Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

DORIAM BATTAGLIA
parole e forme sono gusci vuoti

 

introduzione alla mostra
parole e forme sono gusci vuoti
di: Doriam Battaglia
Lettera a Doriam Battaglia
di: Michele Caldarelli

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note biografiche
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parole e forme sono gusci vuoti
di: Doriam Battaglia

Solo quando bellezza e verità cercano di coincidere nella medesima opera si può parlare di vera arte.
L’intento della mia opera: mettere in crisi le certezze dell’osservatore sulla “realtà” accrescendone la consapevolezza. Il nostro mondo é generato dalla mente che riceve e trasforma le percezioni sensoriali (gli impulsi elettrici) in immagini e pensieri illusori che ci restituiscono una realtà determinata unicamente dalle influenze culturali apprese a partire dall’infanzia. Da questi input la coscienza genera l’universo, apparentemente esterno a noi, in cui viviamo. In tutto questo processo non vi é nulla di vero in modo assoluto; le mie opere non sono meno “realistiche” o “veritiere” di quelle di Caravaggio; utilizziamo unicamente due modi diversi di interpretare le percezioni sensoriali. Non fermarsi alla superficie degli oggetti, ma vederli per ciò che sono, flussi di energia vibrante (quanti di energia o “stringhe”, secondo le più recenti teorie). Nulla é realmente determinabile, possiamo solo, nel migliore dei casi, stimare la probabilità con la quale un evento si realizzerà. Tutto ciò che percepiamo é unicamente frutto della coscienza, è nella mente, e fuori di essa nulla può esistere. Non possediamo strumenti diversi per indagare il mondo, siamo condannati ad una perenne illusione, non potremo mai conoscere la realtà nella sua interezza, ma solo percepirne una pallida riproduzione, differente per ogni testimone. Tutto ciò che conosciamo non sono altro che immagini e parole generate dalla mente (gusci vuoti), la quale, in base alle decodifiche apprese nei primi anni di vita, modella una realtà illusoria alla quale poi crede e assume come “oggettiva”. Viviamo in un mondo relativo ove c’é un’unica certezza, quella di “essere”, di esistere. Se così non fosse, non potremmo nemmeno porci tali questioni. Le mie opere vorrebbero essere come un paio di occhiali, che pur non permettendoci di vedere il mondo per ciò che é, mettano in crisi le nostre certezze desunte da ingannevoli impressioni. L’essenza della vita prende corpo nell’essenza dell’immagini.
Dipingere é, per me, un azione talmente mentale da essere sempre una forma di sofisticata astrazione.
Nelle mie opere recenti appaiono sempre delle sfocature di fondo che danno il senso della profondità spaziale e temporale (materia ed energia oscura), il disfacimento e consunzione della superficie a ricordo dell’impermanente bellezza di ogni cosa.
Nel mio lavoro non faccio altro che inseguire il segreto stesso della pittura, da anni dipingo sempre il medesimo soggetto con infinite variazioni, sostanza cangiante, inafferrabile e sempre mutevole, il tentativo di dipingere ciò che non può essere dipinto, rappresentare i’irrappresentabile, l’essenza stessa della vita e della coscienza. Le mie opere restano così sospese tra realtà e astrazione, tra il visibile e l’invisibile.
Come ci ricorda Gerhard Richter la pittura é sempre fatta di illusioni, di ombre, di luce immateriale, di immagini ipnagogiche, di visioni interiori. La bellezza esiste solo negli occhi di chi guarda e guardando riflette se stesso.
Voglio chiudere questo breve scritto parafrasando il poeta norvegese Olav H. Hauge nella poesia “La strada”.
Questa é la mia strada/solo io /posso percorrerla /e non /posso tornare indietro.

Doriam Battaglia - Como, 2 novembre 2018


Lettera a Doriam Battaglia
di: Michele Caldarelli
Caro Doriam,
Bellezza è verità, verità è bellezza, - questo solo
Sulla Terra sapete, ed è quanto basta

saremmo tentati di considerare anche solo questo verso di Keats per sottolineare le tue intenzioni in pittura, senonché la tua concreta volontà di indagine epistemologica impone una seconda deriva all'esame dei tuoi dipinti. Tutto ciò che è bello è anche vero... e buono, era convincimento anche di Platone ma, sebbene il bello possegga indiscusse proprietà etiche, non possiamo limitarci all'ideale romantico, nell'individuare quale fonte di ispirazione e di vita stia a monte della tua ricerca della verità. Lasciamoci dunque alle spalle Keats e Platone e tuffiamoci nella modernità, o quasi, e convinciamoci che la reiterazione senza fine del tuo “tema espressivo” di una presunta asserzione estetica del “questo è e tanto basta” non deve trarci in inganno. Dobbiamo spingere la nostra osservazione più in là, oltre lo specchio di Alice, dove il fascino delle argomentazioni quantistiche va a braccetto con l'affabulazione di Carroll, per persuaderci di quanto, e soprattutto nella realtà di tutti i giorni, nulla corrisponda a ciò che sembra. Tutto muta, scorre, ed ad ogni istante è già altro da ciò che era, benché, parafrasando la logica di Zenone, e al di là del “tempo” tutto permanga in ogni istante immobile e identico a se stesso.
Se però l’arte cattura gli istanti di bellezza, rendendoli eterni, allo stesso tempo questi istanti, se vissuti separatamente, rischiano di mostrarsi alla fine privi di vita, restando appunto “gusci vuoti”, e la vera conoscenza permane inattingibile, estranea al nostro sentire.
Per uscire dall'evidente empasse emersa, occorre prestare maggiore attenzione alla struttura “sinaptica” dei tuoi dipinti, immersa e permeata da sfocature sempre più insistenti. Con tale orientamento logico, alla fine troviamo giovamento nell'applicarvi una logica “fuzzy” o logica sfumata attribuendo a ciascuna proposizione, “pittorica” nel tuo caso, un grado di verità diverso da 0 e 1 e compreso tra di loro. Con grado di verità o valore di appartenenza inteso, oltre che veridico o falso come nella logica classica, anche parzialmente pertinente ad una delle due asserzioni useremo una logica polivalente, dunque, che può farci condividere quanto ripeti in infiniti modi, con pervicacia e sincera lucidità. Il tuo alfabeto segnico si potrebbe considerare una metafora o, se vogliamo, un assunto simbolico di ciò che in natura è ogni semenza... non più parte della vegetazione madre e non ancora di quella a venire o meglio, dando maggior senso alla continuità della vita, ancora parte di ciò che l'ha prodotto e già figlio della progenie futura.

Michele Caldarelli - 16 novembre 2018

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