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Alessandra Avesani - antologia critica

Alessandra Avesani e l'idea del tempo
di Domenico Guzzi

Castello dell'Aquila, 1999, Bastione sud. E' lo spazio oggettivo, ed esagonale, di un luogo. Alessandra Avesani, artista che da anni lavora sul e attraverso il concetto di tempo. Per l'artista, la quale scandisce il luogo esagonale nello spazio di tre clessidre, quell'ambiente diviene concetto ulteriore che consente finanche alla disposizione delle opere di suggerire la fondamentale idea di scorrimento, quindi proprio di tempo.
La Avesani, che esperimenta un linguaggio, mediante le motivazioni classicamente trasgressive del suo idioma, giunge ad esemplificare il fondamento della propria idea in immagini-simbolo, in quanto tali non raramente criptiche. In simboli che in sé riassumono un'altra e fondamentale idea che attiene anch'essa a quella archetipa di tempo: passato e presente.
Polarità che consentono alcune riflessioni. Dovrà, anzitutto, esser chiaro che il presente in sé già contiene se non tutto il passato, parte significativa di esso. Benedetto Croce ("Breviario di estetica") poté infatti scrivere che "[...] la cosa perpetuamente nuova è sostenuta perpetuamente dall'antica, la quale, quasi per opera magica, perdura in essa". Allo stesso modo in cui Antonio Gramsci ("Passato e presente"), pur dopo aver annotato che, in forma critica, il presente non è che superamento del passato, conclude che si deve aver "[...] coscienza del passato e del suo continuarsi (e rivivere)". E Roland Barthes ("Piacere del testo"), conclude un passo importante del suo ragionamento asserendo che "[...] l'avanguardia non è altro, sempre, che la forma progressiva, emancipata, della cultura trascorsa: oggi nasce da ieri, Robbe-Grillet è già in Flaubert, Soller in Rabelais, tutto Nicholas De Staël in due cmq di Cézanne"
Se, dunque, un'opera d'arte attuale non prescinde da significative e logiche interferenze col già compiuto, meglio affermando che lo comprende pur quando sembra discostarvisi del tutto, può altrettanto giungersi alla conclusione che l'arte sempre si muove, agisce e si propone lungo l'asse d'una circolarità su cui proprio il passato ed il presente finiscono col porsi e considerarsi sul medesimo piano. L'uno informando l'altro; l'altro ripensando all'uno. Ed ecco che la dimensione formale della traiettoria si pone tra le più frequenti evidenze nella e della scultura dell'Avesani: Composizione musicale, Composizione luminosa, Due dischi, Scomposizione prismatica, Tre prismi ed altri titoli, ancora. Né sarà necessario sottolineare ulteriormente la circostanza che al termine composizione ne segua non di rado un altro che, di per sé (anche se in maniera implicita), ancor più accenta il concetto di tempo. Poiché la musica pone se stessa sulla logica ritmica di tempi; a sua volta la luce è ed ha un suo tempo, così come lo stesso prisma non fa che richiamare la moltiplicazione o frammentazione dell'unità del visivo e, dunque, del tempo.
La suggerita circolarità altresì asserisce, in termini altri, che in alcun caso - essendo, anzi, il presupposto unico possibile per la nostra esistenza intellettuale- la storia ci sarà indifferente. Nonostante, per più volte nel corso degli anni e nel succedersi delle poetiche, si sia corso il rischio di rimanerne orfani e, perciò, uomini senza memoria. Unicamente presenti ad un presente che preordinatamente chiude lo sguardo non già, forse, alla sua realtà orizzontale ma, certamente, alla sua realtà verticale. Ciò porta a concludere, tra l'altro, che persino l'apparente inattuale diviene e si assume attuale, in quanto generato nel suo proprio tempo e debitore, dunque, di questo. Supposizione o analisi che solo esteriormente sembrerebbe condurre ai termini d'una contraddizione.
Il concetto di tempo presiede, dunque, alle nostre azioni e, nell'Avesani, diviene asse centrale ed esclusivo di ricerca. Varrà soffermarcisi ancora. Anzitutto sostenendo che quell'idea è sufficientemente astratta (termine che ulteriormente colloquia con le opere della scultrice) perché altre possano e debbano starle accanto, chiarendola. Se di metrica, attraverso la musica, s'è fatto accenno, potrà alludersi ai significati di cadenza, istante, ritmo, accentazione, armonia, scatto, interpunzione. Tutte accezioni di chiara adesione alla sintassi e qualità di un'opera visiva. Né, d'altra parte, l'idea di tempo può concepirsi estranea ad ulteriori ed umane problematiche. Tra tutte, e di più forte incidenza, quella filosofica. Da Parmenide a Platone ad Aristotele a Kant a Bergson. Né distante, altrettanto, da certa esperienza letteraria: basterebbe unicamente fare allusione alla recherche proustiana; così come al presupposto di Joyce di rendere l'"Ulisse" nello spazio d'una giornata. Concetto di tempo. Nelle arti visive si concreta, secondo variate e variabili situazioni storico-culturali, in modi a volte criptici, altri espliciti e, per tutti, mediante sostanziali locuzioni interne all'esito morfologico e sintattico. Da un lato, dunque, una relazione iconologica. E nelle sculture dell'Avesani non difettano alcuni chiari riferimenti: Frecce nel tempo, Frammenti di luce. Espliciti nell'utilizzo della parola, e nell'uso di forme alludenti che, d'altro canto, conducono ad una relazione interna. Anche in tal caso, ci si rimanda a quella soluzione di circolarita che non raramente alimenta il significato delle forme.
Concetto di tempo. Esaminando la questione in prospettiva verticale: la memoria storica. "[...] L 'arte nasce dal fecondo grembo della Memoria" scriveva Alberto Savinio. La quale memoria, per esser sedimentazione di tutto il trascorso, personale e collettivo, necessariamente e proprio indica la realtà del tempo. Una realtà - una volta ancora circolare - che potrebbe far meditare in chiave propriamente platonica. Era e Sarà. Così come E' diviene congiunzione tra tempo, appunto, ed eternità. La memoria storica. Processo che spazia e chiude in un'unità; che consente di appropriarsi delle vicende di un vissuto che è comunque indispensabile per ogni approdo del presente.
Dì qui si dice della riflessione che l'Avesani - con tutte le chiavi trasgressive che le sono proprie, e che non potrebbero non esserle proprie - sembrerebbe aver condotto sugli archetipi. Poiché nulla nasce da nulla, ma tutto è evoluzione. Non sarà, dunque, una filtrata memoria dell'orologio di Dalí quella che si offre nella stele piramidale al cui vertice - prossimo al vertice - s'inserisce la sfera dell'ora? E, per continui rimandi, non può anche pensarsi a certo enigma dechirichiano? E quella realtà non di rado totemica non può, a sua volta, avere forza di rinviare ad altre ed importanti esperienze di alcune ragioni del novecento? Purché ci si intenda sul termine evocazione, il quale per nulla sottintende quello di citazione.
Il tempo e l'arte. Ne "Il simbolo del tempo in arte" Gillo Dorfles, anni addietro, dette un'interessante interpretazione, su alcuni dei cui assunti non riteniamo ozioso sia pur brevemente soffermarci. Il "[...] simbolismo del tempo [...] non va inteso, allora, soltanto in senso iconologico (ossia come raffigurazione più o meno esplicita, più o meno realistica, più o meno allusiva, di situazioni dove il tempo venga simboleggiato: dipinti dove appaiano raffigurazioni di orologi, pendoli, clessidre, meridiane, salire e scendere le scale, danze della morte, episodi legati allo scorrere del tempo), ma nel senso che ogni percorso, sequenza, programmazione, ha in sé un aspetto cronologico di cui viene ad essere simbolica". Quel che, insomma, si conferma è che in ogni icona, fosse anche tematicamente la più distante dalla chiarezza del riferimento, si scoprono - interne - le ragioni del tempo. Si sono azzardate alcune ipotesi. Altre, e tra loro antinomiche, se ne possono fare. Tra queste, è lecito riferirsi ai concetti di velocità, stasi, movimento, contemplazione, simultaneità, abbrivio, esistenzialità. Per traslato, la stessa malinconia, risalendo all'assodata identità Saturno-Tempo. E' chiaro che alcune soluzioni dell'Avesani: Lo sguardo va oltre, Tre prismi, Cannocchiale, propriamente indicano il topos di un'osservazione a distanza. Acuendo, in tal maniera, il suo ed ogni ragionamento interpretativo sulla nodalità spazio-tempo. E, poi, la dimensione concretamente oggettiva, ed anch'essa interferente e significativa, di fili sottili che appaiono tessere una sorta di trama luminosa (Composizione luminosa, appunto) con la quale l'artista rinvia ed echeggia certo utilizzo della fibra ottica. Fili sottili ch'ella tende all'interno d'una parabola che - lo s'è detto - di per sé già indica l'idea di scorrimento. Si tratta, dunque, d'una amplificazione ulteriore del medesimo concetto.
In conclusione. Il lavoro di Alessandra Avesani si concepisce per una propria singolarità. Che, per esser tale, non rinuncia - né rinnega - alle esperienze di un culturale vissuto, che le è proprio. Che non rinuncia a formulare ipotesi di lavoro - concretate nella sintesi d'una visione: ulteriore idea di tempo - di stringente metaforicità. Che neppur, d'altra parte, rinuncia ad un oltre (è il cannocchiale) verso cui tendere. Che non rinuncia, infine, alla conclusione in esito estetico d'una materia scultorea ora levigata ora aspra ed agra con la quale pur rendere concreta la propria valenza e suggestione intellettuale.


Alessandra Avesani
di Giorgio Cortenova

Apprezzo molto il modo in cui Alessandra Avesani parla e scrive del suo lavoro: è uno dei rari casi in cui la scrittura intorno alla propria opera combacia con 1'opera stessa; e ciò non tanto perché 1'analisi restituisce al lavoro ciò che alle forme stesse della scultura appartiene di fatto, quanto perché essa vi combacia nei ritmi del pensiero, nella qualità e nell'essenza del fatto plastico che rappresenta il traguardo del proprio lavoro. In poche righe l'Avesani ci parla di spazio e di tempo, anzi definisce l'incontro di questo con quello la soluzione dell'uno nell'altro. Non altrimenti la sua scultura.: Ma di quale dimensione dunque si tratta?
In realtà l'Avesani lavora sul tempo per annullarlo. Davanti a sé aveva due strade: da un lato si apriva l'ipotesi di un tempo rettilineo, di matrice razionale e di natura progressista, nella cui trama ogni segmento annulla quello precedente e, a sua volta, svolge la funzione di premessa per il successivo; da un altro lato le si rivelava invece la realtà di un tempo curvilineo, circolare, capace ogni volta di progredire ritornando su se stesso in un processo di movimento e insieme di inalterabilità: è questo il tempo platonico, la sospensione, la "metaxy" cui l'artista si riferisce.
Nella metafora del pensiero ciò conduce ad una dimensione mitologica, laddove il passato si "eternizza" nell'inalterabilità (nell'immobilità) del mito. Nello specifico, ciò é la premessa ineludibile degli esiti plastici del lavoro dell'artista e della loro affascinante autenticità. Sono esiti che tendono alla smaterializzazione, ad una sorta di alchimia della materia attraverso differenti stadi di metaforico "calore ottico"; essi sono peraltro il risultato di un procedimento di sintesi, un modo di proporsi scarno e reticente dei bronzi, dei rami e dei metalli: quasi la sostanza scultorea volesse incidere lo spazio più che occuparlo, presidiarlo più che definirlo.
Vero è che, dalle premesse cui si accennava, l'artista viene portata con grande coerenza a concludere nei fatti (cioè nelle sculture) che spazio e tempo si congiungono in uno straordinario equilibrio: cioè nel "paesaggio" di nuove "figure" mitologiche che appartengono alla sua creatività, che anzi sono ormai la chiave del suo stile, se il termine è ancora concesso. Nessuno stupore, dunque, se il "tempo ritrovato" di un palpito d'ali viene "trafitto" dalla punta di un improbabile pendolo, o se la sfera solare coincide con il peso di uno sguardo in bilico tra la materia tangibile del mondo e la rarefazione del respiro del1'anima: è questo, infatti, l'incanto della moderna "primitività" su cui l'Avesani lavora, questa l'espressività del suo lirismo tanto ostinato e così poco canonico da non temere il brivido dell'asprezza e le note "silenziose" dell'attesa. Il coraggio, appunto, della "metaxy".

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