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Arquitecturas y Ornamentos Baroccos
Los Rabaglio y el arte
cortesano del siglo
XVIII en Madrid

AA.VV.
Ed. Real Academia de Bellas Artes
de San Fernando 1997
250 pp. 16 x 24 cm.
testo spagnolo/italiano ill. b/n e col.

Pubblicato in occasione della mostra dedicata ai Rabaglio e all’arte cortigiana del XVIII secolo a Madrid - presentata alla Reale Accademia di Belle Arti di Madrid (novembre 97-gennaio 98) e successivamente in Ticino alla Pinacoteca Züst di Rancate (maggio-giugno 1998) - il volume tratta la plurisecolare tradizione della emigrazione artistica che dai tempi delle botteghe itineranti, in cui avveniva il tirocinio delle giovani maestranze, si concluderà alla fine del ‘700 con l’avvento delle Accademie e di tutti i nuovi luoghi istituzionali per la formazione di tecnici da ridistribuire sul territorio. I fratelli Rabaglio, Virgilio (1711-1800) architetto e Pietro ( 1721-1799) stuccatore, dalla originaria Gandria, presero per la Spagna, seguendo un percorso diverso da quello consueto dei migranti delle terre dei laghi. La loro presenza in Spagna è legata alla richiesta di maestranze italiane atte a garantire quello "stile italiano" che la dinastia dei Borboni, insediatasi sul trono spagnolo, voleva dare al regno. Vigilio figura già nel 1737 tra gli architetti responsabili nella riedificazione del Palazzo Reale, progettato da Giovan Battista Sacchetti, "erede" di Filippo Juvarra, morto un anno dopo la sua chiamata in Spagna. Godendo della protezione della regina Elisabetta Farnese e dell’Infante Cardinale Luigi di Borbone, lavorò anche al Buen Retiro, al palazzo di Riofrio e alla chiesa San Justo e Pastor. Pietro, stuccatore, avrà un ruolo secondario, sempre all’ombra del fratello che era uomo di grande talento, ma anche dalle ambizioni smisurate e da un pessimo carattere che gli procurarono non pochi fastidi sia in famiglia che a corte. I fratelli Rabaglio lasciarono la Spagna nel 1760 allorché il re Carlo III, imponendo una nuova corte e una nuova moda, mise fine all’ancien régime e ai privilegi delle maestranze straniere. Dopo il loro rientro a Gandria e per quarant’anni i Rabaglio concentrarono la loro attività, con determinatezza e ostinazione, soprattutto da parte di Virgilio, nella conquista di una posizione sociale per la famiglia. E’ in quest’ottica che va vista la ristrutturazione della casa paterna, le sovvenzioni in denaro al comune e l’abbellimento della chiesa, l’attività di benefattori, la politica matrimoniale, le scelte educative per i figli, il controllo sulle sorelle, tanto da pretendere di escluderle dall’eredità, le liti per la gestione della cassa comune, persino uno richiesta di Pietro al vescovo di Como di scomunica per il fratello "che gli sottraeva il denaro..." Non certo esempi di virtù, ma della mentalità di un’epoca, del forte legame con il paese d’origine, di partecipazione alla vita del paese stesso esemplificato nel prestito in denaro e di collaborazione all’abbellimento del suo edificio più simbolico, la chiesa, come una devoluzione alla comunità di parte dei beni accumulati all’estero.

Tratto da "A Rancate due maestri giramondo" di Rosabianca Mascetti pubblicato da "Il Corriere" Como
il 21 giugno 1998


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