Stanley Tomshinsky


Stanley Tomshinky
"Spiraling" 1990
immagine computer


Stanley Tomshinsky nasce a New York nel 1935. Conclusi gli studi universitari si trasferisce in Europa nel 1959 fermandosi prima a Parigi e poi definitivamente a Milano dove attualmente vive e lavora.
Nel corso degli anni la sua indagine artistica si è incentrata prima sulla ricerca di strutture lineari realizzate tridimensionalmente con medium grafici poi su dipinti concettualizzati dal movimento di energie, in graduale transizione fra grafica e pittura tra concettuale a metafisico, per approfondirsi nella computer grafica originata da immagini realizzate al video.
Espone dal 1961 con una costante presenza con personali e partecipazioni a rassegne e manifestazioni di settore in Italia ed all'estero.

STANLEY TOMSHINSKY
di Michele Caldarelli

Se da un lato la visione razionale del mondo può risultare riduttiva, dall'altro, spinta ai confini delle proprie ipotesi, pare perdere la solidità della propria coerenza interna concedendo spazio al "possibile" più che al dimostrabile. Così accade che paia del tutto ragionevole che un "battito d'ali di farfalla" possa ingenerare tempeste, innescando una reazione a catena che, a distanza di tempo e luogo, amplifichi impercettibili fluttuazioni mutando su vasta scala le condizioni atmosferiche. Così si ipotizza, al limite del paradosso, all'interno delle teorie "caotiche": il caos, contrapposto concettualmente all'idea di disordine assoluta, muta in ordine ad elevato coefficiente di complessità, presupposto fondamentale alla lettura dei fenomeni evolutivi in natura e immagine paradigmatica della vita se non dell'intelligenza. Ordine e disordine, nell'altalenare entropico fra dissipazione e concentrazione di energia, partecipano di una causalità globale di vago sapore metafisico ma che ormai pervade anche le considerazioni più razionalizzanti. Per Tomshinsky il riferirsi a queste problematiche ha influenzato non solo la sua produzione artistica ma lo stile di vita; della "necessità del caso" indagata in modo consequenziale e grande assiduità ne ha assunto il modello come immagine del mondo e regola degli eventi. Lungo la linea del destino, Tomshinky tenta una mimesi assoluta, rivolta alla natura come accettazione degli eventi e contemporaneo studio degli stessi con una meticolosità e pervicacia sorprendenti per la libertà di pensiero che li accompagna. Costruendo il proprio bagaglio culturale ha avvicinato il pensiero Zen attraverso lo studio approfondito del "Libro dei Mutamenti" e maturando un tipo di pensiero che, più recentemente, gli è valso un quasi obbligato avvicinamento alle leggi informatiche. Utilizzandone i mezzi e gli strumenti espressivi, computer e algoritmi applicativi, si è addentrato nel mondo della virtualità elettronica utilizzando mouse e tastiera con la stessa naturalezza con cui continua comunque ad impugnare il pennello: Quando ho comprato un pacchetto di argilla sintetica in un negozio di Rue de la Seine a Parigi nel 1960, non avevo nessuna idea di come questo avrebbe cambiato la mia vita... il caso, fondante per la vita di tutti, lo è stato anche per Tomshinsky ma, come per pochi, con una marcia in più: la costante coscienza della sua forza e imprescindibilità. Tomshinsky lo ha sempre assecondato, cum grano salis, facendone oggetto della propria arte, arte dell'osservazione. Con l'occhio della mente, attento al fluire della vita come quello del corso di un fiume, le cui acque mutevoli ad ogni istante ne costituiscono la fisionomia, nell'alveo della perennità, in un viaggio pittoresco e affascinante.

ON THE WAY
di Stanley Tomshinsky

Quando, nel 1960, ho comprato un pacchetto di argilla sintetica in un negozietto di rue de Seine a Parigi, non avevo la minima idea di come questo avrebbe cambiato la mia vita.
Dopo due settimane, una sera nella mia piccolissima camera, modellai l'argilla per qualche minuto e capii che mi trovavo ormai sulla strada dell'arte e non avrei potuto far altro nella mia vita. Nei sei mesi successivi feci tanti ritratti in argilla e numerosi disegni. Comprai del filo di rame da usare come sostegno interno per un grande modello: mentre piegavo il filo vidi come quella che era cominciata come una struttura interna era già un progetto finito. Sentii di essere andato sotto la superficie delle cose. Negli anni seguenti i fili acquistarono spessore con raggiunta di rame e ottone saldati ad essi le forme oscillarono tra l'astratto e il surreale, toccando il totemismo.
Nel 1969, dopo un attacco di epatite, mi trovai privo dell'energia necessaria per continuare con la scultura. Per sei mesi dedicai tutto il mio tempo al disegno e all'acquarello, poi mi dissi "mettiamoli sulla tela" e per i successivi dieci anni dipinsi cercando, con lo stesso spirito che aveva improntato le mie sculture, la struttura e il movimento delle cose.
Nel 1980 sentii che era tempo di immergersi completamente nel colore e di passare dal concettuale al metaforico, dal grafico al pittorico. La pennellata passò dall'"hard-edge" all'espressionista o, usando una terminologia scientifica, dal classico al quantum. I soggetti erano sogni di paesaggi, figure e movimenti che volevano stimolare nello spettatore l'idea di guardare al quadro in modo immaginativo, con gli occhi della mente.
I diversi momenti di radicale cambiamento nell'evoluzione della mia ricerca sembrano tutti coincidere con la frase "Quando ho... ciò avrebbe cambiato la mia vita". Uno di questi è stato nella primavera del 1989. Un mio vicino di casa, studente del liceo scientifico, mi ha fatto vedere un programma di disegno sul suo computer. In quel momento ho capito che il computer sarebbe stato un mezzo eccellente per realizzare le mie opere grafiche.
Tre mesi dopo, ero installato nel mio studio con computer, mouse e tutto quello che serviva per realizzare le mie immagini tante immagini, gran parte delle quali sono stampate su carta con una stampante a getto d'inchiostro. Da questo lavoro è nato poi un video con immagini (figure) in movimento e accompagnamento musicale di Angelo Riccardi, chiamato Voyage. Il contenuto di questa esperienza grafica rispecchia un po' tutta la mia evoluzione visiva e ha dato un nuovo impulso alla mia produzione artistica con pennelli e colori.
Qualcuno ha detto "nessun computer è un'isola", così nell'autunno del 1994 ho comprato un modem e mi sono collegato con Internet. L'immagine è uno strumento di comunicazione ed ogni artista sente il bisogno di comunicare. Internet è diventato un mezzo per portare le immagini sotto gli occhi di molte persone. Ad esempio, se potete collegarvi, venite a vedere la mia mostra in: http://www.tomshinsky.com
Al prezzo di una telefonata locale, da dovunque si chiami, è possibile collegarsi con una banca dati di Milano, o di qualsiasi altra città, e vedere le mostre o i cataloghi di tutte le gallerie, i musei e le biblioteche del cyberspazio. Dal tubo di colore al tubo catodico.
Adesso, nel 1996, guardando al passato è facile vedere il percorso che ho tracciato. Io però non so cosa farò tra cinque minuti, così come quando inizio un dipinto o un disegno non so come sarà quando l'avrò terminato.
Le motivazioni del mio lavoro risiedono nel mio inconscio e solo ad un certo punto comincio a vedere la via da seguire e dove mi porterà. Per me la "freschezza" dell'opera risiede fondamentalmente in questo mio comportamento. Non so cosa potrebbe accadere tra cinque minuti, od anche fra uno solo, ed il fatto di non sapere cosa farò dimostra la mia profonda accettazione di questo fenomeno. Con ciò non voglio dire che non si debbano fare progetti. Proiettarsi nel futuro non fa certo male, ma credere nel concretizzarsi di "quel" futuro è una follia.
Sperare in un futuro migliore è un sentimento ottimistico ed io sono ottimista.
Come dicevo, non ho piani precisi per il futuro. Ho vissuto trent'anni nel mio studio di Milano ed ora, per questioni di forza maggiore, sono costretto a lasciarlo. La mia vita d'artista renderà conto anche di questo. Dove andrò? Non lo so con esattezza. Sarà nel raggio di 10.000 chilometri. Quali sono i miei progetti? Ne ho tanti. Sarà ancora uno di quei momenti "Quando ho... ciò avrebbe cambiato la mia vita..." senz'altro.
Il continuo rinnovarsi della propria consapevolezza è per il ricercatore scientifico-artistico la più grande salvezza della sua salute mentale. Qualsiasi ostacolo a questo rinnovamento crea degli squilibri che possono essere superati solo eliminando questi "blocchi", indipendenti dalla propria ricerca e derivanti invece dal modo in cui si è stati educati ad interpretare il mondo circostante. Se la ricerca va concettualmente oltre questa educazione, il ricercatore deve sforzarsi di colmare queste lacune. La dimensione spaziotemporale fa sì che le situazioni evolvano con tale rapidità da richiedere la costante ricerca delle proprie basi, della propria essenza, cioè di ciò che caratterizza ogni individuo nei confronti del proprio destino, rendendolo unico ed originale. A mio parere, sono queste specifiche essenze che rendono vivibile il nostro pianeta popolato dall'Homo Sapiens, che poi tanto sapiente non è.
Da un seme di mela nasce un albero che ogni anno dà tanti frutti. I semi di questi frutti, piantati in terreni differenti, danno origine a piante diverse fra loro e dalla pianta-madre perché adattate a sfruttare al meglio le proprietà di quei terreni.
Io penso che il ricercatore dovrebbe essere come queste piante per proseguire all'infinito il suo lavoro ed aver molte cose da dire o aver, solamente, la capacità di svegliarsi ogni mattina con la mente "aperta", il che spesso coincide col "dire" molto.


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