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Onda su onda, a perdita d’occhio, si sviluppa il periplo della vita e ne sono testimonianza simbolica in letteratura una moltitudine di racconti immaginari di viaggi, in lungo e in largo per mari ed oceani sconosciuti. Ne è altresì metafora concreta la sterminata congerie di scritti sulle esplorazioni navali che, come va sottolineato, più lontano nel passato si spinge il ricordo letterario, più i due generi si confondono e si sovrappongono lungo un unico iter di esperienza intellettuale, una esperienza filosoficamente necessaria, che si riflette e si perde infine nell’enigma dell’origine e destino dell’uomo. Affacciandosi al carattere liquido dell’esistenza, Emilio Alberti ne coglie l’essenza misteriosa e ne restituisce il fascino per immagini. Tele o elaborazioni digitali che siano, tutte le sue opere vivono di luci, colori e sonorità, attuando una sintesi quasi-mimetica fatta di sciabordii di superficie che preludono e introducono ad acque profonde e misteriose o invitano a intraprendere navigazioni incerte quanto affascinanti verso terre incognite. Verso quell’estrema isola di Tile avvistata da Pitea nei mari del nord, dove acqua e fuoco convivono misteriosamente, dove il Maelström , gorgo gigantesco, inghiotte le navi al largo delle Isole Lofoten. O di lì, attraversando il centro della terra come descritto nella relazione di viaggio di Amaulry Gabriel, ritrovarsi in prossimità della Thule di Cook nell’emisfero australe, allʼestremo confine del mondo, là, dove Retif de La Bretonne immaginò anche un popolo di uomini volanti. Alberti ci proietta idealmente alla ricerca delle Isole Felici, seguendo la rotta indicata dalla stella della sera (Espero) verso il giardino delle Esperidi, dal cui melo Ercole doveva cogliere i frutti d'oro, alle pendici del Monte Atlante, là, dove secondo il mito tramonta il sole immergendosi nell’oceano. Quello di Alberti è un lessico acquatico che da molti anni lui formula instancabilmente, insistente come una risacca, immaginifico e talvolta chiassoso come l’accavallarsi delle onde, generatore altrimenti di esperienze meditative nell’accogliere la regolarità di onde circolari, modulazioni visive generate dal lancio di un sasso, quel “Petul” ripescato da una sua poetica reminiscenza di giochi infantili praticati in riva al Lago di Como, infrangendo quasi per magia la superficie silenziosa dell’acqua.

Qui a Genova, ospite del Galata, il più grande museo marittimo del mediterraneo, “Acqua”, la rassegna ormai itinerante, di Emilio Alberti, si trova a proprio agio nella costruzione di vetro e acciaio, opera dell’architetto spagnolo Guillermo Vasquez Consuegra che veste di nuovo il più antico edificio della Darsena, un tempo Arsenale della Repubblica di Genova dove venivano costruite, armate e varate le galee. Storia della navigazione, delle esplorazioni, delle tecniche navali, qui raccontano una straordinaria avventura alla scoperta di sei secoli di vita sul mare a cui ora fanno da controcanto immaginifico le opere di Alberti qui esposte, invitando i visitatori ad esplorare con lui inaspettati mondi fluidi. Le più disparate tecniche e varietà di supporti e materiali, dagli stucchi ai metalli, accompagnano nel lavoro di Alberti la potenzialità del digitale, armonizzando il tutto con abilità e leggerezza, senza pregiudizi quanto senza idealizzazioni tecnologiche dando continuità alla tradizione e contemporaneamente spazio all’innovazione.

Michele Caldarelli - giugno 2024



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