Archivio Attivo Arte Contemporanea
http://www.caldarelli.it

torna | home

Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ARBORES ET HERBĘ

mostra tematica interdisciplinare
12 giugno - 15 luglio 2004

L'uomo Pianta

Che non si voglia in genere più raccontare ai bambini della loro misteriosa nascita sotto una foglia di cavolo, parrebbe un assunto pedagogico ormai diffuso e radicato nella nostra cultura. Eppure vi è qualcosa in questa gentile menzogna che non dovrebbe andare perduto perché non si venga definitivamente sopraffatti dalla nostra abitudine di essere "separati"; la nostra partecipazione al grande respiro di "Maya" è ormai relegata alle profondità dell'inconscio e gode di libertà vigilata unicamente nelle fantasie notturne. Il tema della genitura legata alla presenza del vegetale, o al rapporto diretto (riproduttivo) con esso costituisce oggi solo una narrazione folclorica che ha perduto nel tempo gran parte della originaria pregnanza. Per comprenderne la vera portata e il senso simbolico bisogna compiere ricerche, risalendo nel tempo a quei periodi della storia in cui la critica della conoscenza non impediva la formazione dei simboli: quando questi, in qualità di visioni, venivano vissuti quotidianamente come parte integrande della realtà oggettiva. Una doppia tradizione è legata agli alberi dai frutti zoomorfi: l'ornamentazione e la leggenda, canali paralleli e differenziati, ne costituiscono il supporto. Il tema dell'albero della vita si pone all'inizio di entrambi come immagine del "cosmo vivente" che si rigenera senza interruzione. Esistono varie versioni arabe dell'VIII secolo, come riferisce J. Baltrusaitis, relative ad alberi che producono esseri viventi. Una di queste narra di un meraviglioso vegetale (Wak Wak) posto su una lontana isola: le sue fronde portano come frutti le teste dei figli di Adamo che, al sorgere del sole e al tramonto, cantano inni al creatore. Altrove viene riportato che i frutti sono costituiti da corpi di donna interi mentre, nella relazione cinese di Tu Yu relativa ad un suo soggiorno presso gli Arabi nel 751, sull'albero dalle foglie verdi e i rami rossi sbocciava una folla di bambini; ridevano e si agitavano con i corpi aderenti ai rami ma se venivano colti si seccavano e divenivano neri. L'Oriente è ricco di piante che si confondono con la fauna ed è questo il caso, per portare altri esempi, di alcuni melograni indù che si diceva producessero uccelli multicolori o alberi i cui rami caduti prendevano vita e strisciavano come serpenti. In altri casi è riferita la condizione reciproca, ossia di animali che possono essere piantati come legumi; è noto il racconto tartaro che dichiarava possibile far nascere un agnello seminando in terra l'ombelico di una pecora. Nelle tradizioni tribali primitive troviamo addirittura come una intera popolazione possa discendere da una specie vegetale. E' suggestivo il mito indiano che narra di Sumati, sposa del re Sagara di Ayodhya (contenuto nel Ramayana, poema epico datato attorno al 300 a.C.) la quale partorì una zucca da cui in seguito nacquero 60mila figli. Altre narrazioni relative a discendenze totemiche sono riportate da Mircea Eliade come quella degli Antaivandrika, letteralmente "dell'albero Vandrika" o degli Antaifasi (tribù del Madagascar come la precedente) che dichiarano avere un banano per progenitore; molti altri esempi li troviamo anche nel classico Totemismo di Frazer. Eliade sottolinea la solidarietà intercorrente fra l'uomo e il vegetale espressa da questi miti come "circuito continuo" fra vegetale (fonte di vita inesauribile) e livello umano; gli uomini sono soltanto proiezioni emergenti della stessa matrice vegetale. Dendromorfismo e antropomorfismo parrebbero diacronicamente ben separati dall'atto della genitura ma dal punto di vista simbolico costituiscono, per contro, due aspetti della medesima "natura". "Natura" si badi bene e non "materia" come precisava Gerardus Dorneus nel suo De transmutationibus metallorum (in Theatrum chemicum, 1602) a proposito della "pietra filosofale" contemporaneamente vegetale, animale e minerale. Jung commenta il passo di Dorneus assimilando la natura arcana della pietra a quella della "spongia marina" che sanguina, o alla "mandragora" che urla, quando vengono colte. Questa pietra in qualità di arbor philosophica cresce anche e si sviluppa enigmaticamente (e qui ritorniamo al nodo fitoantropomorfico) dal fallo di Adamo o dal capo di Eva come mostrano due immagini tipo, contenute in un testo del XV secolo, riportate da Jung in Psicologia e alchimia. L'universale e il particolare si sovrappongono nella "natura" alchemica, estesa come quella platonica e comprendente in sé anche gli animalia psichici: mitologemi e archetipi. Per Jung l'albero filosofico deve essere concepito come "anthropos" o "Sé". L'albero come uomo è uno dei capitoli finali del suo Der philosophische Baum e per quanto riguarda l'albero di vita del Paradiso egli ricorda come una antica idea rabbinica sostenga che questo sia un uomo. L'albero del mondo come altrimenti lo definisce René Guénon ha un doppio aspetto eretto e rovesciato, quando lo si osservi dall'alto piuttosto che dal basso ossia dal lato del principio piuttosto che della manifestazione. Lo individua anche, convenendo con Jung, nell'albero parlante che compare rovesciato nel XXII canto del Purgatorio dantesco, di poco sotto il piano del Paradiso terrestre e rammenta la visione di Platone (Timeo) dell'uomo come pianta celeste capovolta. L'albero capovolto affonda le proprie radici nel cielo traendone origine e si sviluppa stendendo i rami sulla terra intera come narrano anche le Upanishad indiane o la dottrina esoterica ebraica contenuta nello Zohar. Guénon traccia pure un interessante parallelo di omologia morfologico-simbolica, avviandoci a nuovi livelli di lettura del tema, fra il monogramma costantiniano e quello salomonico formato da due triangoli equilateri opposti (in esso i due ternari sono esplicitamente l'uno l'immagine rovesciata dell'altro e si compenetrano intrecciandosi), l'albero schematico che è costituito (reversibilmente ai due estremi) da tre rami e tre radici e il Vajra buddista (arma, fulmine, potenza ed entità propizia allo sviluppo della vita vegetale. Ma la omologia morfologica segue anche un'altra strada nella storia dell'uomo-pianta. La similitudine e il connettersi di elementi vegetali umani è caratterizzata da intenti di analogia esemplificativa nel campo della medicina come scrive l'Alciati (Emblemata cum commentariis, 1661) o Julien Offroy de Lamettrie, irriducibile materialista, nel suo L'uomo macchina del 1748. Che dire poi degli alberi genealogici o di Giuseppe Arcimboldi con le sue allegoriche stagioni...?
Ma forse questa è ormai tutt'altra storia come la vicenda della nascita sotto il cavolo.

Michele Caldarelli
Testo introduttivo della mostra
L'uomo Pianta
tenutasi presso la galleria Il Salotto nel 1987


torna | home

Il Copyright © relativo ai testi e alle immagini appartiene ai relativi autori
per informazioni scrivete a miccal@caldarelli.it