Milena Milani


"Ritmo del pane" 1972
acrilico e riporto fotografico su tela
cm. 28 x38

NOSTRO PANE QUOTIDIANO

Ci sono miti che vanno umanizzati, ricondotti alla portata di tutti, in modo che non ci soffochino, che non ci schiaccino, ma vivano anzi con noi, parte di noi, il tempo che trascorriamo sulla terra, bello o brutto non fa niente, felice o infelice non importa. Il pane è uno di questi miti. Il pane è sacro. Il pane è intoccabile. Il pane è tabù. Il pane invece è un alimento composto di farina, di acqua, di lievito, qualche volta chi lo lavora ci mette dentro anche altre cose, magari il veleno per i topi e chi lo mangia va più in fretta all'altro mondo. Io, come altre donne, ne mangio raramente. I medici, i dietologi impediscono di mangiare il pane. Il pane ingrassa. Il pane va abolito. Bisogna dimenticarselo, lasciarlo da parte. E' snob sbocconcellarlo appena. Fa fino comperare al suo posto grissini, crackers, buitost. Il pane è sempre lì come quando eravamo bambini (molti anni fa), ma nessuno ce lo prepara più con il burro, con la marmellata come nelle merende dell'infanzia. Le madri attuali preferiscono Nutella, Ciocorì, Buondì. Senza pane i bambini crescono bene lo stesso. Una volta Gesù moltiplicò il pane. Anzi lo moltiplicò due volte. La prima volta c'erano solo cinque pani, lui li spezzò, li dette ai discepoli, e i discepoli li dettero alle turbe. Tutti ne mangiarono a sazietà e dei pezzi avanzati ne portarono via dodici ceste piene. E a mangiare c'erano cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. La seconda volta i pani erano sette, la folla non mangiava da tre giorni, lui la fece sedere per terra, spezzò il pane, lo dette di nuovo ai discepoli, e questi alle turbe. Mangiarono tutti e si saziarono e dei pezzi avanzati rilevarono sette sporte piene. Ora a mangiare erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini. Attraverso i secoli nessuno ha più moltiplicato il pane, anzi in qualche posto si muore di fame, non ce n'è addirittura, altro che avanzarlo, tuttavia dobbiamo credere ai presagi, cioè che in quel pane moltiplicato la presenza di Gesù è andata in tutto il mondo, ognuno di noi può riceverla ogni giorno nel suo cuore. Se non c'è da mangiare, pazienza. Beati quelli che credono, forse stanno tranquilli, forse sono in pace, forse praticano soltanto la bontà. Ma gli altri? Quelli ai quali non è arrivato neppure un pezzettino di quel pane avanzato, una briciola? Gli altri (e io tra questi) dicono che il pane è soltanto pane, per questo con il pane si può fare quello che si vuole, magari impastarlo per realizzare forme non casalinghe, non mangerecce, divertirsi a dipingerlo, a infilarvi oggetti, chiodi, bottoni, viti, pezzi di ferro, a dissacrarlo quindi in modo gioioso, senza nessun pentimento, senza colpa, con innocenza, come si fa un gioco, "ars ludica" appunto. Confesso che in qualche momento, mentre schiacciavo, premevo, strizzavo quella tenera pasta, prima di mandarla nel forno, dove sarebbe gonfiata, si sarebbe colorata, mi venivano in mente gli anni lontani in cui mangiavo il pane godendo del suo sapore, del suo profumo. Quando a Savona ritornavo da scuola, passavo sempre alla panetteria in Via Don Bosco e più tardi in quella di Via Sormano a ritirare un grosso pacco di pane, anzi era in un sacchetto di carta che si chiamava "carta da pane", e io pescavo lì dentro, trovavo un panino morbido, lo mangiavo in fretta, prima di arrivare a casa. Quel pane inghiottito rapidamente mi piaceva molto di più di quello che si mangiava a tavola, proprio perché mia madre mi proibiva di mangiarlo per la strada, ma io non le obbedivo. Ora il mio pane di bambina l'ho fatto diventare personaggio, e come tutti i personaggi il mio pane è quello che la società vuole che diventi: inchiodato, legato, fotografato, perverso, vizioso, frenetico, insicuro. Non è più il nostro pane quotidiano, anche se ogni giorno lo vendono nelle panetterie a un tanto al chilo.

Milena Milani

(Testo di presentazione alla mostra di Milena Milani alla galleria Il Salotto nel 1973)

MILENA MILANI è nata a Savona, ha studiato a Roma. Molto nota come scrittrice e giornalista (il suo romanzo "La ragazza di nome Giulio" processato, condannato e infine assolto in appello, ha raggiunto la quindicesima edizione, è stato tradotto ovunque, e ne è stato tratto un film) ha pubblicato, per le edizioni Longanesi, "lo donna e gli altri", una storia d'amore, dedicata a un uomo che non ritorna, che la protagonista ricerca attraverso città e paesaggi differenti. Oltre che di letteratura, Milena Milani si è sempre occupata attivamente di pittura, lavorando dal 1946 al 1963 con Carlo Cardazzo alla Galleria del Naviglio di Milano; ha inoltre fatto parte dello "Spazialismo" dalla sua fondazione, con Lucio Fontana, sottoscrivendo tutti i manifesti, e ha partecipato con opere e scritti alle più importanti esposizioni di gruppo di questo movimento.

La sua prima mostra personale ha avuto luogo nel 1965 alla Galleria l'Argentario di Trento, e nello stesso anno al Circolo degli Artisti di Albissola Mare. Nel 1969 ha esposto alla Galleria Regis di Finale Ligure; nel 1969 alla Galleria Il Punto di Torino e alla Galleria del Centro di Vercelli; nel 1970 "Chez Venier" a Cortina d'Ampezzo, alla Galleria Il Traghetto 2 di Venezia e alla Galleria La Fontana di Savona; nel 1971 alla Galleria Il Salotto di Genova e alla Galleria Zanini di Roma; nel 1972 alla Galleria d'arte Falsetti di Cortina d'Ampezzo, alla Galleria Bon à tirer di Milano, alla Galleria Christian Stein di Torino, alla Galleria d'Arte Cavour di Milano, alla Galleria dei Carbini di Varazze, alla Galleria de "Il Giorno" di Milano e allo Studio d'Arte Moderna SM 13 di Roma; nel 1973 alla Galleria Il Salotto di Como.

Ha partecipato inoltre a numerose esposizioni collettive in Italia e in Francia. Ha vinto nel 1949 il Premio di disegno La Foppa, Milano, per scrittrici che disegnano; nel 1953 a Vicenza il Premio per un servizio da frutta in ceramica. E' stata insignita dell'Ordine Internazionale Braidense 1970 per meriti artistici. Sue opere si trovano in molte collezioni private in Italia e all'estero.


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