Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

CHIACCHIERE LUNATICHE
RICORDI - RIFLESSIONI - PROGETTI - RACCONTI - DOCUMENTI

 

"RICORDI LARIANI NELL'EPOCA DEL NUCLEARE"

intervista a Sergio Dangelo

di

MICHELE CALDARELLI

In occasione della mostra "ARTE A MILANO 1946-1959 - IL MOVIMENTO NUCLEARE", curata da Martina Corgnati presso la Galleria San Fedele di Milano, che si pone come naturale proseguimento di quella di Sondrio, Sergio Dangelo, cofondatore e vero enfant prodige del gruppo, ci ha concesso un'intervista. Nel ricordare gli eventi che hanno caratterizzato l'avvio dell'avventura "Nucleare" ci ha raccontato anche di quando con il gruppo espose proprio a Como negli anni '50. (intervista pubblicata su il Corriere di Como  il 28 ottobre 1998 n.d.r.)

M.C. Lei era il più giovane del gruppo, se ben ricordo…

S.D. Sì devo ammettere di essere stato il più giovane pittore di quegli anni, forse non solo del Movimento Nucleare. Quando incontrai Baj nel '51, in una cantina di via Strambio, avevo solo quindici anni e mezzo ma mi ero già fatta una cultura viaggiando tra Parigi, Bruxelles, Londra e in Dinamarca, ma soprattutto al confine tra Belgio e Olanda, dove nel villaggio di Zandvliet, caso curioso, una gitana leggendomi gli occhi (e non la mano) mi predisse una vita molto lunga e positiva. Non aspettai certo di essere anziano e positivo e mi detti da fare per operare all'estero ma anche in Italia, con una certa qual preferenza per la provincia, grazie a Baj, che aveva una villa a Gavirate, e alla mia varesità perché mio padre (ingegnere) era nato a Varese e mio nonno era stato uno dei principali artefici della ceramica di Laveno. Come si direbbe oggi, svolgevo il ruolo di P.R. del movimento e organizzai diverse mostre a Saronno, Lecco, Varese, Como e altove verso la zona lacustre della Lombardia mentre incominciammo a essere noti anche a Parigi, grazie a Eduard Jaguer, e a Bruxelles grazie alla mia amicizia con alcuni componenti del Gruppo Cobra e della rivista Phantomas. A Como, grazie all’interessamento del Corriere della Provincia, esponemmo nel 1953 nella galleria di questo stesso giornale dove avevano luogo delle mostre ,curiosamente abbastanza sentite, di personaggi per l’epoca molto interessanti.

M.C. Avete avuto contatti con i personaggi della cultura artistica comasca di allora?

S.D. Certamente, e non soltanto abbiamo avuto dei contatti ma, mentre i realisti socialisti della casa della cultura milanese ci avversavano perché facevamo dei quadri un po’ lontani dal loro credo, gli astrattisti comaschi, poi partecipi a loro volta del Movimento Arte Concreta, ci furono subito compagni di viaggio, ci ospitarono nello loro collettive e ci pubblicarono nei loro bollettini. Ricordo con una certa tenerezza Manlio Rho che ci propose di fare dei disegni per stoffe dato che nel comasco alberga la stessa passione e entusiasmo per l’arte così detta pura quanto per l’arte applicata. Rho presentò Baj e me ad un fabbricante di tessuti, di cui non ricordo il nome, e facemmo uno o due foulard. All'epoca Rho portava un cappello scuro di forma molto spavalda, mi ricordava in questo l’architetto Baldessari. Molti del loro gruppo di amici portavano quello stesso tipo di cappello alla maniera un po' garibaldina, come se avessero sostituito il basco degli anarchici con questo cappello nero da cerimonia ma portato in forma sbarazzina. Importantissimo poi fu per me l’incontro con il più duro, tenace, attento, straordinario creatore di immagini concrete, Mario Radice, che subito stimò il mio fare anche se c’era una distanza chilometrica tra la mia e la sua pittura. A mia volta ho sempre amato il suo modo di dipingere perché non era un astrattista "jolie" ma pieno di energia e non mi accorsi mai che questo uomo fosse così tanto più anziano di me. Mi fu ottima guida e devo a lui la presentazione ad alcuni collezionisti e ad una galleria del luogo che mi accolse con grande generosità e dove in seguito esposi più volte (galleria d'arte Il Salotto - n.d.r.). Non va dimenticato poi, nei ricordi di frequentazione dell'ambiente lariano, il passaggio tutt’altro che raro di Max Huber che arrivava da Milano o Lugano. Lo incontravo a Como assieme ad altri amici con i quali abbiamo bevuto più di un aperitivo in un locale vicino alla Funicolare. Ricordo anche quale persona squisita fu il ragionier Tocchetti, del Corriere della Provincia, che ci invitò, di fronte al Duomo, presso la galleria del giornale dove esponemmo poi almeno in tre occasioni. A Como ho incontrato anche Gianni Monnet, redattore e factotum della rivista del Movimento Arte Concreta, Ponina Ciliberti Tallone e Giovanni Rossi, uno splendido affreschista che addirittura stava per affrescare la villa di Adenhauer nel comasco dopo aver avuto un soggiorno a Vienna. Giovanni Rossi ebbe subito con me un incontro positivo, lui aveva fatto parte inizialmente del gruppo degli astrattisti per poi passarte di nuovo all’affresco di tipo tradizionale.

M.C. A quell’epoca, in cui erano poco conosciuti e poco apprezzati anche i nostri astrattisti, eravate poco considerati a vostra volta?

S.D. Certamente, questo però è una specie di destino ciclico delle teorie artistiche, poi tradotte in opere, che alla fine però vengono accettate e storicizzate. E' stato il caso anche di Fontana e, a proposito, mi viene in mente ancora Tocchetti quando invitò ad esporre per la prima mostra Enrico Baj, Lucio Fontana e Marta Vio. Ebbi l’onore, poiché Tocchetti chiese a me, e i colleghi furono d’accordo, di fare un testo per questa mostra. Lucio presentava i quadri con i buchi, criticatissimi, riguardo ai quali all’epoca uscivano delle vignette umoristiche con ragazzi che sparavano con il fucile e la mamma chiedeva loro: “State giocando alla guerra?” “No prepariamo una mostra d’arte”. Questi tre artisti messi insieme, e per di più presentati da me che ero un surrealista, crearono una certa novità, perché all’epoca si erano abituati alle mostre del novecento, con i pittori che facevano le donne e gli uomini con i piedi gonfi, e tuttalpiù ai i pittori astrattisti che facevano i quadri con gli elementi geometrici…A questa mostra ne seguì una ancora più strana con Leonardo Mariani Travi, architetto e pittore, che entrò in un secondo momento ma con grande rigore nel Gruppo Nucleare, e il pittore Yves Dendal, un pittore squisitamente figurativo rappresentativo ma non nella linea realista socialista, un figurativo di immaginazione.

M.C. Lei che ha vissuto così le avanguardie storiche a Como, cosa suggerisce oggi ai nostri giovani artisti.

S.D. Anzitutto che i giovani non imitino quello che abbiamo fatto noi, sarebbe tempo sprecato, si guardino bene dentro e se non hanno proprio voglia di ribaltare tutto, dato che il mondo è già sufficientemente ribaltato così, almeno non ascoltino troppo i maestri e mettano in discussione anche quello che abbiamo fatto noi.

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