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Alberto Magnelli
retrospettiva

a cura di:
Daniel Abadie
Dominique Stella
testi di:
Dominique Stella
Luciano Caramel
Galleria Gruppo Credito
Valtellinese
Milano 2001
103 pp . 21x28 cm
ill b/n e col.
lingua: italiano

Da diversi anni mancava in Italia una rassegna esauriente dell'opera del maestro fiorentino Alberto Magnelli (Firenze 1888-Meudon 1971) cui il Gruppo del Credito Valtellinese ha dedicato un'ampia retrospettiva suddividendola, in contemporanea (23 novembre 2001-6 gennaio 2002) nelle due sedi di Milano, Refettorio delle Stelline, e di Sondrio, Palazzo Sertoli. La mostra, a cura di Daniel Abadie e Dominique Stella, era strutturata in due sezioni riguardanti altrettanti periodi storici dell'opera di Magnelli: rispettivamente, a Milano, quello dal 1913 al 1934 e a Sondrio, dal 1937 al 1959. L'occasione ha fornito ad un più ampio pubblico l'opportunità di visionare i molteplici aspetti della personalità di questo grande artista italiano, ma di spirito europeo, sia per la sua vicenda personale che per le relazioni che seppe stabilire con l'ambiente artistico internazionale del suo tempo. Alberto Magnelli fu artista dotato di forte personalità, assai difficile da cogliere, e di un carattere indipendente, molto individualista che gli permise di contraddistinguersi, di restare creativamente autonomo, pur appartenendo a quella cerchia di artisti che fecero la storia dell'arte moderna. Con la stessa determinazione e volontà, sebbene avesse fatto della Francia la sua seconda patria, rimase sempre legato alle proprie origini, a quel suo essere orgogliosamente "pittore fiorentino", tanto da farlo incidere sulla sua lapide al cimitero di Meudon. La sezione della mostra nella sede di Milano ha puntato principalmente l'attenzione sul periodo "italiano" di Magnelli, cioè fino alla metà degli anni Trenta. in cui trovò ispirazione nell'universalità della cultura fiorentina, nella classicità, con uno sguardo al futurismo, al cubismo, ai fauves, senza però esserne mai coinvolto direttamente. Allorché dopo un periodo di incertezza, nel 1934, non sopportando il clima politico che si era creato in Italia, decise di stabilirsi definitivamente in Francia, così, come la vita, anche la sua arte subì un profondo cambiamento di rinuncia alla rappresentazione a vantaggio di una astrazione totale. Nacquero così le Pierres (pietre), serie di opere in cui Magnelli concepisce dei blocchi monolitici, duri, lisci, talvolta grezzi che - come sostiene Dominique Stella nel suo intervento in catalogo - "si ergono come mute figure di fronte alla storia impietosa che lo costringe all'esilio. Sono come gli elementi sparsi di un mondo che si è spezzato, grandi blocchi spaccati di pezzi di una società che si sgretola e si smembra. Ma sono ugualmente terribilmente umani e costituiscono un universo gelato e disincantato. […] Le Pierres sono gli elementi del suo lavoro che gli serviranno da punti di appoggio per costruire le successive tappe del suo percorso". Il problema dei rapporti di Magnelli con la tradizione e l'arte italiana, da una parte, e la Francia, dall'altra, sembra essere in realtà un falso problema, come ha sottolineato in catalogo il critico Luciano Caramel puntualizzando come: "Magnelli sia sempre stato - nella sua identità di pittore - insieme italiano e francese, sia pur, lungo gli anni, in modi diversi, e non solo quantitativamente. Se le radici sono fiorentine, la pianta, da quando cominciò a maturare, s'è nutrita di linfe anche transalpine. Fino, tra i finali anni Quaranta e i primi Cinquanta, ad un'unità indivisibile, ma non unidimensionale, delle due culture, con esiti che, proprio anche per tale fertile osmosi, sono tra i maggiori dell'arte astratta europea del Novecento". (R.M.C.)

 


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