Archivio Attivo Arte Contemporanea
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I contrappunti di Laura
di Alberto Batisti

Chi vive da sempre vicino a un amico - magari un amico di famiglia, attraverso sodalizi che, per li rami, si tramandano dall'infanzia dei nonni a quella dei babbi, per giungere a te attraverso la naturalezza di altre vite che da sempre son state parallele alla tua - può darsi che ignori, proprio in virtù di quella naturalezza, un'essenza dell'altro sottratta alla luce per pudore, segregata nell'intimo della più riposta personalità. All'improvviso, quasi con stupore, l'amico si scopre diverso, manifesta ciò che ha sempre coltivato al riparo persino degli occhi più benevoli, e rivela la pienezza di se nell'affermazione di un tratto artistico che si poteva divinare, ma che rimaneva comunque celato nelle sue manifestazioni concrete.
È in occasione di questa presentazione di Laura Facchini che anch'io, come tanti altri, benché le sia stato da sempre familiare, ho fatto l'incontro nuovo - ma non sorprendente - con la produzione artistica, scoprendo à rebours un cammino antico, iniziato nella più fresca adolescenza, ma coltivato con tenacia negli anni e finalmente dato alla luce. Con un breve ripercorrere il passato, allora, i lavori di Laura hanno immediatamente ritrovato, quasi nell'attimo stesso del mio incontro con loro, tutta la logica di ciò che non appariva ma che c'era, e c'era sempre stato.
Filo dopo filo, i suoi arazzi mi hanno ricondotto alla fusione spirituale in lei avvenuta fra le tradizioni antiche della terra d'origine di sua madre, i Paesi Bassi, e un'educazione tutta pratese, fatta di stretto contatto con un'altra civiltà dei fili, e ancora una volta di fili antichissimi. Così come Laura è da sempre perfettamente e naturalmente bilingue, quei due linguaggi di un'arte manuale apparentemente così lontani, in lei hanno convissuto negli anni donandole la sensibilità necessaria a coltivare la tessitura come un'arte, e il telaio come un'ardua tavolozza.
Infatti, il segno di Laura nell'intrecciare la materia filiforme non è gioioso e volto alla tradizionale arte della rappresentazione intessuta: è dura acquisizione che, prescindendo dal disegno e maturando in divenire le proprie forme, risuscita una quantità di tecniche che con gli anni e con lo studio accanito ella si è conquistata, fino a padroneggiare ogni sfumatura di quelle superfici variabili e diversamente annodate. Così come dev'essere, la fioritura di Laura al gesto artistico compiuto e definitivo giunge dopo una perfetta conoscenza del linguaggio, del mezzo espressivo, in un territorio che è fra i più antichi e etnicamente differenziati, ma che pochi hanno avuto il coraggio di elevare a forma privilegiata d'espressione, e a strumento traduttore di un'idea estetica.
Quell'intreccio è segno di disciplina, di rigore, come nel tessuto musicale d'un contrappunto che fa convivere in creazione armoniosa registri differenti, voci individue, moti contrapposti, ora paralleli, ora divergenti, suoni concordi e discordi, ritmi semplici e complessi, tutti sempre e comunque sottoposti a una volontà superiori, legati in telaio della polifonia che produce la forma.
Forse è per questo che, al di là degli antichi legami, il gesto di Laura m'è così familiare, col suo far rivivere nella materia tangibile dei fili le avventure di contrappunti fiamminghi risorgenti dall'autunno d'un Medioevo il cui virtuosismo tecnico è tutto da riguadagnare e riscoprire, al pari dell'umile, sorvegliata concentrazione espressiva.

Le mani della mente
di Gabriella Furlani

Laura Facchini fin da piccola ha coltivato la passione per il ricamo e l'arazzo che la riportavano alle sue antiche tradizioni fiamminghe, arricchite dall'esperienza diretta nel tessuto pratese, ma quello che era già profondamente in lei, rimaneva soffocato agli occhi degli altri. Il giorno che ha deciso di farmi vedere i suoi lavori, da un angolo del suo studio prese dei rotoli che iniziò lentamente a svolgere. In quel momento, sotto le sue mani, dei fili stavano uscendo come da un bozzolo che fino ad allora li aveva racchiusi. Laura è sempre stata esigente con se stessa così come con le sue opere che richiedono tempi lunghi di lavorazione e gesti calibrati. Così mi resi conto che aveva lavorato per tanti anni in silenzio, ma, soprattutto, che era arrivata ad un punto determinante del suo percorso artistico: la consapevolezza della qualità del suo lavoro.
Fibre morbide, duttili, calde e avvolgenti, annodate con tanta passione, raccontavano ore delle sue giornate; avevano percorso spazio e tempo insieme a lei, nelle stanze della sua casa e durante i suoi viaggi, in una sorta di simbiosi, scambiandosi calore e protezione. Superfici impregnate di pollini e polveri di terre lontane parlavano di attimi preziosi, raccolti quasi nella paura di non riuscire a fermarli.
Silenzioso archivio di antiche culture che non devono essere perdute, tecniche di ricamo, di arazzo, di tessitura, punti e nodi testimoniavano incontri con mani sapienti per troppo tempo rilegate nelle maglie della semplice ripetitività e che Laura ha saputo nobilitare, dando loro consistenza di specifico espressivo, in un gioco creativo, materico, resistente e leggero.
Quei gesti che facevano parte della sua memoria avevano finalmente trovato dignità di linguaggio artistico per esprimere e trasmettere emozioni nel tempo.

Filo - Sofia
di Paola Ballerini

Per secoli, in tutto il mondo, l'espressività femminile non è passata attraverso la pittura, la scultura e la scrittura ma è stata affidata al linguaggio e alla sapienza delle mani che hanno forgiato, tessuto, cucito, assecondando col corpo e accompagnando col canto il ritmo del telaio, nel chiuso e nell'intimità di spazi domestici, o si è intrecciata sulla soglia di casa, all'aperto delle aie e dei cortili con i racconti, le storie e le fantasie di un sentire che nella complicità di una comune condizione si incontrava, si riconosceva e si narrava. Un enorme patrimonio di saperi trapassava dalle mani delle donne: e dai fili intrecciati prendevano forma le immagini sognate, i colori e gli umori del giorno, l'ascolto del tempo, il ritmo del respiro, fermati e annodati con cura nella trama del tessuto che cresceva. Che significato può avere oggi recuperare questo enorme patrimonio di segni per costruirsi un proprio codice espressivo? Per Laura Facchini che vive e conosce i ritmi della produzione industriale tessile, perché vi lavora da tempo, credo sia un ritorno ancestrale alle origini di un linguaggio che da sempre ha sentito dentro di sé come autentico e familiare, risalendo alle radici di una sapienza che attraverso il lavoro manuale si è espressa, con la consapevolezza però, che un tempo mancava, del grande valore umano e culturale di questa antica tradizione, e della necessità di salvarla in un tempo dove tutto si consuma rapidamente, si dimentica e si perde con superficiale indifferenza. Laura con una costanza e una tenacia unica, dentro i ritmi serrati di una vita per tutti programmata al minuto, ritaglia uno spazio per esprimersi ed in qualunque luogo si trovi, in una condizione nomade moderna, porta con sé gli attrezzi scegliendo con cura i materiali più diversi - nylon, corde, seta, plastica, colori, fili di rame, stecche di legno, garze, reti metalliche, sassi - per creare sculture dove con una sensibilità nuova rigenera un linguaggio antico, che conosce l'Arte Povera, il lavoro viscerale, Bourgeois, le installazioni tessili di Magdalena Abakanowicz. Mentre le mani si muovono veloci al telaio o intrecciano fili o cuciono, tutto il corpo segue e asseconda questa armonia creativa per dar forma ad emozioni a lungo trattenute che poi trapassano con energia alle fibre del tessuto come prolungamenti di tracciati affettivi, di pensieri tattili.

Laura's counterpoints
by Alberto Batisti

When you live all your life close to a person - a friend of the family, for example - in the intricate though unconscious tangle of bonds that are woven through the childhood of your grandparents and parents, and come down to you naturally through the lives of others that have always run parallel to yours, in the midst of such familiarity you might fail to notice the essence of another, shyly concealed in the most secret depths of the personality. This discovery of a friend, seen in different light, may come as a shock, almost, revealing aspects that he or she has always cultivated, unknown to even the most benevolent gaze, in the fullness of expression of an artistic talent that was always there, though never outwardly manifest.
On the occasion of this presentation of Laura Facchini's work, I too, like many others and in spite of the fact that I have always known her, made a new - but non surprising - discovery of her artistic production, a discovery à rebours of a path taken long ago, in early adolescence, and follwed tenaciously ever since and finally brought to light. With a brief glimpse of the past, Laura's works immediately reveal, in the moment of my meeting with them, all the logic of what was unseen, though always there.
Thread after thread, her tapestries show me the spiritual merging in her of the ancient traditions of the land where her mother was bom, the Netherlands, and her education in Prato, in close contact with another textile culture, another ancient heritage. In the same way that Laura has always been perfectly and naturally bilingual, these two languages of a manual art that appear to be so different from one another have grown side by side in her, providing her with the sensivity necessary to conceive of weaving as an art, and the loom as a complex palette.
Indeed, Laura's work in weaving the threads of her material does not express joy and is not based on the traditional art of woven illustration: it illustrates a difficult acquisition that goes beyond the design to a maturing of its own forms, resurrecting a great number of techniques learned in years of study and mastered with insistent practice until every subtlety of variable surface and weave became instruments of art. Thus, as she must, Laura came to a complete and definitive fruition through a perfect knowledge of the language, the means of expression, of a territory that is one of the oldest and ethnically differentiated, but that few have had the courage to elevate to a privileged form of expression and instrument for the translation of an esthetic idea. This weaving is the sign of a discipline and rigor that in a musical fabric of counterpoint enables different registers to merge into a harmonious creation of individual voices and overlaying of themes, now parallel, now divergent, with concordant and discordant sounds, simple and complex rhythms, all subject at all times and forever to a higher intellect, bound to the polyphonic loom that produces the design. Perhaps this is the reason for the familiarity to me of Laura's production, that goes far beyond the ancient bonds, in which I can see in the tangible material of the threads all the renewed life of the adventures of Flemish counterpoint resurgent in the autumn of a medieval time whose technical skill must be recovered and rediscovered with all its humble, watchful, expressive concentration.

The hands of the mind
By Gabriella Furlani

Ever since her childhood, Laura Facchini has cultivated the hobby of embroidery and tapestry that took her back to her ancient Flemish heritage, enriched by her direct experience of the textile trade of Prato, to touch the cords of a talent hidden deep in her soul, unseen to others.
When she decided, one day, to show me her work, she brought out the rolls she kept in a corner of her studio and began to open them slowly before my eyes. Fascinated, I watched the threads as they appeared under her hands as if emerging from a cocoon in which she had shut them.
Laura has always been very demanding of herself and of her works, that require a long time to finish with carefully gauged gestures. I suddenly realized that she had worked in silence on them for many years, and that she had finally reached a decisive moment in her artistic development: the awareness of the quality of her work.
The soft fibres, docile, warm and embracing, woven with real passion, tell of the long hours of her days, travelling through space and time with her in the rooms of her home and elsewhere, in a sort of symbiosis, exchanging warmth and protection.
The surfaces are impregnated with the pollen and dust of far-off lands and speak to me of precious moments seized as if in fear of not being able to hold them.
A silent archive of ancient cultures that must not be lost, techniques of embroidery, tapestry, weaving, stitches and knots that testify to meetings with knowing hands relegated for too long in work of simple repetition, that Laura has nobilitated, giving them the consistency of specific expression in a creative interplay of matter that is both light and strong.
Those gestures that were part of her memory had finally found the dignity of artistic language to express and transmit emotions in time.

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