Le ore del sole
di: Michele Caldarelli
"Le ore del sole" raggruppa una serie di opere di Emilio Alberti
incentrate sul tema del tempo e se, come risulta evidente nell'esaminarle,
esse si rivolgono essenzialmente alla sfera dell'immaginazione piuttosto
che allo specifico dell'utilità strumentale, è anche vero che è proprio
dalle più primitive ed elementari osservazioni che nascono, sorelle,
sia l'intuizione artistica che la speculazione scientifica. Nel caso
delle meridiane e dei pendoli di Emilio Alberti, potremmo azzardare,
ci troviamo al cospetto di protostrumenti che, aiutandoci a procedere
dalla prima intuizione, ci accompagnano nei meandri dell'enigma che
apparentemente possiamo leggere in modo retrogrado verso le origini
dell'universo come pure in senso inverso. Immaginando, ora che il tempo
ci sospinga, ci trasporti in avanti, ora che si stemperi dal futuro
verso il passato venendo verso di noi. Quale che sia il verso di lettura,
nulla però può pacificare la contraddizione espressa dalla successione
infinita di istanti finiti. Cercandone soluzione nell'idea della ciclicità
universale troviamo complicazione ulteriore portando nell'eterna ripetizione
di istanti identici una sorta di immobilità adamantina. Tutto muta agli
occhi dell'osservatore, anche se in modo apparentemente contradditorio:
dalla pacificante proiezione dell'ombra dello gnomone della meridiana
alla variazione dello spettro luminoso dei corpi celesti in fuga, luci
e ombre di un universo che si rivela, pur nella sua evidenza, sempre
più profondo e misterioso mano a mano che ci addentriamo nella sua scoperta.
Ma se se lo sgomento ci assale nel confrontarci con questo abisso che
ci contiene, nulla ci vieta di reiventare uno dei paradossi di Zenone,
immaginando che Achille, impegnato a percorrere l'anello della pista,
superi infinite volte la tartaruga lasciando che sia lei a raggiungerlo
infinite volte in ogni punto del percorso... chissà che come quel fortunato
navigatore, buscando el levante por el ponente, non si scopra
qualcosa di nuovo!
(introduzione alla mostra "LE ORE DEL SOLE"
Palazzo Millepini, a cura del Comune di Asiago - in collaborazione con
INAF - agosto 2012)
Mondi liquidi
di: Michele Caldarelli
Credo che Emilio Alberti sia in fondo un giardiniere appassionato, instancabilmente
alle prese con le sue piantumazioni, potature, talee, innnesti... Lente
reiterazioni e istantanee intuizioni caratterizzano il concretizzarsi
dei suoi artefatti, come in ottemperanza alla necessità di controllo
della crescita e del configurarsi della forma di organismi vegetali
ma... non di piante o fiori si tratta anche se... scrivendo delle sue
opere mi piace rievocare l'immagine del "Giardino dei sentieri
che si biforcano" (argomentata da J.L.Borghes nell'omonimo scritto
del 1941) non tanto per la trama quanto piuttosto per l'idea del racconto/labirinto,
curioso elemento simbolico teso fra la cultura occidentale e quella
orientale, una sorta di giardino cinese/all'inglese caratterizzato da
un'intricata circonvoluzione di percorsi.
L'idea del labirinto è centrale nel pensiero di Alberti come in quella
di Borges e pervade tutta la sua produzione, anche dove non geometrizza
le superfici ma, appunto, in qualità di terreno fertile accoglie il
germinare e lo svilupparsi del pensiero in infinite sciarade, in declinazioni
ondivaghe in seno ad uno spazio improbabile quanto certo nella sua evidenza
fisica.
Ricordo di aver già osservato come Emilio Alberti, ceramista, operi
mescolando terra ed acqua in dosi calibrate, immerso nei propri pensieri,
prefigurando le forme, compiutamente modellate... toccando con mano
l’innocenza della materia, sperimentandone infinite trasfomazioni, alla
ricerca dell’impasto perfetto né troppo molle né troppo refrattario
a ricevere impronta… Ed ecco che, esaminando i dipinti, trovo ora quell'impronta
digitale impressa/ingigantita sulla superficie di più di una
tela... fatta di circonvoluzioni, trasformata in immagine enigmatica
che nel suo essere biologica nella metonimia identità/verità
mi ricorda le sinuosità dell'effigie del volto di Humbaba, celato da
sette veli, custode misterioso della foresta degli dei e ucciso da Gilgamesh.
L'epopea di questo eroe babilonese che sfida il divino, prefigura l'avventura
di Teseo e la foresta/giardino, luogo oscuramente disorientante, prelude
alla costruzione di Cnosso, con un comun denominatore espresso dalla
decisionalità eroica. Il labirinto si rivela dunque luogo/logos delle
verità e delle contraddizioni fra le quali si snoda il percorso, un
percorso fatto di scelte che il filo di Arianna guida.
Per Alberti, riprendendo il filo dell'impronta, è nel mesomorfismo
incerto del primo impasto che si colloca la natura elementare di ogni
opera compiuta... la cui materia accoglie il fondersi di grandi sogni
elementari, articolati in brevi racconti enigmatici, quasi haiku, facendoci
talvolta anche ironicamente perdere in un bicchier d’acqua. Una porzione
minima però, già intellegibile, di quell'acqua profonda, carica
di mistero, soglia degli abissi oceanici dell'inconscio. Ora navigatori,
ora naufraghi immersi nella vastità delle acque genitrici, è
li che sperimentiamo psichicamente l'ampiezza e la profondità del mistero.
Sono acque di luce ed oscurità come lo spazio che ci sovrasta e ci contiene,
ora rutilante nell'apparente nascere del giorno, ora tetro e
voragine divoratrice di luce e stelle.
Riflessioni e diffrazioni generati dall'acqua e dall'aria sono gli elementi
più osservati ed elaborati da Alberti. La loro oscillazione, le metamorfosi
cromatriche, gli istanti percettivi che nel flusso del divenire ce ne
rivelano la natura fisica e ne permeano l'interpretazione simbolica,
si ritrovano in ogni sua opera, espressi dai colori, rappresentati da
metafore e simboli compositivi: meridiane, pendoli, gnomoni, labirinti,
specchi d'acqua, onde e vortici... in un vero viaggio, anch'esso labirintico,
fra gli elementi.
Un viaggio, chiamato Tempo, la cui misteriosa natura sperimentiamo
ad ogni istante, quasi senza rendercerne conto, e che Alberti ci invita
a penetrare leggendo per immagini il dipanarsi del suo racconto, mentre
la certezza fisica delle opere già si dilegua così come nuvole incerte
nel cielo, trasportate dalla corrente nell'alveo del tempo all’estuario
di questo fiume inesistente dove l’acqua salsa rifluisce mescolandosi
a quella dolce, ai confini del mare della vita.
(Dal catalogo pubblicato in occasione della mostra "MONDI LIQUIDI",
a cura del Comune di Como Assessorato alla Cultura, Como - gennaio 2011)
Terre
liquide
di: Michele
Caldarelli
Toccando
con mano l’innocenza della materia, sperimentandone infinite trasfomazioni,
alla ricerca dell’impasto perfetto né troppo molle né troppo refrattario
a ricevere impronta… così mi immagino Emilio Alberti all’opera, mescolando
terra ed acqua in dosi calibrate, immerso nei propri pensieri, prefigurando
le forme, compiutamente modellate, di quella materia che ora manipola
stemperandone i grumi o addensandone la fluidità eccessiva.
Il
suo è un agire praticato in silenzio, attento all’eco di rêveries trascorse
che nel suo studio si riversano dalle pareti sature di tele, tele ricche
di argenti, trasparenze cilestrine, zampilli e gorghi generati da acque
inquiete. Penetrando il suo immaginario creativo, scrosci e borboglii
paiono ora mescolarsi al suono profondo dei forni che già accolgono
il calore della fiamma... il fuoco, a breve, agirà come terzo elemento
sui primi due (terra e acqua) mentre l’aria, quarto fra questi, in forma
di lievito lunare asseconderà l’indurimento del composto. Nell’operatività
fisica governata dal pensiero meditativo, sta la perizia di Emilio Alberti,
assistita da una manualità in egual misura intrisa di poesia e capacità
operativa. La stessa che gli permetterà, dopo aver modellato le forme,
di pilotare anche la chimica dell’ossidazione nella fase finale della
coloritura e smaltatura delle opere. Una grande vivacità di colori dai
riflessi metallici e suggestive variazioni tonali ne saranno difatti
il risultato.
E’
così che, per Alberti, dal mesomorfismo incerto del primo impasto nasce
ogni opera compiuta, la cui materia accoglie il fondersi di grandi sogni
elementari articolandoli in brevi racconti enigmatici, quasi haiku,
rapidi percorsi labirintici, facendoci talvolta anche ironicamente perdere
in un bicchier d’acqua. Il nostro artista si esprime per immagini simboliche,
mescolando natura e reminiscenze oniriche, coinvolgendo l’osservatore
in dialoghi che si intrecciano secondo percorsi necessari quanto inaspettati,
come in un virtuale cruciverba sostituendovi alle definizioni verticali
e orizzontali l’incrociarsi di realtà e sogno.
La certezza fisica delle opere si dilegua così come nuvole incerte
nel cielo, come rocce fuse nel magma, terre liquide trasportate
dalla corrente all’estuario dove l’acqua salsa rifluisce mescolandosi
a quella dolce del fiume, ai confini del mare dalle profondità insondabili.
(Presentazione della mostra "TERRE
LIQUIDE"
galleria Il Salotto - Como
– novembre 2009)
D'Acqua e Terra
di: Elena Di Raddo
“Il tempo costituisce la
condizione dell’esistenza del nostro “Io”, la nostra atmosfera vitale”
ricorda Andrei Tarkovkij nel suo saggio Scolpire il tempo ed è una nozione
complessa e sfaccettata: esiste infatti un tempo assoluto, che è uno
stato - “la fiamma nella quale vive la salamandra dell’anima umana”
- la cui esistenza è il suo incarnarsi nella pratica quotidiana. E’
quindi la misurazione del tempo, che l’uomo dai tempi più antichi -
pratica attraverso l’osservazione delle stelle e la costruzione di strumenti
scientifici, un aspetto fondamentale nella attestazione della sua esistenza.
E’ a tale aspetto che si riferisce tutto il lavoro di Emilio Alberti,
che nelle sue opere indaga proprio questa misteriosa ed affascinante
dimensione dell’esistenza: quella, appunto, non del tempo contingente,
incarnato nella soggettività e nelle azioni, ma del Tempo assoluto,
nella sua dimensione di “atmosfera vitale”. Il soggetto delle opere
di Alberti sono quegli strumenti inventati dall’uomo per misurare il
tempo, come la meridiana, o per utilizzarlo nella verifica di condizioni
fisiche come il pendolo di Foucault, che con la sua oscillazione misura
il movimento terrestre.
Il conteggio del tempo attraverso la meridiana o il movimento del pendolo,
è appunto un modo per sondarne l’esistenza, per testimoniare visivamente
il susseguirsi delle ore e dei giorni. Le opere delle serie “Istanti”
e “Tracce e segnali” - dipinti-scultura più simili ai bassorilievi che
alle tele - astraggono dalla contingenza questi strumenti di misurazione
facendoli diventare simboli stessi del Tempo. Le forme stesse di obelischi
o piramidi e il modo particolare in cui viene trattato il colore, fanno
pensare a reperti dell’antichità, al passato quindi dell’uomo.
La nozione di Tempo implica, del resto, anche quella di memoria e il
suo trascorrere il passaggio da uno stato all’altro, da una condizione
ad un’altra. In tal senso è come se l’artista nelle sue opere volesse
bloccare il tempo, proiettandolo nel passato, definendone al contempo
il suo implacabile trascorrere, dimostrato dallo stesso strumento di
misurazione. I dipinti bloccano dei “momenti di stasi”- come li definisce
l’artista stesso - che rappresentano i tempi soggettivi, ma che nell’insieme
danno l’idea del Tempo assoluto.
Alcuni dipinti, inoltre, mostrano un altro elemento simbolico, accanto
a quello della meridiana, il labirinto, che idealmente unisce alla dimensione
temporale quella spaziale, dal momento che esso è prima di tutto un
“luogo”, attraverso il quale è possibile penetrare, seguendo un percorso
obbligato. Percorrere uno spazio definito è un’altra forma di misurazione
del tempo. La figura del labirinto, inoltre, ha assunto progressivamente
nelle opere di Alberti un’evoluzione: è diventata un cervello (Istanti
IX) o un’impronta (Identità, Ego) rivelando come tale forma simbolica
sia in realtà impressa nel corpo umano. Il tempo è dunque una dimensione
che incide la sua presenza anche nell’organicità dell’uomo, trasformandolo
nella degenerazione delle cellule, ma al contempo permettendone l’esistere.
In quasi tutti i lavori della serie “Istanti” e “Tracce e segnali”,
dedicati alle meridiane e ai labirinti, appare un elemento verticale
che taglia o trafigge la superficie, definendo emisferi diversi. Tale
elemento è presente anche nella serie dei “Giochi d’acqua”, dove alcune
aste trafiggono la superficie generando cerchi, spirali o increspature.
Questo elemento, che sporge dalla tela, attivizza la superficie e la
rende dinamica: svolge così la stessa funzione dell’obelisco o dello
gnomone della meridiana innestando nell’immobilità dell’assoluto, il
dinamismo degli istanti, la misurazione, quindi, del tempo. In questi
dipinti dai toni azzurri illuminati da bagliori argento la funzione
della luce, che è un aspetto fondamentale della ricerca pittorica di
Alberti, è ancora più esplicita. I colori pastello accarezzano soltanto
la superficie della tela, lavorata con stucchi, giocando con le increspature
e lasciando emergere gli effetti cangianti e luminescenti della luce.
L’immersione nello spazio della pittura risulta qui ancora più avvolgente
e dinamica, estraniante e allo stesso tempo coinvolgente. Il Tempo,
anche qui, si rende assoluto.
(Dal catalogo pubblicato
in occasione della mostra "D'ACQUA E TERRA"
Galleria Il Cubo, San Fedele Intelvi (Como), 2008. Ed. D'Aran.)
Il "Tempo reale"
di Emilio Alberti
di: Giorgio Seveso
Come per un vasto e articolatissimo
mosaico di segnali e di tracce, di indizi e di sintomi Emilio Alberti
usa la pittura e la scultura, il gioco e l'impegno, il riso e la melanconia
per raccontare al mondo, in forma di immagine, le sue meditazioni.
E' un compito difficile e insieme naturale che si è assunto. Difficile
perché scomodo e talvolta ingrato. La sensibilità collettiva di oggi
s'è ormai assuefatta a discorsi semplici, a livelli elementari dell'immaginazione.
Ma è anche un compito naturale, perché in fondo è proprio questo il
ruolo dell'artista in ogni tempo: è proprio questo il suo precario destino
e insieme la sua scelta, in ogni momento rinnovati.
Un ruolo fino in fondo libertario, straordinariamente estraneo a qualunque
regola, a qualsivoglia consuetudine, abitudine o tradizione comunicativa…
Uno spazio di libertà fondamentale, fedele solo alle proprie ragioni,
che a dispeto di ogni diffidenza è riuscito, e ancora riesce, a superare
coraggiosamente gli opportunismi più diversi e i veti incrociati della
Storia.
E, anche, il coraggio di questo quarantenne artista comasco è il coraggio
senza remissione e senza giustificazione che appartiene ai poeti. Un
coraggio obbligato, reso necessario dalla natura stessa della realtà
che ci circonda. Un coraggio che si impone energicamente all'attenzione
e che intriga, che coinvolge fino in fondo il riguardante non frettoloso,
ppoiché come scriveva Paul Eluard, "la verità dei poeti è come
la verità filosofica. Si impone con i fatti, con la vita, con la ragione
senza compromessi: con la ragione ardente!".
Per dire di lui e del suo lavorodi questi anni, può essere di qualche
chiarezza ricordare una citazione di Savinio, il pittore e scrittore
fratello di Giorgio De Chirico, di cui Alberti ha spesso citato pensieri
ed opere in occasione di mostre precedenti. "L'arte - scriveva
- è la soluzione più felice al problema della felicità". E in un
mondo come il nostro davvero l'utopia formidabile che stà dentro a quest'idea
diviene più che mai d'attualità, più che mai "ardente". Le
tessere del suo mosaico, insomma, dentro questo assunto, si compongono
in un progetto riconoscibile, in un disegno palpabile e appassionato.
Ciò che egli viene realizzando nella solitudine del suo studio e dei
suoi pensieri custodisce, più che una metafora, più che immagini stilisticamente
o narrativamente definibili, il segno cospicuo e concreto di una serie
di intuizioni laceranti. E' una suite di memorie e di idee, di oggetti,
di forme e coloriche rispondono alla clamorosa e suggestiva messa in
scena d'un gran spettacolo dell'animo.
Del resto, proprio come faceva Savinio, anche Alberti usa il mezzo della
scrittura in parallelo alla ideazione e alla realizzazione manuale di
queste sue opere. Anzi, direi che scrittura, pittura e scultura sono
per lui parti uguali, o modi diversi ma equivalenti, dello stesso discorso
recitativo: della stessa mise en scène di cui prima dicevo.
Come per una sorta di simultaneità di riflessione e di azione, l'immagine
prende vita al centro d'una confluenza di stimoli e risposte immaginifiche,
di memorie e di invenzioni che si concretizzano nell'intuizione che
dà corpo alla rappresentazione visiva. (…)
(Dal catalogo pubblicato
in occasione della mostra "TEMPO REALE",
a cura del Comune di Como Assessorato alla Cultura, Como,1993. Ed. Nodo.)
Alberti figlio del sole
di: Pierre Restany
Ho sempre pensato che dipingere
fosse progettare, progettare dei viaggi infiniti frammento per frammento
attraverso lo spazio e il tempo del pensiero immaginario.
Ho sempre pensato che il pittore fosse lo scrittore della memoria, della
memoria fisica sensuale-visiva.
Emilio Alberti sarebbe l'illustrazione sintetica di queste intuizioni
mie. E' il giornalista del colore, è il viaggiatore-scrittore della
mente , con la sola differenza che la dimensione di tempo che ci suggerisce
Alberti sembra non avere ne' inizio ne' fine.
Si tratta forse di anni, ma piuttosto di anni luce.
Alberti è l'uomo dell'arcobaleno telegrafico, l'uomo che pensa il colore
nel suo percorso lampo per il ricordo nato nel momento stesso dell'emozione
o della percezione.
Questa pittura è alla ricerca istintiva dello spazio libero, dei buchi
profondi, delle fessure, di tutte le aperture possibili.
La finestra ha avuto una dimensione speciale nel percorso albertiano,
ma sempre come cornice, come pretesto formale al ritmo prepotente e
irresistibile di un soffio spaziale, vento di libertà e vento di poesia.
Il colore per Alberti è il linguaggio del giorno e della notte, della
luna e del sole. Il sole è anzitutto sorgente di luce, ma anche il sole
è il corpo stesso della luce, la sua sostanza e la sua finalità. Non
è a caso che sia il sole come tematica strutturale ad ispirare l'ultima
serie di opere dell'artista.
Il sole come sostanza della luce si frammenta da sé in elementi anatomici:
raggi, ombre sideree, pezzi di stelle o di comete, folgoranti apparizioni.
Il sole si presta dunque ad un'operazione di chirurgia anatomica come
ogni tipo di essere vitale. Tocca al pittore descriverci l'anatomia
del sole e chiarire il mistero della luce attraverso le sue ombre, le
sue angolazioni, e questo è un discorso pittorico fondamentale-elementare.
Emilio Alberti lo ha assunto con la grande semplicità che conviene all'essenzialità
dell'argomento.
(Dal catalogo pubblicato
in occasione della mostra "INCOERENTE ETERNITA'"
Galleria Schubert, Milano e Galleria Il Salotto, Como, 1991. Ed. New
Press.)
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