IL
CIELO NELLA CULTURA MEDICA DEL QUATTROCENTO
Il Liber de Homine di Gerolamo Manfredi, accademico,
medico e astrologo alla corte dei Bentivoglio.
di: Chiara Milani.
LA REGISTRAZIONE VIDEO DELL'INTERVENTO - SU YOU TUBEL’analisi storiografica di un manuale di medicina
del sec. XV, il Liber de Homine di Gerolamo Manfredi, edito
per la prima volta a Bologna nel 1474, ha messo in luce in quale misura
i saperi del medico interagivano tra loro e soprattutto quale ruolo
giocavano, nell'analisi minuziosa del corpo umano il concorrere di
discipline antichissime.
Manfredi, accademico, medico e astrologo alla corte
dei Bentivoglio, all’epoca signori di Bologna, ha raccolto e cercato
di spiegare l’efficacia dei saperi che formano tra tradizionale ars
medica: il medico del Quattrocento diagnosticava mediante la riflessione
sulle cause e sugli effetti di tutto ciò che concorre a turbare la
sanità dell'uomo alterandone l'originario equilibrio; prescriveva
terapie desunte dalla tradizione empirica all’interno di un quadro
cosmologico generale derivato della cosmogonia tradizionale.
Il medico dell’epoca si muove infatti all'interno
di un paradigma culturale ancora medioevale: "il suo pensiero,
secondo l'ideale medioevale della totalità, s'estende ancora all'insieme
del cosmo spirituale e fisico “ (Ernst Cassirer).
Un esempio è l’analisi minuziosa del corpo umano
che veniva condotta attraverso la fisiognomica, metodica medica antichissima,
legata alla chiromanzia e sottoposta all'astrologia.
La seconda parte del Liber de Homine è incentrata
quasi completamente sulla fisiognomica, disciplina che richiede abilità
squisitamente individuali, come acutezza di osservazione e capacità
di analizzare e dedurre quadri sintomatologici da un grandissimo numero
di elementi eterogenei, tra i quali i segni che il cielo ha impresso
in ogni uomo e che solo un altro uomo colto poteva comprendere.
Se la medicina era in realtà il medico stesso nel
momento in cui indagava empiricamente il corpo dell'uomo, questo esame
avveniva a latere di una lunga riflessione sul ruolo della ratio all'interno
della disciplina medica, nell’ambito di un orizzonte che conciliava
l’empiria alla medicina razionalista, dove le fratture tra le due
metodiche avvenivano sul piano del metodo e si risolvevano nel rifiuto
o nell'accettazione dell'analogia.
Nel Liber de Homine l'analogia ha un ruolo
preminente in quanto metodo di indagine privilegiato dai medici aristotelici,
da coloro che seguendo Aristotele si definiscono razionali, perché
l'analogia permette di dominare la "selva delle somiglianze"
cioè la realtà fenomenica, collegando microcosmo e macrocosmo e giustificando
così l'astrologia diagnostica.
Ecco allora che il medico-filosofo e astrologo
Manfredi, ha superato, mostrandolo concretamente nel Liber de Homine
le divergenze tra le due posizioni: per lui l'esistenza e la sofferenza
sono connesse a dati di fatto, leggibili in una realtà di cui fanno
parte le manifestazioni più vicine e quelle più lontane, come le
congiunzioni astrali.
La fisiognomica, metodo diagnostico che collega
l'aspetto al carattere, si pone come scienza dell'interpretazione
dei segni, visibili e invisibili, lontani e vicini ed era metodo scientifico
grazie all'analogia. L’astrologia, che alla fisiognomica sovraintende,
collegava poi microcosmo e macrocosmo.
Nel Liber de Homine non vi sono fratture
tra la mente e il corpo, tra cuore ed cervello dell’uomo che era
protagonista della vita activa ma si sentiva legato alla natura e
al mondo con un nesso indissolubile leggendo sé stesso come il garante
dell’equilibrio tra a terra e il cielo.
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