Archivio Attivo Arte Contemporanea
http://www.caldarelli.it

torna | home

Non accorderemo a nessuno che vi siano
corpi più belli di questi.
Platone

I Solidi Platonici e l'Universo
di Michele Emmer

"Quando Dio prese ad ordinare l'universo, da principio il fuoco e l'acqua e la terra e l'aria....erano tuttavia in quello stato come conviene che sia ogni cosa dalla quale Dio è assente;....Dio le compose nel modo più bello e più buono che potesse, mentre prima non era così, questo da noi sia detto d'ogni cosa per sempre ...Che fuoco e terra e acqua e aria siano corpi è chiaro ad ognuno....Ora bisogna dire quali siano i quattro bellissimi corpi dissimili tra loro, dei quali alcuni sono capaci, dissolvendosi, di generarsi reciprocamente. E se lo scopriamo abbiamo la verità intorno all'origine della terra e del fuoco, e dei corpi che secondo proporzione stanno in mezzo. Perché non accorderemo a nessuno che vi siano corpi visibili più belli di questi, che formano ciascuno un genere a sé. Convien dunque di comporre queste quattro specie di corpi insigni per bellezza e allora diremo d'aver compreso sufficientemente la loro natura." Di quali bellissimi corpi sta parlando Platone nel dialogo Timeo?
E' abbastanza facile accorgersi che aumentando via via il numero dei lati dei poligoni regolari si ottiene una sequenza infinita: triangoli equilateri, quadrati, pentagoni, esagoni e così via. L'analogo nello spazio a tre dimensioni dei poligoni regolari sono i solidi regolari (i solidi regolari sono poliedri che hanno come facce poligoni regolari e che hanno tutti gli angoloidi uguali, dove gli angoloidi sono nelle figure solide l'analogo degli angoli dei poligoni. Si veda ad esempio); il loro numero, lungi dall'essere infinito, è invece molto piccolo, precisamente cinque. Se non è noto chi per primo notò la sequenza infinita dei poligoni regolari, della scoperta dell'esiguo numero di solidi regolari si hanno delle notizie abbastanza precise. Della questione erano perfettamente consapevoli i matematici greci. Platone (427-348 a.C.) mise in relazione i 5 solidi regolari con gli elementi dello spazio fisico, così come allora era concepito. Nella scuola di Atene come la dipinse Raffaello nelle stanze Vaticane, Platone discute con Aristotele tenendo sotto il braccio un volume di cui si legge con chiarezza il titolo:Timeo. Il dialogo contiene la più antica descrizione conosciuta dei 5 solidi regolari. Tuttavia è lecito pensare che dei solidi regolari si fossero già occupati i Pitagorici. Una delle fonti per attribuire la scoperta ai Pitagorici è Proclo (41O-485 d.C.); nel suo Commento al primo libro degli Elementi di Euclide, meglio conosciuto come Riassunto, osserva che "Pitagora trasformò questo studio in una forma di insegnamento liberale, investigando dall'alto i suoi principi, e, indagando i teoremi astrattamente e intellettualmente, egli scoprì il fatto degli irrazionali e la costruzione delle figure cosmiche (i poliedri regolari)."
Lo storico della matematica Carl Boyer precisa che secondo lo scoliasta Suida, Teeteto, l'amico di Platone nato verso il 414 e morto nel 369 a.C., fu il primo a scrivere intorno ai poliedri regolari e sembra verosimile che li abbia studiati più a fondo di ogni altro matematico dell'epoca. Ritrovamenti archeologici sembrano far risalire ancora più indietro nel tempo la scoperta dei solidi regolari o almeno di alcuni di essi. (Per ulteriori notizie si veda il volume di Paola Gario L'immagine geometrica del mondo: storia dei poliedri; in particolare il I capitolo)
In ogni caso è nel dialogo di Platone che si trova la prima descrizione giunta sino a noi dei cinque solidi regolari, noti per questo motivo anche con il nome di solidi Platonici. Platone affronta nel Timeo il problema della creazione del mondo; mette in evidenza che gli elementi costitutivi dell'universo sono stati da Dio composti nel modo più bello e più buono che potesse; ognuno di essi ha una forma solida che Platone descrive. La costruzione dei cinque solidi (si capirà subito perché parla solo di quattro) è basata sul più bello dei molti triangoli, quello che ripetuto forma un terzo triangolo, che è equilatero. Si tratta di un triangolo rettangolo scaleno con un cateto uguale a metà dell'ipotenusa.
Ecco come Platone descrive la costruzione dei 5 poliedri." Se quattro triangoli equilateri si compongono insieme, essi formano per ogni tre angoli piani un angolo solido, che viene subito dopo il più ottuso degli angoli piani. E di quattro angoli siffatti si compone la prima specie solida che può dividere l'intera sfera in parti eguali e simili." Si tratta del tetraedro, che è elemento e germe del fuoco .
"La seconda specie, poi, si forma degli stessi triangoli, riuniti insieme in otto triangoli equilateri....e diciamo la seconda per generazione quella dell'aria..." è l'ottaedro.
"La terza specie è poi formata di centoventi triangoli solidi congiunti insieme e di dodici angoli solidi, è quella dell'acqua, l'icosaedro."
"Ma il triangolo isoscele generò la natura della quarta specie in modo da formare un tetragono equilatero...e la figura del corpo risultante divenne cubica...attribuendo questa forma alla terra . E' il cubo. Infine l'ultimo:
"Restava una quinta combinazione e Dio se ne giovò per decorare l'universo ", il dodecaedro.
L'ultimo solido ha un ruolo speciale. Boyer formula l'ipotesi che sia stato proprio il culto pitagorico per la figura geometrica del dodecaedro ad indurre Platone a considerare questo ultimo solido regolare come simbolo dell'universo. Nella storia dei poliedri non si hanno nuovi risultati per lungo tempo; sino alla riscoperta della matematica greca ed in particolare degli Elementi di Euclide (323-285 a.C.) alla fine del Medio Evo. Gli artisti, gli architetti, gli artigiani riscoprono dopo un lungo oblio i bellissimi corpi e i poliedri da essi derivati. Da allora diventa difficile distinguere la storia artistica e quella scientifica dei poliedri. Un qualsiasi libro di pratica e teoria della prospettiva Rinascimentale è in gran parte una sequenza di disegni dei solidi dello spazio visti sotto diverse angolature. Tra il 1482 e il 1492 Piero della Francesca scrisse il suo celebre trattato De Quinque Corporibus Regolaribus in cui tra l'altro "faceva notare la divina proporzione secondo la quale si intersecano le diagonali di un pentagono regolare ".
Il matematico Luca Pacioli(1445-1514) fu allievo di Piero della Francesca e il trattato di Piero sui solidi regolari incorporò nel suo famoso libro De Divina Proportione pubblicato nel 1509. Per questo fu accusato di plagio dal Vasari che nelle Vite ha osservato che una delle cose peggiori che possa accadere ad un uomo è di lavorare e studiare a beneficio di altri.
Il volume De Divina Proportione deve molta della sua fama al fatto che le 60 tavole dei solidi regolari, semiregolari e stellati furono "facte e formate per quella ineffabile mano sinistra a tutte discipline mathematici accomodatissima del prencipe oggi fra i mortali, pro prima fiorentino, Leonardo da Vinci." Del suo allievo Luca Pacioli, Piero della Francesca dipinse un ritratto, rappresentandolo come San Pietro, nella Madonna con l'uovo (a Brera) mentre un altro ritratto fu portato a termine negli anni1498-1500, forse da Jacopo de Barbaris (a Capodimonte). Ancor più famosa è l'incisione di Albrecht Dürer Melencolia I in cui sono contenuti numerosi simboli alchemici e cabalistici [21]. Vi compare un quadrato magico in cui è inclusa la data dell'incisione, il1514.
Tra i più interessati, durante il Rinascimento, alle forme geometriche fu sicuramente Paolo Uccello che venne accusato da Vasari di essere più un matematico che un artista. Scriveva il Vasari:" Onde Donatello scultore suo amicissimo li disse molte volte, mostrandogli Paulo mazzocchi a punte e quadri tirati in prospettiva perdiverse vedute....et altre bizarie in che spendeva e consumava il tempo "Eh, Paulo, questa tua prospettiva ti fa lasciare il certo per l'incerto; queste son cose che non servono se non a questi che fanno le tarsie!"
Il mazzocchio era un copricapo usato nella Firenze del tempo. Per la sua difficoltà di resa prospettica l'oggetto geometrico Mazzocchio ha rappresentato una sorta di prova di eccellenza nel dimostrare abilità nella prospettiva. Dato il suo interesse per la geometria non è strano che Paolo Uccello abbia un ruolo molto importante nella storia dei poliedri. Si ritiene sia stato Johannes Kepler (1571-1630) il primo a notare che i solidi regolari si presentano in forma duale tra loro . Nel suo trattato Harmonices Mundi del 1619 Keplero così descrive un solido che chiama stellarum duodecim planarum pentagonicarum: "Habet hoc conjiugium et stellam solidam, cujus genesis est ex continuatione quinorum planorum Dodecaedri, ad concursum omnium in puncto unico." (Questo matrimonio comprende anche il solido stellato, la cui generazione ha luogo dalla continuazione dei cinque piani del dodecaedro finché si incontrano in un solo punto). Il solido di cui parla Keplero è un dodecaedro stellato, la cui scoperta gli è attribuita; si chiama stellato perché su ogni faccia del dodecaedro è costruita una piramide regolare; Keplero pubblicava sempre nel 1619 le prime rappresentazioni prospettiche di due dodecaedri regolari stellati. Tuttavia una delle due forme ottenute da Keplero compare, realizzata a mosaico, sul pavimento della basilica di San Marco a Venezia; è attribuita dal Muraro a Paolo Uccello che la realizzò mentre si trovava a Venezia negli anni 1425-1430, cioè molti anni prima della scoperta matematica ufficiale. Fenomeno molto raro dovuto al fatto che i veri matematici dell'epoca si possono considerare gli artisti.
Muraro nel suo articolo fa cenno a diverse forme geometriche che si possono osservare sul pavimento e sul soffitto di San Marco e considera questa esperienza fondamentale per l'arte di Uccello. Della presenza del solido stellato si è accorto Lucio Saffaro, un artista con vasti interessi matematici che da molti anni lavora sui poliedri. Saffaro ha osservato che i lievi difetti che si riscontrano nella rappresentazione del poliedro si possono ascrivere al tentativo di dare maggiore profondità spaziale all'immagine e possono essere facilmente giustificati. Quando nel1970 si accorse del poliedro, a Saffaro parve incredibile che nessun matematico lo avesse considerato prima. In seguito si è accorto che il poliedro veniva menzionato con evidente stupore alla pagina 88 di un'opera dello storico tedesco S. Günther, pubblicata nel 1876. L'immagine del dodecaedro stellato di Paolo Uccello è divenuta famosa nel 1986 perché è stata scelta come simbolo della Biennale di Venezia dedicata al tema Arte e Scienza. Più recentemente Saffaro ha notato che sul pavimento di una cappella della chiesa di San Pantalon, sempre a Venezia, vi sono due tarsie marmoree uguali che rappresentano il secondo dodecaedro stellato di Keplero . Ne è a tutt'oggi ignoto l'autore; potrebbe trattarsi ancora di Paolo Uccello. Lucio Saffaro è scomparso nel 1998. A lui è stata dedicata una mostra ed un catalogo a Bologna per l'anno mondiale della matematica.
Nel suo trattato Harmonices Mundi, Keplero si occupò a fondo di poliedri provando tra l'altro che i solidi semiregolari erano solo tredici e costruendo, oltre ai due poliedri stellati, anche la famosa Stella Octangula, che, come ha notato il matematico Coxeter, aveva già fatto la sua comparsa nel De Divina Proportione, ove Luca Pacioli la chiama Octaedron elevatum. La Stella Octangulasi ottiene dalla combinazione di due tetraedri; viene così descritta, insieme agli altri solidi stellati, da Keplero: " XXVI Propositio: Addi possunt congruentiis perfectissimis regularibus, duae etiam aliae congruentiae, stellarum duodecim planarum Pentagonicarum: et duae semisolidae, Stellarum Octangulae, et decangulae." Il motivo per il quale Keplero era molto interessato ai poliedri consisteva nel fatto che ne cercava possibili legami con l'astronomia. Nella prefazione al Mysterium Cosmographicum del 1596 Keplero scrive: "In questo piccolo libro, caro lettore, mi sono proposto di dimostrare che il Creatore Ottimo Massimo, nella creazione di questo nostro mondo mobile e nella disposizione dei cieli, ha guardato a quei cinque corpi regolari che hanno goduto di così gran fama dai tempi di Pitagora e Platone sino ai nostri giorni, e che alla loro natura ha uniformato il numero e la proporzione dei cieli, e i rapporti dei moti celesti ". Il matematico Coxeter, uno dei più famosi esperti di poliedri, per descrivere il modello di sistema solare che Keplero elaborò utilizzando i solidi Platonici suggerisce di leggere la descrizione che ne dà lo scrittore Arthur Koestler in The Watershed . Il modello, anche se del tutto sbagliato, "è il risultato di calcoli, è ben dettagliato e provocante. Ma la cosa più importante è che il modello è visivamente stimolante perché fornisce un vocabolario iconografico per discutere di idee che potrebbero essere troppo astratte per una facile comunicazione. Il modello ha catturato l'immaginazione di moltissime persone oltre a quelle che hanno una competenza specifica in astronomia." Un modello che pur sbagliato valeva più di tante parole, proprio perché era basato sul fascino di modelli geometrici descritti più di duemila anni prima come i più belli possibili. Un modello, ispirato al disegno di Keplero, di diametro di 153 cm è stato realizzato con elementi lignei fresati da Felice Ragazzo nel 1985 e mostrato con il titolo di Dualis Theoria Documenta nella sezione Spazio della Biennale di Venezia del 1986. Lo stesso modello faceva parte della sezione Solidi Platonici della mostra itinerante L'occhio di Horus: itinerari nell'immaginario matematico, 1989. Inoltre fa parte della sezione matematica curata da Michele Emmer della nuova città della Scienza di Napoli che apre i battenti il 23 novembre.
Scrive Koestler che Keplero "nell'orbita, o sfera, di Saturno egli inscrisse un cubo, e dentro al cubo un'altra sfera, quella di Giove. Inscritta in questa il tetraedro, e in quest'ultimo la sfera di Marte. Tra le sfere di Marte e della Terra, inserì il dodecaedro, fra la Terra e Venere, l'icosaedro, tra Venere e Mercurio l'ottaedro. Eureka!....Questo è il fascino fondamentale di Keplero, sia come individuo che come caso storico. Per Keplero la fede fuorviante nei cinque corpi perfetti non fu un capriccio passeggero ma lo accompagnò, anche se in versione modificata, fino alla fine della sua vita, mostrando tutti i sintomi di una delusione paranoide; malgrado tutto, questa fede ha funzionato da matrice vitale, da sprone, per i suoi immortali risultati."
Come ha sottolineato Coxeter, Keplero era un astronomo esperto per sapere che le orbite dei pianeti in realtà non sono cerchi ma ellissi così che per ogni pianeta esiste una distanza minima e una distanza massima dal Sole. Se si considera l'orbita di Saturno come l'equatore di una grande sfera e in modo simile l'orbita di Giove come l'equatore di una sfera interna più piccola, ciò che Keplero fece fu di immaginare una sfera nello spazio fatta come una conchiglia con un raggio esterno corrispondente alla distanza massima del pianeta dal Sole e un raggio interno corrispondente alla distanza minima. Pensava cioè ad una sfera cava. Egli misurò la distanza minima di Saturno e la divise per la distanza massima di Giove per ottenere il rapporto tra il raggio esterno e quello interno di un cubo. In questo modo Keplero fu in grado di associare ai sei pianeti noti all'epoca, i cinque solidi platonici. " E' interessante osservare - conclude Coxeter - che, malgrado tutto questo sia 'nonsense', se Keplero non avesse coltivato queste curiose fantasie, avrebbe potuto non portare mai a termine le grandi così che ha fatto."

Questo articolo è tratto dal capitolo "Solid Platonici" del volume di M. Emmer, La perfezione visibile", Theoria (1991); © Michele Emmer.
Il volume sarà ristampato nel 2002 in forma completamente rivista dalla Springer Italia, Milano.

Bibliografia:

Platone, Timeo, in Opere , Laterza editori, Bari (1966), vol.II, pp. 459-556.

H.S.M. Coxeter, Introduction to Geometry, John Wiley & Sons, Inc., New York, (1969), cap. 10, pp. 148-159.

C. B. Boyer, Storia della Matematica, ISEDI, Milano (1976),pp.100-101.

P. Gario, L'immagine geometrica del mondo: storia dei poliedri, Stampatori Editore, Torino (1979).

M. D. Davis, Piero della Francesca's Mathematical Treatise, Longo Editore, Ravenna (1977).

M. Calvesi, A noir (Melencolia I) , Storia dell'Arte, vol.I (1/2) (1969), pp. 37-96.

W.S. Andrews, Magic Squares and Cubes, Dover Publ., New York (1960), pp. 146-147.

L. Saffaro, Anticipazioni e mutamenti nel pensiero geometrico, in M. Emmer (a cura di), L'occhio di Horus: itinerari nell'immaginario matematico, Ist. della Enciclopedia Italiana, Roma,(1989), pp. 105-116.

G. Macchi (a cura di), Spazio , catalogo della sezione, Biennale di Venezia (1986),

M. Emmer, Art and Mathematics: the Platonic Solids, Leonardo, vol.15 , n.4 (1982), pp.277-282.

M. Emmer, Solidi Platonici, video della serie Art and Mathematics ,16 mm., durata 27 minuti. La prima parte del film è dedicata al Rinascimento.

M. Emmer, I solidi platonici, in M. Emmer, M. Emmer (a cura di), L'occhio di Horus: itinerari nell'immaginario matematico, Ist. della Enciclopedia Italiana, Roma,(1989), p. 77.

M. Emmer, Computers, video della serie Art and Mathematics,16mm., durata 27 minuti, Film 7, Roma (1987). Il film è stato in parte realizzato presso la sezione Spazio'della Biennale di Venezia del 1986.

L. Saffaro, Poliedri perfetti, in M. Emmer( a cura di), Matematica e Cultura 2, Springer Italia, Milano (1998).

 

torna | home

Il Copyright © relativo ai testi e alle immagini appartiene ai relativi autori per informazioni scrivete a
miccal@caldarelli.it