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Rolando Mignani
Tra segno e simbolo

Museo d'Arte Contemporanea
di Villa Croce
Genova 2010 - 2011

a cura di
Sandro Ricaldone
in collaborazione con
Giorgia Barzetti

De Ferrari2010
152 pp. 20,5 x 28 cm
71 ill b/n e col.
lingua: italiano
ISBN 978-88-6405-209-0

Sulla scia di una sorta di deriva “situazionista” il museo di Villa Croce presenta in rapida sequenza temporale, dopo il lavoro di Giuliano Galletta, quello di un altro artista genovese, di lui più vecchio di quasi 20 anni, ma a lui assai vicino quando sul finire degli anni ‘70 insieme sperimentarono la definitiva uscita dal quadro e insieme praticarono la performance, modalità espressiva particolarmente amara dagli artisti genovesi, provocatoriamente e programmaticamente prediletta proprio allo scadere del decennio che segna invece tra Citazionismo e Transavanguardia un nuovo rappel è l’ordre della pittura!

Ma se per Galletta l’esperienza della Poesia visiva è solo un imprinring di partenza da cui sviluppare una sua particolare variante di Narrative Art, l’esperienza artistica di Rolando Mignani si inscrive e si compie interamente nell’ambito delle ricerche verbo-visuali ben oltre la “scadenza” naturale di questo movimento, con una fedeltà a se stesso e agli strumenti privilegiati del suo comunicare, in verità non inconsueta agli artisti genovesi in genere piuttosto impermeabili alla suggestione delle nuove mode, abituati ad operare in una situazione tutto sommato marginale rispetto al grande sistema dell’arte , nel bene come nel male “indipendente e autonoma”, altri potrebbero dire autoreferenziale.

Nonostante le sue origini operaie, o forse proprio per questo, Mignani rifiuta la variante più immediaramenre contenutistica della Poesia tecnologica che, come nel genovese Gruppo Studio, affida un messaggio di forte critica politica e sociale al ribaltamento degli schemi della comunicazione di massa.

La critica - mi sembra - si è sino ad ora per lo più limitata a sottolineare la complessità e la difficile decodifica dei contenuti e dei significati del suo lavoro ed è dunque affidato a questa mostra di Villa Croce (e al catalogo che l’accompagna) il compito di tentare una prima completa lettura critica del lavoro di Mignani. Giusto obbiettivo per un museo che ha dedicato alla Poesia visiva e ai suoi protagonisti molte iniziative e che conserva nelle sue collezioni un’importante documentazione di opere.

La generosa disponibilità degli eredi e dei collezionistì privati che mettono a disposizione un significarivo nucleo di opere inedite, la collaborazione tra il curatore Sandro Ricaldone e l’Università di Genova, che ha provveduto alla catalogazione dell’archivio personale dell’artista, gli stessi numerosi testi cririci presenti in questo catalogo, mi inducono a un ragionevole ottimismo.

Personalmente come innamorato e curioso dei linguaggi del contemporaneo non posso sottrarmi alla magia alchemica di un artista che trasforma “scarti” di materialì e di oggetri in affascinanti disseminazioni di segni e di colore o in curiose macchine celibi.

Come scrive Daniela Palazzoli in un suo testo del 1973 “I mareriali di cui Mignani opera la trasformazione sono i materiali più vili: sono i residui della civiltà dei consumi abbandonati sui litorali di quest’ultima spiaggia delle illusioni di una felicità ottenuta una volta per tutte, Come egli stesso dice di sé: è un buon lettore di materiali cattivi. Egli coglie questi materiali come occasioni da strappare non all’anonimità bensì alla connivenza col mondo dello sfruttamento e della merce”.


introduzione alla mostra di
Andrea Ranieri

Assessore alla Promozione della Città e ai Progetti Culturali


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