "cometa fredda", la cui forma richiama invece quella di un "tubero". Quest'ultimo particolare sembrerebbe escludere anche che Plutone possa essere un asteroide finito nella zona più periferica del nostro sistema stellare. In passato qualche scienziato suggerì che Plutone fosse in realtà un satellite di Nettuno, staccatosi dal pianeta "madre". Sempre a Nettuno, fa riferimento la teoria secondo la quale Plutone stesso apparterrebbe ad una classe di oggetti ghiacciati, che si aggregarono nella prima fase di formazione del Sistema Solare e di cui sarebbe uno dei due sopravvissuti insieme a Tritone, uno dei satelliti di Nettuno.

Testo tratto dal libro "I Misteri dell'Universo", di Luca Parravicini e Luigi Viazzo, De Vecchi Editore 2000.

 

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