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Paolo De Stefani - Antologia critica

Quella di De Stefani è una pittura giovane e entusiasta. Eppure viene da molto lontano. Sempre in cerca di spunti che recupera attraverso diverse peregrinazioni fra mostre e letture "alte"; attento ai movimenti più recenti delle ultime avanguardie europee; curioso della storia dell'arte del nostro secolo ormai giunto alla fine, De Stefani ha tuttavia in sé germi antichissimi di un'arte espressiva legata al segno come simbolo, come scrittura di un mondo.

Estratto della prefazione di Anna Caterina Bellati per la personale di De Stefani alla Galleria d'arte La Nassa di Lecco (settembre-ottobre 1998).


Indagando sulle possibilità espressive della materia l'artista ne evidenzia la struttura e ne esalta le ambiguità morfologiche, siano esse le onde del cartone, le raschiature o gli strappi della carta. De Stefani analizza differenti materiali che si accostano e incontrano. La volontà di stendere uno strato di pittura oleosa e poi la necessità di graffiarla, inciderla con un segno scavato e raschiato, l'utilizzo del cartone quale trama ondulata per una pittura che si addensa su un naturale bassorilievo, la necessità di graffiare la carta con strappi e laceri prima della applicazione che colora, ricordano l'Informale.

Estratto dall'articolo di Francesca Brambilla - La Provincia di Lecco - (29 settembre 1998) relativo alla personale di De Stefani alla Galleria d'arte La Nassa di Lecco.


Paolo De Stefani effettua sperimentazioni monocrome e quasi minimaliste, con un tipo di figurazione astratto-segnica, tesa allo studio e alla ricerca nel campo sociale. La razionalità risulta piuttosto evidente nei suoi lavori, scanditi da regolari geometrie e resi con colori spenti che accentuano il rigore compositivo delle tele.

Estratto dall'articolo di Chiara Carfi - Corriere dell'arte - (12 giugno 1999 )


La carta, così sottile e così fragile, macerata e lacerata dall'uso, tenuta in piedi talora dai chiodi, come un Cristo sulla sua croce, si carica in continuazione in queste opere di contenuti. simbolici che alludono all'incomunicabilità, all'incomprensione che caratterizza quella che De Stefani ossessivamente chiama la "società reale", agli strappi e alle ferite della vita, alla violenza stessa che caratterizza i rapporti fra i singoli e la società, alla guerra, a qualcosa, insomma, di militare che affiora di tanto in tanto nei toni grigioverdi o nella stessa densità materica di alcune sue tele, dove il colore si dispone a strati che ricoprono e annullano altri strati, come un popolo che con la violenza annulla un altro popolo. Tutto questo è la "società reale". Ma la società non è la vita, non coincide con la totalità dell'esistenza. C'è anzi una zona di quest'ultima inaccessibile alla società, dove ognuno ritrova il proprio essere più profondo. E' la zona scura e notturna della vita, la zona della società ideale, lo spazio del sogno.

Estratto della prefazione di Franco Monteforte alla personale di De Stefani tenutasi a Morbegno (settembre-ottobre 1999)


Secondo De Stefani la "società reale" è rappresentata pittoricamente dalla materia che soffoca uno strato precedente sottostante, ma anche dalla non-materia nelle carte bruciate e strappate, dove la distruzione del supporto significa lo stato di guerra perenne che ci circonda. In alcuni lavori appare malgrado tutto una forma di speranza, come nel grande "Società reale" (1,53 x 1,99 m) eseguito a china, carboncino e matita su carta inchiodata su juta dove il triangolo arancione potrebbe richiamare la forma leggera di un aquilone mentre, in altri lavori, sono presenti simboli che ricordano un fiore. La "società ideale" del sogno emerge talvolta in cerchi che sembrano ripetersi all'infinito in una sorta di moto perpetuo, nei quadri col fondo nero e meno omogeneo, anelito del subconscio verso un equilibrio magico, forse irraggiungibile.

Estratto dell'articolo di Donatella Micault - La Provincia di Sondrio - (25 settembre 1999) relativo alla personale di De Stefani tenutasi a Morbegno (settembre-ottobre 1999)



Ritmi e sequenze in bianco e nero di Paolo De Stefani

Questo giovane artista chiavennasco, che ha già al suo attivo diverse personali e collettive ed ha ottenuto parecchi riconoscimenti e premi in Concorsi Nazionali ed Internazionali, è arrivato prestissimo ad una astrazione di tipo concettuale, tecnicamente raffinatissima e lungamente elaborata. Per la sua prima "personale" milanese presenta lavori recenti, i cui ritmi musicali sono ottenuti con molteplici sovrapposizioni di carte ridipinte, bruciate, trattate, fissate al supporto ligneo, con effetti di rilievo che assimilano sovente queste creazioni perfettamente originali alla scultura, con una terza dimensione che ricorda fra l'altro l'amore di De Stefani per le sue montagne, filo conduttore essenziale di un'ispirazione tenace e silenziosa. Le ultime opere qui esposte sono movimentate, in una sorta di fuga verso un assoluto sempre cercato nell'ansia che assale ogni vero artista, eternamente insoddisfatto dei risultati, anche ottimi, ottenuti. Da notare altresì i polittici composti di vari pezzi, simboliche immagini del Giorno verso la Notte che avanza, nelle variazioni luminose, nelle infinite sfumature dal bianco, ai grigi ed ai neri profondi. Paolo De Stefani è un "puro", particolarmente esigente verso se stesso, ma già in possesso di una personalità spiccata, emergente, che sicuramente maturerà nel tempo con realizzazioni degne di grande interesse, e del quale sarà appassionante seguire la traiettoria ed il percorso negli anni a venire.

Testo critico di Donatella Micault relativo alla personale di De Stefani allo Spazio Santabarbara di Milano (maggio 2001)

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