Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

dal 15 ottobre al 24 novembre 2011
Tactus
mostra personale di
Gianni Secomandi
opere anni '50 e '80

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L’attuale mostra, che si tiene presso la Galleria d’Arte Il Salotto di Como dal 15 ottobre al 24 novembre 2011, costituisce tappa conclusiva di un ciclo di 4 mostre complementari programmate per riesaminare l’intero percorso artistico di Gianni Secomandi (1926-1982). consulta l'archivio Il progetto segue una periodizzazzione a ritroso dagli anni 80 agli anni 50 esponendo specificatamente per ogni mostra circa un decennio di ricerca operata dall’artista e riservando questa ultima mostra a congiungere circolarmente l’intera rassegna presentando assieme alle ultime opere prodotte quelle degli esordi.

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Il progetto comprende, in una prospettiva di sviluppo dinamico, anche delle sortite fuori dalle mura della galleria, proponendo le opere di Gianni Secomandi in luoghi di attività e ricerca istituzionalmente legati al mondo dell’astronomia.

Ne è stato un primo esempio la rassegna Speculum Cæli ospitata ad Asiago a Palazzo Millepini, in collaborazione con l’osservatorio Astronomico di Padova (INAF) e il Comune di Asiago (dove l’osservatorio opera in un ampio centro osservativo munito di più telescopi).

Il 20 agosto scorso, in occasione della Notte Nera, si è creata una splendida sinergia nell'organizzare e condurre un incontro "osservativo", coinvolgendo astronomi e personale specializzato sia del centro di Asiago che di Cima Ekar dove è collocato il telescopio più potente del circuito italiano dell'INAF.

Il successo è stato notevole, coronando positivamente l’intento di favorire, con una rassegna interdisciplinare come Speculum Cæli, il ripristino di una sinergia possibile fra arte e scienza e più nello specifico, qui e in questa occasione, fra arte e astronomia mostrando con una antologica minima (mi riferisco a  Speculum Cæli) un quarantennio di attività di Gianni Secomandi.

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Lo Specchio, che ha caratterizzato il titolo della mostra, è sempre stato elemento centrale dell’ispirazione di Gianni Secomandi, intendendolo: da un lato nella suo carattere simbolico di punto/soglia di riflessione, ribaltamento dell'universo superiore (macrocosmo) in quello inferiore (microcosmo), da quell'altro di strumento di riflessione scientifica, luogo, appunto della "speculazione" e/o di piano di raccolta e restituzione amplificata delle immagini, captate del telescopio nel caso dell’osservazione astronomica. Ricordando, per inciso, che lo specchio ha un doppio carattere: di riflettere implacabilmente la verità assoluta quanto di ingannare come quelli convessi, anamorfizzanti (Sorciéres, alla francese) usati dalle fattucchiere. Famosi sono quelli della strega nella favola di Biancaneve di Perrault, di Alice di Carroll o quello descritto ne L'uccello azzurro della D'Aulnoi (1690 ca.) lungo due leghe e ampio due, al quale accorrevano da ogni dove dame e cavalieri, avendo la caratteristica magiga di permettere a chi vi si specchiava di vedere se stesso riflesso secondo i propri desideri. Speculare e osservare coincidono così, secondo tali presupposti, nel voler circoscrivere, ricondurre/proiettare in uno spazio ristretto, l'occhio umano e per estensione del cervello, tutto il conoscibile e il possibile.

Tenendo presente, dunque, la necessità di sciogliere questa contraddizione “speculativa” credo che l'attuale momento culturale e storico sia dei più propizi per riprendere un discorso mai interrotto fra discipline umanistiche e scientifiche nel momento in cui ci stiamo nuovamente, o sarebbe meglio dire più intensamente, affacciando al mistero profondo dell'universo rendendo sempre più fluida e "incerta" la rapresentazione "esatta" dell'universo o più semplicemente, più da vicino, della realtà quotidiana che ci circonda.

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Dando uno sguardo al passato, pur tralasciando le rappresentazioni, diciamo strumentali, come quelle dei ricercatori stessi come Galileo (a sua volta figlio d'arte - il padre era musicista molto apprezzato) e, citando ad esempio parziale, le stupende cosmografie di Ygino (Poeticon astronomicon 1570), Apiano (Astronomicum Caesareum 1540) , Dürer (Imagines coeli 1515), Bayer (Uranometria 1603) Evelius (Uranographia - 1640) Flamsteed (Atlas celeste 1649), Cellario (Atlas coelestis seu armonia macrocosmica 1661), molte sono le opere che inglobano oggetti astronomici o antropomorfizzazioni  proprie del linguaggio astrologico (quando non vi era ancora distinzione fra le due discipline: dall'insieme zodiacale dell'Atlante Farnese, copia dell'originale greco del III secolo a.C., alla cometa di Halley nell'Adorazione dei Magi di Giotto del 1303 (individuata come tale - nella cappella degli Scrovegni nella vicina Padova); dalle 8 Osservazioni astronomiche di Donato Creti (1711 ora presso la Pinacoteca Vaticana) alla famosa Melancolia di Dürer... e via dicendo... per arrivare alle invenzioni di Dalí, di Escher, Calder... alle notti stellate di Van Gogh che superando per fama il loro autore sono ormai abusate anche dalla pubblicità.

Per quanto riguarda il percorso artistico di Gianni Secomandi, tornando in argomento, va detto che si stratta di un caso molto particolare poichè ha coniugato arte e astronomia in modo sistematico e diffuso, per un quarantennio della sua carriera artistica fino alla sua scomparsa, nel 1982... e colgo l’occasione per ringraziare il figlio Luca, col quale sto lavorando alla sistematizzazione del lavoro paterno, lavoro talmente ampio e "speciale" da arrivare oltre oceano in tempi non sospetti (quando perlopiù in Italia si importava l'arte americana)... una sua opera si trova difatti presso la N.A.S.A. quale omaggio di Gianni Secomandi agli astronauti della missione Apollo 11 che per primi posero piede sulla luna.

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Esaminando in modo più specifico il suo lavoro, si può osservare come tutte le opere di Gianni Secomandi sono frutto di un percorso autonomo, coerente e costante, costruito su una profonda conoscenza degli strumenti e delle materie usate e sorretto da una mente mai sazia di apprendere di filosofia, letteratura e mai paga di comprendere le meraviglie dell’universo.

É stata questa sete di conoscenza che lo ha indirizzato tra l’altro allo studio dell’osservazione astronomica, indagine che tanto ha pervaso e ispirato la sua produzione artistica. Le opere di Gianni Secomandi, difatti, riportano spesso sul fronte e/o sul retro una segnatura complessa che funge anche da titolo ma, soprattutto, da riferimento al luogo e al momento di esecuzione. L'autore vi indica di regola data e ora, quali coordinate fondamentali, oltre a segnalare il posizionamento di corpi celesti passanti in meridiano in quel momento. Letteratura, poesia e filosofia entrano in gioco per mezzo di frequenti citazioni riportate in calce alle segnature astronomiche quasi in forma di diario dialogante, proiettando gli autori coinvolti fra le stelle, in un assoluto spazio-temporale. Computa la data, le ore, i minuti e i secondi dell’evento... "Solo un’opera e precisamente quell’opera - ha sempre sostenuto - può essere da me eseguita in un determinato momento e luogo". Nel tempo, oltre a studiare leggendo volumi di astronomia che alterna a quelli di poesia e filosofia, Secomandi matura un'ampia esperienza sul campo, osservando e fotografando la volta celeste. Si autocostruisce anche un buon telescopio che piazza nel giardino di casa e che lo tiene impegnato nelle notti senza nuvole. Nozioni e fotografie ricavate da questa esperienza gli servono da materiale teorico e pratico per la composizione di numerose opere, nelle quali include anche materiali eterogenei a testimoniare la sua interpretazione del Cosmo. Si interroga lungo la direttrice dell'astrazione senza perdere di vista la fisicità di quanto osserva, cosicché forzando il linguaggio, un campo stellare diventa un gruppo di bottoni e la soglia misteriosa delle profondità siderali viene suggellata da una vecchia serratura. Si tratta apparentemente di un semplice gioco linguistico ma, ad una considerazione più attenta, c'è molto di più e Secomandi ci porta per mano fornendoci indizi sempre più completi della profondità della sua ricerca. Secomandi ricalca il mito di Prometeo quando, concentrando la luce solare attraverso la lente, riproduce quelle bruciature che saranno poi le sue stelle posizionate con precise postille alfa-numeriche. Spesso, con le stesse bruciature, mutate in traccia/testimonianza della luce solare, "fonde" lamine metalliche con carte da disegno che occupano due zone differenti del dipinto pur sovrapponendosi lungo un orizzonte di giunzione. Nei segni graffiati a matita o carboncino nei suoi "moti correlativi del fringuello" e nelle "vibrazioni dell’etere" le pulsioni del sottile popolano di segni minimi le superfici ora candide di luce sfolgorante, ora nere, quasi abissali, ora rilucenti di ingannevoli riflessi metallici sfumati nel nerofumo. Quello di Gianni Secomandi è un viaggio contemporaneamente coscienziale e conoscitivo. Inseguendo nel cielo la luce in tutte le sue forme, ora è la fase crepuscolare della giornata che ospita gli eventi osservati, ora invece è la luce zodiacale a farlo mentre altrove entra in gioco la Via Lattea: "Cammino delle Anime" individuata da un fiume di microsfere bianche o argentate. Ogni opera è teatro assoluto degli eventi, ospita e testimonia presenze minime, attimi sfuggenti, grovigli inestricabili di energia; riflettendo sulla natura del Cosmo, in esse l’artista intende argomentare sugli equilibri materia-pensiero.

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Le opere che compongono l’attuale mostra, ad eccezione di poche testimonianze del lavoro degli esordi (anni ’50) appartengono alla serie denominata "Tactus"  e concentrano l'attenzione di Gianni Secomandi sul microcosmo dell'esistenza umana, specchio intimo e segreto del mistero dell'Universo. Sono ritratti, come ha commentato Eligio Cesana: "... di poeti, narratori, musicisti, filosofi... l’ultimo ciclo di opere create da Gianni Secomandi... Sono immagini dettate dall’urgenza, si direbbe dalla premonizione, di rivisitare gli autori di messaggi culturali e di espressioni poetiche, di cui Secomandi si era nutrito giorno dopo giorno, fino ad assorbirli come parte viva del suo pensare, del suo sentire, del suo modo di esistere. [...] In realtà, quella di Secomandi è stata un’operazione squisitamente introspettiva, un modo di ritrovare gli autori prediletti, cercando di scoprire quei semi che sono trasmigrati dentro di lui per effetto di un rapporto di empatia, più pregnante di una complicità ideologica, persino di un pur sincero culto della personalità. Un gesto di immedesimazione vissuta ed integrale, quindi; un tentativo di ritrarre dal di dentro, di esprimere un modo di esistere, più che di rappresentare dei personaggi attraverso il solo tramite dei connotati visibili. Con risultati che, alla fine, si dimostrano carichi di umanissima poesia."

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Michele Caldarelli

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